Aziende e sostenibilità: portare un’impresa ad emissioni zero
Per limitare il riscaldamento globale a 1.5°C, dobbiamo raggiungere emissioni nette zero entro il 2050. Come ottenere questo risultato? Ne parliamo con il Dott. Paolo Viganò, esperto in decarbonizzazione delle attività aziendali
Obiettivo dell’Accordo di Parigi è mantenere l’aumento medio della temperatura globale ben al di sotto di 2°C rispetto al livello pre-industriale, puntando a limitarlo a 1.5°C. Quest’ultimo proposito comporta la riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 90% entro il 2050 e la costante rimozione dall’atmosfera (neutralizzazione) delle rimanenti, ovvero quelle che non è tecnicamente o economicamente possibile abbattere (ad esempio alcune emissioni associate all’agricoltura). Ciò significa raggiungere emissioni nette zero entro metà secolo, e un simile risultato non può essere ottenuto senza coinvolgere il mondo delle imprese.
Oggi le istituzioni pubbliche e private (fra cui imprese, città, investitori, etc.) che hanno introdotto l’obiettivo di raggiungere emissioni nette zero entro il 2050 rappresentano almeno il 68% dell’economia mondiale, il 56% della popolazione e il 61% delle emissioni climalteranti. Ma per realizzare questi propositi è necessario avere a disposizione una folta schiera di esperti che possano guidare tali entità verso la progressiva riduzione del proprio impatto climatico.
Abbiamo dunque contattato un esperto in materia, il Dott. Paolo Viganò, che ben dieci anni fa fondò Rete Clima, un ente non-profit che si occupa proprio di consulenza aziendale nell’ambito dell’abbattimento e della neutralizzazione delle emissioni climalteranti.
“Abbiamo sviluppato il nostro percorso “emissioni CO2 zero”: una filiera tecnica dentro cui calcoliamo e gestiamo l’impronta di carbonio di prodotti, servizi, organizzazioni, eventi, etc. insieme alle aziende stesse. In questo percorso allochiamo le emissioni di gas serra lungo i vari step dei cicli produttivi o organizzativi, per provvedere poi a ridurle e a neutralizzare le emissioni “inevitabili” attraverso progetti di carbon offset, quali in primo luogo la forestazione. Supportiamo inoltre le aziende in progetti di CSR (Corporate Social Responsibility), ad esempio comunicazione, rendicontazione e bilanci di sostenibilità; lavoriamo nel campo dell’economia circolare e degli appalti verdi.”
Una professione nuova
Questo tipo di professionalità ha acquisito sempre più risalto negli ultimi anni proprio grazie al crescere della consapevolezza verso il tema dei cambiamenti climatici. Questa consapevolezza si è diffusa non solo nella società civile, ma anche fra le aziende: le imprese sono ormai sempre più coscienti dell’enorme impatto che il cambiamento climatico ha su di esse. Tale impatto si caratterizza come deterioramento delle risorse naturali (si pensi al settore alimentare), eventi meteorologici estremi, cambiamenti dei quadri normativi, possibile riduzione della disponibilità dei finanziamenti o perdita di posizionamento competitivo a fronte di un mercato sempre più attento alla sostenibilità dei prodotti.
La consapevolezza dell’inevitabilità di tali ripercussioni ha fatto sì che le imprese iniziassero a stabilire ed eseguire piani di progressiva riduzione delle proprie emissioni, contribuendo così a ridurre la gravità dei cambiamenti climatici (e dei loro impatti) ed acquisendo contemporaneamente un vantaggio competitivo e di immagine. La mitigazione del proprio impatto climatico, insieme all’altrettanto fondamentale adattamento, sono divenuti aspetti centrali nell’ambito della gestione del rischio e della gestione strategica stessa dell’impresa.
“In pochi anni la sostenibilità è diventata una vera e propria necessità per le aziende, specie se di medio-grandi dimensioni: una necessità operativa, tecnica, comunicativa, reputazionale, di posizionamento aziendale sul mercato, di ingaggio degli stakeholder aziendali e di loro coinvolgimento nella vita dell’azienda.”
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Il Dott. Viganò ha iniziato a mettere in pratica nel mondo dell’impresa la propria competenza tecnica nel campo delle emissioni di carbonio già quando questi temi non erano certo così diffusi o ben compresi; quando ancora il cambiamento climatico era solo una questione secondaria nella gestione del business, tuttalpiù relegata all’aspetto etico. Vediamo come è arrivato ad essere un esperto del tema.
