Stratwarming Major gennaio 2021: come proseguirà l’inverno?
Un approfondimento su uno degli argomenti più complessi, ma anche tra i più affascinanti della meteorologia e della fisica dell’atmosfera: lo stratwarming
Prima di addentrarci in uno tra gli argomenti più complessi, ma anche tra i più affascinanti della meteorologia e della fisica dell’atmosfera, è doveroso fare un’importante precisazione: l’eccezionale nevicata che ha investito la Spagna e la città di Madrid la scorsa settimana non ha nulla a che vedere con gli avvenimenti di questi giorni in stratosfera e di cui parleremo meglio a breve. Le eventuali ripercussioni di ciò che accade a circa 25-30 Km di altezza fino alla bassa troposfera si verificano con un ritardo temporale di circa 10-15 giorni quindi, nel caso specifico, intorno al 15-20 gennaio (se consideriamo che il picco massimo di riscaldamento in stratosfera è stato raggiunto il 5 gennaio).
Un’altra interessante considerazione: quanto sta succedendo in questa prima parte dell’inverno a livello atmosferico e di circolazione generale dell’atmosfera nell’emisfero settentrionale è esattamente l’opposto di quanto vissuto lo scorso inverno, quando la stagione fu dichiarata ufficialmente “assente” su tutto il continente europeo e sull’Italia, a causa di un vortice polare molto intenso e persistente nel periodo compreso tra fine novembre e fine febbraio.
Quest’anno abbiamo un vortice polare molto più debole, a causa proprio di questo fenomeno in atto, chiamato Stratwarming.
Come avrete certamente capito, a segnare le sorti dell’inverno su scala emisferica, quindi anche in Europa e in Italia, ogni anno, è il comportamento del vortice polare: una grande circolazione di bassa pressione in quota, una vera e propria trottola con moto circolare in senso antiorario, colma di aria molto fredda al suo interno, che staziona in modo semi-permanente sopra la verticale del Polo Nord, tra la parte alta della troposfera e la media stratosfera, ad una quota media compresa tra i 10 e 30 Km circa. Una struttura che tende ad approfondirsi durante l’inverno in corrispondenza di un maggior raffreddamento di tutta la colonna atmosferica interessata, a partire dalle zone artiche circostanti, per effetto della minima radiazione solare in ingresso nell’atmosfera terrestre a quelle latitudini, che porta l’aria a muoversi molto velocemente lungo tutta la circonferenza della Terra da ovest verso est (venti zonali o westerlies). Più forte è il vortice polare, più intensamente corrono i venti occidentali al suo interno.
Ecco lo stato del vortice polare lo scorso 20 dicembre:
In corrispondenza dell’area viola sulla mappa, la temperatura registra valori intorno ai -70 gradi a 10 hPa, ovvero a circa 30 km di altezza sopra la verticale del Polo Nord.
La figura che segue mostra l’andamento medio annuale della temperatura alla stessa quota, tra 60 e 90 °di latitudine: si noti il forte raffreddamento nel periodo compreso tra novembre e inizio gennaio quando il termometro scende fino a -70 °C (200 K).
Il 5 di gennaio, pochi giorni fa dunque, alla medesima quota e sempre sopra la verticale del Polo Nord, la temperatura sale fino a circa – 20 °C: un riscaldamento di + 50 °C in soli 15 giorni!
Un evento simile prende il nome di Stratwarming.
Che cos’è allora lo Stratwarming?
Si tratta di un riscaldamento anomalo e sensibile della stratosfera terrestre, lo strato di atmosfera sopra i 12-15 km. Non si verificano tutti gli anni e solo alcuni sono significativi perché possono determinare variazioni meteo-climatiche anche rilevanti. Di solito si tratta di un riscaldamento improvviso, per questo si parla anche di Sudden Stratospheric Warming (SSW): ovvero un riscaldamento rapido dell’atmosfera (fino a 50 °C nel giro di alcuni giorni), tra 10 e 50 Km sopra la superficie terrestre, che pertanto noi abitanti del pianeta Terra non avvertiamo, ma di cui possiamo iniziare a vederne gli eventuali effetti dopo un paio di settimane.
La conseguenza immediata di questo marcato riscaldamento è un indebolimento del vortice polare: in altre parole, la trottola comincia a rallentare. I venti occidentali diminuiscono notevolmente la loro intensità di flusso fino ad arrivare a zero (0 m/s). Il vortice polare collassa, mentre l’aria fredda al suo interno inizia a scendere di quota, raffreddando gli strati atmosferici sottostanti.
A seconda della sua intensità lo stratwarming può essere Major o Minor.
Quelli di tipo Major sono i più intensi e sono quelli che possono causare importanti variazioni delle condizioni meteorologiche a scala emisferica. Oltre al forte riscaldamento della stratosfera, questo tipo di riscaldamento si associa ad un inversione di circolazione dei venti in quota (a 10 hPa) alle latitudini polari, a causa di una inversione del gradiente di temperatura, con moto est-ovest (non più ovest-est). In questo caso si può determinare una suddivisione del vortice polare in due lobi (detto anche split del vortice polare) oppure si può verificare un “coricamento” del vortice stesso. In pratica il vortice polare viene “spodestato” dalla sua naturale sede (displacement). Le aree dell’emisfero settentrionale coinvolte dai gelidi lobi del vortice polare sono interessate da rilevanti e ripetute ondate di freddo e neve.
Quelli di tipo Minor portano ad un riscaldamento di circa 30 °C in poco meno di una settimana. Possono essere anche corposi, ma in genere non riescono ad invertire la circolazione dei venti in quota. Possono causare però un’inversione del gradiente di temperatura.
Perché si verifica lo Stratwarming?
Si tratta della domanda più difficile a cui dare una risposta esaustiva: ad oggi la causa non è nota del tutto, anche se è più probabile che il fenomeno sia la conseguenza di un trasporto di calore e di quantità di moto dalla troposfera verso l’alto, attraverso la dissipazione e conseguente rottura delle onde planetarie. Queste onde nascono in seguito ad un maggiore “serpeggiamento” (ondulazione) del jet stream che viaggia in seno al vortice polare, utilizzato dall’atmosfera per appianare gli squilibri termici tra Equatore e Poli, attraverso un trasporto di calore dalle basse verso le alte latitudini. Ad aiutare il getto ad oscillare ci pensa in parte la rugosità della superficie terrestre (montagne, oceani, colline), ma anche la presenza di anomale strutture di alta pressione (come nel caso dell’intenso anticiclone termico che da settimane ormai staziona tra la Siberia e l’Asia centro-orientale), che bloccano il flusso, deviandolo e imprimendone ulteriori oscillazioni. Una volta divenute sufficientemente ampie, queste oscillazioni si rompono (esattamente come fanno le onde che si infrangono sulla spiaggia), liberando calore ed energia che tendono a propagarsi rapidamente verso i piani alti della troposfera e più su fino alla stratosfera, comprimendola e quindi riscaldandola, fino a destabilizzare il vortice polare. In genere sono le onde stazionarie risonanti a produrre questi riscaldamenti.
Non per niente gli stratwarming sono spesso la conseguenza di quello che accade in troposfera: potremmo dire che tutto ha inizio dalla superficie terrestre.
A questo punto bisogna vedere se ciò che avviene in media stratosfera (30 km), a seguito di un input partito dalla troposfera, si propaga nuovamente verso il basso, fino alla media troposfera (5 Km), attraverso il fenomeno chiamato TST event (troposfera-stratosfera-troposfera).
Se questo accade, l’inversione dei venti zonali in stratosfera si manifesterebbe anche in troposfera: ciò comporterebbe l’afflusso di correnti gelide dalla Russia o addirittura dalla Siberia verso il vecchio continente, con conseguenze molto rilevanti in termini di freddo e neve.
Quali le conseguenze di uno Stratwarming sulla stagione invernale?
Un vortice polare “collassato” aumenta sempre di molto le possibilità di irruzioni gelide verso l’Europa e gli stati Uniti continentali, con conseguenze nevose spesso inevitabili. Ma ciò dipende anche dal tipo di schema circolatorio che si viene a creare a scala sinottica.
In alcuni casi gli effetti possono essere ridotti o parzialmente “deviati” e non sentire un grande cambiamento nelle condizioni meteorologiche preesistenti.
L’esempio grafico che segue mostra l’anomalia di temperatura media 0-30 giorni dopo un importante evento di riscaldamento stratosferico. Possiamo vedere i principali effetti di raffreddamento in tutta l’Eurasia e negli Stati Uniti orientali. Si tratta di un quadro medio, combinato tra tutti i principali eventi di riscaldamento conosciuti negli ultimi 40 anni. Quindi i risultati effettivi possono variare da un evento all’altro.
Osservando, invece, le anomalie delle nevicate, si nota una tendenza ad un aumento delle precipitazioni nevose negli Stati Uniti orientali e in Europa.
Dunque, gli eventi di Stratwarming del passato ci insegnano molto in questo senso: un SSW eccezionalmente intenso e rimasto nella memoria di tanti è quello avvenuto nello storico gennaio del 1985, ma ce ne sono stati anche altri che in realtà non hanno avuto conseguenze rilevanti sul tempo dell’Europa e ancor meno dell’Italia.
Quali le prospettive dell’inverno 2020-2021 in Europa e in Italia?
Tornando alla cronaca meteorologica attuale, i primi segnali degli effetti dello Stratwarming sulla circolazione delle medie latitudini vengono ora captati da parte dei modelli numerici nelle loro previsioni dopo metà mese. Il riscaldamento della stratosfera polare è stato ufficializzato il giorno 5 gennaio quando i venti in alta stratosfera (10 hPa) hanno invertito il loro senso di marcia, spirando da est verso ovest.
Si tratta di un stratwarming major anche se lo split al momento è presente solo alle alte quote (1 hPa e 5 hPa). Tuttavia sembra esserci una certa interferenza della stratosfera sulla troposfera e le previsioni dei centri di calcolo sembrano indirizzati in questa sorta di “comunicazione” dopo il 15 gennaio, con un allungamento del lobo siberiano del vortice polare verso occidente (quindi in parte verso l’Europa) e il consolidamento dell’anticiclone sulla Groenlandia. Questo comporterebbe una maggiore intensità e durata dell’espansione del freddo continentale verso l’Europa e in parte anche verso il Mediterraneo. Rimangono tuttavia diverse incertezze circa la possibilità di un evento di stratwarming ibrido, a metà strada tra uno split (divisione) ed un displacement (coricamento) del vortice polare: per tale motivo questa evoluzione necessita ancora di conferme, così come le sue conseguenze sul tempo e sul clima a lungo termine, con diverse strade ancora aperte.
In sintesi, ci sono discrete probabilità che, salvo brevi pause, l’attuale fase di dinamicità meteorologica sull’Italia, caratterizzata da anomalie termiche negative (temperature inferiori alla norma) ed episodi perturbati (con il rischio di altre eventi nevosi fino a quote basse) possa proseguire per tutta la seconda parte di gennaio.
A tal proposito, ecco l’anomalia termica prevista dal modello ECMWF per il periodo 11-18 gennaio e per il periodo 18-25 gennaio.
Più in generale possiamo dire che gli stratwarming che si propagano negli effetti dalla stratosfera alla troposfera (come i major di tipo split) sono capaci di prolungare le anomalie termiche e pluviometriche a livello emisferico indotte inizialmente dalla sola circolazione troposferica.
In pratica, gli anticicloni continuano a rimanere alti di latitudine per più tempo, mentre alle medie e basse latitudini resta attiva una circolazione di basse pressioni alimentata da aria fredda. Secondo la statistica, la stratosfera in questi casi può condizionare la troposfera mediamente per 40 giorni, quindi anche per tutto il mese di febbraio.
Presto scopriremo cosa ha deciso per noi la natura.