Gran parte dei ghiacciai alpini, come quello di Presena, sono a rischio: le variazioni climatiche stanno, infatti, portando alla loro scomparsa. Per questo motivo, dal 2008 a questa parte, d’estate il ghiacciaio Presena viene coperto con un teli geotessili per prevenirne una fusione eccessiva nei mesi più caldi dell’anno.
Il ghiacciaio Presena, parte del gruppo dell’Adamello Presanella, a circa 2.700-3.000 metri di quota sul confine tra Lombardia e Trentino, ha perso un terzo del suo volume dal 1993. Nel 2008 i teli coprivano un’area del ghiacciaio di 30 mila metri quadrati, oggi ne coprono 100 mila.
Il telo contribuisce ad aumentare i valori medi di albedo (ossia il potere riflettente di una superficie) del ghiacciaio (da 0.43 a 0.64), permettendo al ghiaccio di assorbire meno radiazione solare. I teli bianchi, infatti, riflettono i raggi del sole e mantengono più bassa la temperatura del ghiacciaio, permettendo di dimezzare la fusione del ghiaccio durante il trimestre più caldo.
Ghiacciai alpini, la situazione è preoccupante
Secondo l’ultimo bollettino sullo stato di saluto dei ghiacciai italiani del 2018, realizzato dal Comitato Glaciologico Italiano, sotto gli auspici dell’Associazione Italiana di Geografia Fisica e Geomorfologia e del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), la situazione resta preoccupante su tutto l’arco alpino.
In Piemonte «il trend spiccatamente negativo dei ghiacciai si conferma […], nonostante un inverno ricco di precipitazioni in molte aree, vanificate dagli intensi calori estivi». Dei ghiacciai monitorati in Piemonte, l’87% dei ghiacciai è in ritiro, il 13% è stazionario.
In Lombardia non va meglio: il 95% è in ritiro e il restate 5 % è stazionario. «Prosegue quindi incessante e molto evidente la contrazione dei ghiacciai lombardi». «Si protrae anche la scarsissima alimentazione dei due ghiacciai più estesi delle Alpi italiane, il Ghiacciaio dell’Adamello e il Ghiacciaio dei Forni nel Gruppo Ortles – Cevedale».
Anche in Triveneto il 96% dei ghiacciai è in ritiro. Secondo il bollettino nel 2018 si è confermata la «condizione di
estrema sofferenza» degli apparati glaciali. La causa è da ricercare nelle anomalie pluviometriche e dalle temperature, decisamente elevate, con l’arrivo in estate di ondate di calore anche in alta quota.
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