Le emissioni di metano hanno raggiunto un picco record
Continueranno ad aumentare le emissioni di metano legate all'agricoltura, alla gestione dei rifiuti e all'uso dei combustibili fossili
Le emissioni globali di metano hanno raggiunto il picco: il record è stato raggiunto nel 2017, l’anno più recente di cui abbiamo dati completi a disposizione. Lo rivela l’analisi effettuata da uno studio pubblicato su IOPScience e dal rapporto “The Global Methane Budget” pubblicato su Earth System Science Data per il periodo 2000-2017, curato da 91 scienziati e 69 centri di ricerca di tutto il mondo.
Il metano è uno dei gas serra più potenti, capace di intrappolare il calore proveniente dal sole e riscaldare la Terra 86 volte di più rispetto ad una pari quantità di anidride carbonica nell’arco di 20 anni. Il metano si accumula in atmosfera soprattutto a causa delle attività umane che emettono molto più metano di quanto la natura riesca a distruggerne.
Quello che preoccupa di più è che le emissioni di metano stanno diventando una minaccia sempre più grande e lo saranno anche quando e se il mondo trovasse il modo di mettere un freno alle emissioni di anidride carbonica. Se le emissioni continuassero a crescere come hanno fatto negli ultimi anni, la chance di ridurre il riscaldamento globale sotto la soglia degli 1.5 gradi sarebbe davvero bassa.
Le concentrazioni di metano nell’ultimo decennio hanno seguito un trend crescente in linea con il peggiore scenario climatico ipotizzato dalla IPCC (RCP8.5) che prevede un aumento della temperatura globale di 4.3 gradi entro il 2100. Solo nel 2018 e 2019 le concentrazioni di metano sono aumentate molto, rispettivamente di 8.5 e 10.7 parti per miliardo: si tratta di due dei quattro tassi di crescita annuali più elevati dal 2000. Nel 2019 l’anidride carbonica ha raggiunto un picco di 43 miliardi di tonnellate, mentre a fine anno il metano (CH4) ha raggiunto le 1875 parti per miliardo, un valore di 2 volte e mezzo più alto dei livelli preindustriali.
Le fonti possono essere naturali o legate alle attività umane, ma sembra che la colpa di questo aumento sia soprattutto legata all’agricoltura, alla gestione dei rifiuti e all’uso dei combustibili fossili. In particolare l’agricoltura è responsabile di due terzi delle emissioni antropiche di metano (specie per via degli allevamenti di bestiame e della coltivazione del riso), mentre i combustibili fossili sono responsabili di gran parte del terzo mancante.
Le emissioni sono aumentate velocemente soprattutto in Africa, nel Medio Oriente, in Cina, nel sud dell’Asia, e in Oceania, compresa l’Australia. Ma anche negli Stati Uniti sono aumentate le concentrazioni di metano emesse in atmosfera, la maggior parte delle quali (80%) deriva dal settore dei combustibili fossili. L’unico continente in cui le emissioni sembrano rallentare è l’Europa.
Per frenare le emissioni di metano antropiche è necessario fermare le perdite dalle infrastrutture del gas naturale e del petrolio, dalle tubature e dai pozzi petroliferi. Ma servirebbe anche una revisione complessiva dell’agricoltura e quindi del nostro stile di vita. Se, infatti, durante la pandemia e il lockdown abbiamo potuto osservare un calo temporaneo delle emissioni di anidride carbonica, c’è il dubbio che le emissioni di metano non siano calate così tanto perché la produzione di cibo non si è mai fermata.
Tra le fonti naturali di metano, responsabili di circa il 40% delle emissioni globali, ci sono i laghi, fiumi e paludi, fonti geologiche, termiti, oceani e il permafrost. Sì perché non bisogna dimenticare un altro fattore: il rilascio di metano in atmosfera dalla fusione del permafrost nelle regioni artiche. Qui le temperature medie sono aumentate 2 volte più velocemente rispetto al quelle del resto del Mondo negli ultimi due decenni. E’ un fattore ancora difficile da quantificare all’interno del bilancio globale, ma è sicuramente da tenere in considerazione nelle proiezioni future proprio perché questa zona della Terra si sta scaldando molto più in fretta delle altre.
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