Mari e spiagge italiane devastati della plastica
Presentata alla nona edizione di Slow Fish la nuova ricerca del Ministero per l'Ambiente sulla salute di coste e bacini marittimi
I dati parlano chiaro. I nostri mari e le nostre spiagge soffrono a causa di un nemico ben preciso: la plastica. A differenza di quanto si potrebbe pensare, tuttavia, ad essere chiamate in causa non sono soltanto le pratiche scorrette delle popolazioni che vivono lungo le coste, bensì, soprattutto, di quelle che abitano l’entroterra. Le cattive abitudini di queste ultime, infatti, sono all’origine dell’inquinamento che devasta i nostri corsi d’acqua. E non parliamo soltanto dei fiumi più grandi, bensì anche di quelli più piccoli.
Ad affermarlo è la recente ricerca promossa dal Ministero per l’Ambiente, presentata nel corso della nona edizione di Slow Fish. L’inaugurazione della rassegna, avvenuta nei giorni scorsi a Genova all’interno della suggestiva cornice del Porto Antico, ha visto in prima fila il sottosegretario all’Ambiente Salvatore Micillo insieme al governatore Giovanni Toti, al sindaco Marco Bucci e al presidente di Slow Food Carlo Petrini. Una manifestazione che ha mostrato di riscuotere grande interesse, quella ligure. Tra momenti di riflessione sullo stato dei nostri mari e degustazioni a base di pesce, gli chef hanno invitato tutti i partecipanti a preparare per le loro tavole pesci diversi dai soliti branzini. Intanto, i ricercatori, insieme a pescatori provenienti da tutto il mondo, esponevano i risultati dei loro studi e dibattevano sullo stato del mare. «Si tratta di un vero e proprio punto zero nello studio sullo stato di salute dei nostri mari» – afferma la referente per l’ Ambiente marino del Ministero Irene Di Girolamo – «I dati riguardano il periodo 2015-2017 e, al termine del secondo ciclo di analisi, nel 2021, potremo fare un confronto e capire se le prime misure in atto hanno dato frutti e se la strada è quella giusta».
La ricerca ha preso in esame 64 spiagge, 289 stazioni di profondità, la superficie marina e 150 esemplari di tartarughe spiaggiate (un bilancio drammatico, quello relativo a quest’ultime: ben il 68% aveva ingerito plastica). La media degli oggetti per chilometro quadrato, tra 10 e 800 metri di profondità, passa da 66 a 99: la plastica la fa da padrona con un 77%: il tutto sotto forma di buste, involucri per alimenti e attrezzi da pesca.
«Diversamente da quanto atteso, l’80% dei rifiuti censiti sulle spiagge arriva dai fiumi. Un dato che dovrebbe farci riflettere sul fatto che la cura dei mari comincia dai nostri comportamenti a terra», sottolinea il biologo Silvio Greco a capo del comitato scientifico di Slow Fish. «Se ci sono 179.023 particelle di microplastiche disperse in media ogni chilometro quadrato, come hanno rilevato gli studi Ispra e di 15 Arpa costiere italiane, la colpa è in primo luogo dei fiumi». Prosegue quindi: «Emerge un quadro significativo: con una media di 777 rifiuti ogni 100 metri di costa la plastica è il materiale più abbondante con una percentuale dell’80%. Il tempo delle chiacchiere è finito, non possiamo più produrre 430 milioni di tonnellate di plastica all’anno».