Il vento in Italia tra gli anni ‘80 e ‘90
Il terzo “capitolo” nel nostro excursus nel clima dell’ultimo ventennio del secolo scorso tratta il vento e le sue caratteristiche predominanti. A cura di Simone Abelli e Giovanni Dipierro
Nella descrizione del clima di qualsiasi località non può mancare l’analisi di come si comporta il vento, di come l’aria si muove in prossimità del suolo concorrendo all’evoluzione di tutta la fenomenologia (andamento termico, sviluppo delle nubi, nascita delle precipitazioni) e influenzando in modo determinante molti aspetti della vita quotidiana.
Ad esempio il vento è il fattore che più influenza il livello locale degli inquinanti atmosferici favorendone la dispersione sia orizzontale che verso l’alto attraverso i meccanismi della turbolenza. In presenza di vento gli inquinanti non si accumulano in prossimità delle fonti ma si diluiscono in aree più vaste diminuendo la propria concentrazione.
Il vento poi, insieme alla temperatura e all’umidità dell’aria, contribuisce al nostro grado di benessere migliorandolo o peggiorandolo a seconda dei casi. Infatti quanto più il vento è intenso tanto maggiore è la perdita di calore e di vapore acqueo dal nostro corpo verso l’ambiente. In presenza di vento quindi da un lato riusciamo a sopportare meglio il caldo e l’afa delle alte temperature, dall’altro avvertiamo una maggiore sensazione di freddo in caso di temperature rigide. In termini di sensazione infatti si avverte una differenza dell’ordine di 2 gradi in meno per venti intorno ai 10 chilometri all’ora, anche di 4 gradi in meno per venti a 30 chilometri all’ora.
Facciamo quindi una breve carrellata su alcuni tra gli aspetti più importanti che hanno caratterizzato i venti del ventennio in esame.
La mappe che seguono mostrano in sequenza il numero medio di giorni con “calma di vento”, giorni in cui l’intensità non ha superato 1 nodo, e il numero medio di giorni in cui nelle varie stagioni meteorologiche dell’anno si è superata la soglia dei 10 metri al secondo (corrispondenti a 36 chilometri all’ora), soglia che separa una ventilazione debole o moderata da una ventilazione che comincia ad essere rilevante.
Numero medio dei giorni con vento superiore ai 10 metri al secondo in primavera
Da questa mappe si deduce come le aree più ventose siano gran parte di quelle costiere, le regioni meridionali e le due Isole maggiori, mentre la Pianura Padana e le zone interne del Centro siano più spesso contrassegnate da venti più deboli o addirittura da una calma di vento. Questa differenza di ventosità in genere risulta più marcata nei mesi più freddi dell’anno mentre nel semestre caldo si registra una maggiore uniformità.
A queste differenze concorrono vari fattori:
- la presenza delle catene montuose: l’arco alpino e l’Appennino settentrionale circondano gran parte della Val Padana con il risultato di renderla riparata dai venti
- la vicinanza del mare: oltre a garantire una assenza di ostacoli dal mare aperto verso la terraferma, nel semestre estivo viene favorito l’innesco delle brezze con il risultato che lungo le coste non vi siano periodi dell’anno con particolari persistenze di calma di vento
- la distribuzione media della pressione atmosferica al livello del mare nelle varie stagioni dell’anno: le aree più “continentali” come le regioni settentrionali sono più spesso sede delle alte pressioni rispetto a quelle mediterranee, specie durante le stagioni più fredde. Ciò favorisce in inverno al Nord una ventilazione più scarsa e una maggiore frequenza delle calme di vento
Diamo ora uno sguardo attraverso la mappa che segue al vento più intenso (in metri al secondo) registrato nell’intero ventennio per alcune tra le principali città d’Italia.
Come si può vedere le differenze di ventosità rimarcate sopra non si riflettono in altrettante differenze quando si vanno ad analizzare i “record” di vento in termini di intensità. I casi estremi al Nord infatti sono del tutto comparabili a quelli del resto d’Italia e si concentrano proprio nei mesi invernali, ossia quelli spesso contrassegnati da calma di vento.
Si noti come in coincidenza di questi record la direzione di provenienza del vento è dai quadranti settentrionali: si tratta infatti di episodi tutti corrispondenti a irruzioni dalle latitudini più settentrionali di aria fredda che, dotata di sufficiente energia, riesce a scavalcare o aggirare l’arco alpino dando luogo a Bora sulle Venezie, Tramontana o Föhn sul resto del Nord. Le stesse circolazioni poi si riflettono in episodi di forte Maestrale sulla Sardegna.
Sul medio e alto Tirreno invece predominano gli eventi estremi collegati alle “libecciate” che solitamente precedono l’arrivo di un fronte freddo atlantico, mentre su Puglia e versante ionico il legame è con il Libeccio o lo Scirocco che si generano al passaggio delle depressioni nord africane.
Fonti: Abelli S., Dipierro G., Giuliacci M. Il clima dell’Italia nell’ultimo ventennio Milano ed. Alpha Test 2001
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