Come intraprendere questa professione
Paolo Viganò ha completato il percorso di laurea in Scienze Ambientali ed ha poi proseguito la sua carriera accademica come ricercatore nel campo della valutazione e della gestione dei rischi naturali, in particolare quelli idrogeologici (frane). Ha poi conseguito un dottorato in Agraria. Durante il PhD ha specializzato la propria attività di ricerca sull’assorbimento di anidride carbonica da parte delle foreste, dal punto di vista della simulazione dei processi fotosintetici e dal punto di vista economico (il mercato dei crediti di carbonio).
A seguito dell’esperienza di dottorato ha fondato Rete Clima, che da allora gli permette di ottenere risultati concreti nel campo della decarbonizzazione delle aziende. Riguardo alla differenza fra l’esperienza accademica e quella nel privato infatti Viganò afferma:
“Sono contesti molto diversi: oggi, lavorando nel settore privato in una logica di consulente, mi sento più capace di dare concretezza e “buon esito” alle mie idee.”
Ecco che l’esperienza e le capacità tecniche necessarie per la valutazione del Carbon Footprint aziendale (letteralmente “impronta di carbonio”) sono nate durante il percorso di studi e lavorativo in ambito accademico, a partire dall’iniziale scelta della facoltà di Scienze Ambientali.
“Credo che tutto il mio curriculum studiorum sia stato utile per costruire quello che sono oggi, ciascuno step per la propria parte.”
L’esperienza maturata ha poi trovato naturale sbocco anche nella valutazione del rischio industriale:
“Sostenibilità e rischio industriale sono legati indissolubilmente: lavorare per la sostenibilità in azienda significa avviare percorsi di consapevolezza circa le produzioni e circa le filiere di approvvigionamento delle materie prime e di distribuzione dei prodotti, comprendendo quindi quali possono essere i rischi “di filiera” che possono interessare l’azienda. Occuparsi di sostenibilità in azienda significa quindi – di fatto – lavorare per prevenire i rischi produttivi.”
La profonda connessione fra gestione dell’ambiente e dell’azienda emerge quindi naturalmente dalla conoscenza delle tematiche di adattamento (gestione del rischio) e di mitigazione.
Per questo, a chi voglia abbracciare una professione simile alla sua, il Dott. Viganò consiglia di intraprendere un percorso scientifico, in specie relazionato alla gestione dell’ambiente, quali Scienze Ambientali e Ingegneria Ambientale. Tuttavia, si tratta di un ambito comunque interdisciplinare che necessita pertanto di formazione continua: come appare ben chiaro da quanto mostrato finora, questa professionalità unisce competenze tecniche, economiche e gestionali.
È proprio l’unione tra il fondamentale impatto sul clima e le competenze richieste che fornisce al Dott. Viganò maggiore soddisfazione, contribuendo a creare “un’ottima qualità della vita”:
“Ciò che più apprezzo del mio lavoro è il grande livello tecnico; la capacità di generare un cambiamento positivo nella consapevolezza e nella cultura delle persone e, successivamente, nella gestione delle tematiche ambientali nelle aziende; la variabilità dei progetti a cui lavoro; la consapevolezza di stare facendo la cosa giusta.”
Nel quotidiano
“Variabilità dei progetti” perché la professione del consulente è di natura applicata ai contesti e ai settori più diversi, dalla decarbonizzazione delle attività di un’azienda del tessile, a quelle di una banca o di una utility.
La professione del consulente è fatta infatti di dialogo e collaborazione col cliente: dalle visite al cliente stesso ai momenti di formazione “in house” (percorsi disegnati specificatamente per i dipendenti delle aziende clienti). Formazione e collaborazione si accompagnano alle analisi (eseguite con software specifici) delle emissioni e delle possibilità di abbattimento o neutralizzazione, e alle attività di forestazione sul territorio italiano.
Il lavoro quotidiano – almeno prima del Covid – si svolgeva maggiormente presso le sedi delle aziende: oggi queste attività “in house” sono quasi totalmente annullate, mentre continuano quelle di forestazione in quanto svolte in outdoor.
La forestazione è infatti una delle attività principali di Rete Clima. Come ricordato nell’introduzione, le emissioni aziendali devono essere ridotte a zero entro la metà del secolo. Alcune, però, quelle che non è possibile ridurre, dovranno invece essere neutralizzate: l’anidride carbonica emessa dovrà cioè essere riassorbita dall’atmosfera e la crescita di vegetazione è un modo sostenibile e relativamente semplice per farlo. La forestazione è anche utile per poter compensare le proprie emissioni ancor prima che vengano definitivamente abbattute.
Insomma, siamo solo all’inizio dello sforzo per decarbonizzare la nostra società e avremo sempre più necessità di professionisti, come il Dott. Viganò, in grado di motivare e supportare le imprese in questo percorso fondamentale.
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