Moda e impatto ambientale, la “cultura del riciclo” decolla dopo il lockdown
Secondo un'analisi realizzata da Certilogo, la pandemia ha dato una spinta fondamentale al trend degli abiti di seconda moda. Anche giovani e Instagram generation incidono in maniera importante
Il mondo della moda contribuisce in maniera sostanziale all’inquinamento ambientale. Per ridurne l’impatto non bisogna necessariamente rinunciare al consumo ma provare a indirizzare i consumatori verso una slow-fashion. Quest’ultima va in controtendenza alla fast-fashion, vale a dire una moda veloce, fatta di abiti realizzati a basso costo e destinati all’usa e getta. Dopo il lockdown questa transizione sembra possibile.
Incremento di riciclo e second-hand: la spinta fondamentale viene dalla pandemia
Secondo l’indagine realizzata da Certilogo, la moda del riciclo e degli abiti di seconda mano sta prendendo sempre più piede. E la spinta fondamentale arriva dalla pandemia. I dati della ricerca stimano infatti che durante il lockdown la tendenza al riciclo degli abiti sia cresciuta più rapidamente del previsto.
A darne la prova è il numero di autenticazioni su merce scambiata e acquistata sui marketplace nel periodo gennaio-aprile 2020: incremento del 41% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con uno share dei prodotti comprati su marketplace che sale dal 28% al 33%. È cresciuta anche l’offerta di merce di seconda mano, risalente a collezioni precedenti. L’anno scorso, nello stesso periodo, il 58% delle autenticazioni aveva coinvolto prodotti immessi sul mercato almeno due anni prima: nei primi quattro mesi di quest’anno la percentuale è salita al 69%.
Un trend, quello del riutilizzo di abiti, che era già stato confermato dagli analisti di GlobalData nell’Annual Resale report pubblicato a fine 2019: le stime, per il 2021, parlano di un valore complessivo di mercato, solo per gli Stati Uniti, di 37 miliardi di dollari. Sempre secondo lo studio, a guidare questa tendenza sono i consumatori dai 18 ai 37 anni.
La spinta dei giovani e della Instagram generation
Con l’aumento dell’offerta anche il prezzo è diventato più conveniente, ma paradossalmente non è solo questo il motivo che spinge il consumatore a darsi al riciclo e alla merce di seconda mano. Una spinta importante viene infatti dai giovani, che trovano particolarmente piacevole personalizzare il proprio guardaroba, ma anche dalla Instagram generation. Per quest’ultima utilizzare abiti di seconda mano rappresenta una comoda via per distinguersi e, soprattutto, ridurre l’impatto ambientale adottando comportamenti etici e sostenibili.
I marchi si adattano alla nuova cultura: verso una nuova relazione con il cliente
Secondo Certilogo, i più noti brand di moda non hanno nulla di cui temere: basta adattarsi alla nuova cultura. E non a caso – sottolinea Certilogo -, 9 su 10 fashion retail executive americani intervistati da GlobalData hanno dichiarato di voler avviare iniziative di rivendita entro il 2020, mentre il 20% dei direttori marketing intervistati da Certilogo in Usa ed Europa si dice molto interessato ad analizzare i profili dei consumatori che hanno deciso di comprare merce di seconda mano.
Leggi anche: