Il Dasgupta Review: l’economia deve ripartire dal capitale naturale
Il rapporto commissionato nel 2019 dal ministero del Tesoro britannico mette al centro la natura che non può più venire ignorata dai sistemi finanziari globali
Nel rapporto “The Economics of Biodiversity: The Dasgupta Review”, commissionato nel 2019 dal ministero del Tesoro britannico a Sir Partha Dasgupt, professore emerito di economia all’università di Cambridge e membro del St John’s College di Frank Ramsey, il punto centrale è la definizione di “natura” in economia, vista come un “punto cieco” che “non può più essere ignorato dai sistemi contabili che dettano le finanze nazionali e dai responsabili delle decisioni che vi stanno dietro”.
Questo rapporto di oltre seicento pagine sarà uno dei documenti preparatori fondamentali della Convention on Biological Diversity (CBD) che si terrà in Cina a fine anno e dovrebbe essere uno dei punti cardine nell’ideazione del piano ambientate del governo britannico da qui ai prossimi 25 anni.
La Dasgupta Review afferma una verità che deve essere affrontata anche dal punto di vista delle economie globali: l’umanità ha gestito male il suo “portafoglio globale di risorse”, e le richieste fatte alla natura superano la sua capacità di fornire i beni e servizi su cui tutti facciamo affidamento”.
Alla base di decenni di prosperità per l’umanità c’è un costo sempre più elevato per il mondo naturale. Nel rapporto, pubblicato sul sito del World Economic Forum, viene sottolineata la necessità di un nuovo impegno nei confronti della natura e l’urgente necessità di agire.
Il binomio crescita economica-sfruttamento delle risorse naturali deve, insomma, trovare una nuova strada per evitare effetti catastrofici sul Pianeta.
La crisi finanziaria globale del 2008 ha provocato una recessione che è stata, fino ad oggi, la più grave dalla Grande Depressione degli anni ’30. Una nuova crisi economica sta per arrivare a causa della pandemia e dobbiamo essere pronti ad affrontarla in modo diverso rispetto alla precedente. Dalle ceneri della crisi mondiale del 2008, dove milioni di persone hanno perso il lavoro, la casa e i mezzi di sussistenza, è nato un nuovo approccio per la finanza globale, con un maggior controllo da parte delle banche e di altre istituzioni finanziarie.
Sono state istituite entità internazionali, come il Financial Stability Board (FSB), istituito dal G20 per monitorare e formulare raccomandazioni sul sistema finanziario globale ed evitare il ripetersi di un crollo economico globale a cascata.
Le risposte del mondo finanziario alla crisi economica del 2008 dovrebbero costituire un avvertimento per l’attuale situazione del nostro mondo naturale. Per decenni non siamo riusciti a gestire il nostro portafoglio globale di attività in modo sostenibile poiché abbiamo impoverito in modo significativo il nostro capitale naturale. Le stime mostrano che dall’inizio degli anni ’90 il capitale prodotto pro-capite è raddoppiato e il capitale umano pro-capite è aumentato di circa il 13% a livello globale, mentre lo stock di capitale naturale pro-capite è diminuito di quasi il 40%.
Nell’economia deve entrare come metro di giudizio ed elemento costitutivo anche la natura. Quando si tratta di giudicare la salute economica delle nazioni, il prodotto interno lordo non è più adatto allo scopo. Il PIL è infatti basato su un’applicazione errata dell’economia che non include il deprezzamento dei beni, come il degrado della biosfera.
Sir Partha Dasgupt ha spiegato che “il mio obiettivo principale è la ricostruzione dell’economia per includere la natura come ingrediente. per ottenere una crescita e uno sviluppo economici veramente sostenibili bisogna riconoscere che la nostra prosperità a lungo termine si basa sul riequilibrio della nostra domanda di beni e servizi della natura con la sua capacità di fornirli.
Economia sostenibile significa utilizzare una misura diversa del PIL e tenere pienamente conto dell’impatto delle nostre interazioni con la natura a tutti i livelli della società.
Come ha rilevato il rapporto Nature Risk Rising, più della metà del PIL mondiale dipende fortemente dalla natura. Ci stiamo avvicinando a punti di svolta irreversibili e pagheremo tutti un prezzo elevato se non agiamo ora. La pandemia dovuta al COVID-19 ha messo a fuoco il nostro rapporto disfunzionale con la natura e ha dimostrato in modo devastante che ignoriamo la natura – e la sua biodiversità associata – a nostro rischio e pericolo.