Plastica in mare, come rintracciarla sfruttando la ricerca scientifica
La maggior parte della plastica si trova al di sotto della superficie dell'acqua
L’inquinamento da plastica è un vero problema per i mari e per gli oceani di tutto il Mondo. I nostri rifiuti finiscono troppo spesso in mare e, trascinati dalle correnti, si accumulano in grandi “isole” nel cuore degli oceani: ce ne sono 2 nell’Atlantico, 2 nel Pacifico e una nell’Oceano Indiano. La plastica non mette a rischio solo l’ambiente marino, ma è una seria minaccia alla salute degli oceani e alla sicurezza alimentare.
Secondo l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), finiscono in mare più di 8 milioni di tonnellate di plastica ogni anno. La plastica è a tutti gli effetti l’elemento più presente tra i rifiuti solidi trovati nei nostri mari (tra il 60 e l’80%), sia in superficie che nei fondali. La maggior parte della plastica si trova al di sotto della superficie dell’acqua: solo l’1% infatti galleggia, il resto precipita sul fondale o fluttua sotto la superficie. Ma la plastica è un problema anche per le terre emerse: ne è stata trovata nei posti più remoti della Terra, anche in Antartide.
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L’unico modo per migliorare la situazione è da una parte ridurre il più possibile l’uso di plastica,specie monouso, e dall’altra rimuovere fisicamente quella finita negli oceani. Per aiutare in quest’ultimo processo le simulazioni dei modelli di Copernicus sulle correnti e dinamiche marine sono utili per “rintracciare” i pezzi di plastica dal loro luogo di origine fino a quello attuale.
Attraverso questi modelli è possibile capire non solo la provenienza della plastica ma anche da quanto tempo è nell’ambiente. Localizzare le “vie della plastica” è fondamentale per permettere alle grandi organizzazioni che si occupano della rimozione dei rifiuti da mari e oceani di individuare con maggiore precisione le zone più inquinate.
Il Centro Euro-Mediterraneo sul Cambiamento Climatico ha, ad esempio, utilizzato il “tracciamento” dei pezzi di plastica per avere una visione chiara sul viaggio della plastica nel Mar Mediterraneo. I risultati di questo studio hanno permesso di capire, non solo quali sono le zone più inquinate del Mare nostrum, ma anche che la plastica scaricata in mare dalle navi può resistere mediamente fino ad 80 giorni in superficie, mentre quella che arriva dai fiumi solo 7.
Secondo Copernicus è possibile utilizzare anche le immagini dei satelliti, sebbene sia difficile rintracciare pezzi di plastica piccoli, senza contare che la maggior parte non galleggia in superficie. Le isole di plastica create dalle correnti, però, sono più “facili” da localizzare dai satelliti con risoluzione maggiore: ad esempio il satellite Sentinel-2.
Se, però, la plastica può sfuggire all’occhio del satellite, uno studio ha provato ad individuare la plastica nel mare attraverso l’incrocio tra i dati SAR (Synthetic Aperture Radar), la velocità del vento in superficie e l’effetto chiamato circolazione di Langmuir con buoni risultati.