Piccoli mammiferi stressati dalla deforestazione. Lo studio pubblicato su Nature
I ricercatori hanno collegato il declino della popolazione nella fauna selvatica della foresta atlantica con lo stress cronico che porterebbe a condizioni comportamentali e fisiologiche deleterie
Secondo uno studio pubblicato su Nature i piccoli mammiferi che abitano la foresta atlantica vivono in una condizione di stress fisiologico perenne determinata dalla deforestazione del loro habitat. La foresta atlantica si estende per 1.234.000 km² lungo la costa atlantica del Brasile, dallo stato di Rio Grande do Norte sino al Rio Grande do Sul, spingendosi verso l’interno sino al Paraguay e alla Provincia di Misiones dell’Argentina. Ospita il 7% di tutte le specie animali e vegetali del nostro Pianeta, molte delle quali endemiche; ad esempio, il 90% di tutti gli anfibi e il 50% di tutte le specie vegetali presenti non si trovano in nessun’altra parte del mondo. Purtroppo buona parte è stata abbattuta per lasciare il posto a pascoli, piantagioni per la produzione del legno e superfici agricole, adibite soprattutto alla coltivazione di soia. Dell’espansione originaria della foresta atlantica, quasi 30 volte la Svizzera, rimane oggi poco meno del 17%. La perdita e la frammentazione degli habitat sono le principali minacce alla biodiversità, possono influire sul clima e sul microclima, sulla distribuzione delle specie, sull’ecologia e sul comportamento degli animali.
I ricercatori hanno collegato il declino della popolazione nella fauna selvatica con lo stress cronico che porterebbe a condizioni comportamentali e fisiologiche potenzialmente deleterie. Il team del Rhodes College, guidato da Sarah Boyle, valutando le condizioni di salute di 106 esemplari di piccoli mammiferi, soprattutto roditori e marsupiali, sono andati alla ricerca di una particolare categoria di ormoni, i glucocorticoidi (il più noto dei quali è il cortisolo) che vengono prodotti in condizioni di stress fisico o emotivo. La concentrazione di questi ormoni è stata ricercata nella loro pelliccia e non nel sangue, dove si degrada molto rapidamente e la cui presenza potrebbe essere dovuta al fatto che l’animale è stato appena catturato; nel pelo si accumula nel corso del tempo e può rimanere anche per mesi. La produzione di glucocorticoidi è un meccanismo di difesa; segnala all’animale che c’è qualcosa che non va e lo spinge a risolvere e normalizzare la situazione.
Quando il corpo non ha tempo per assorbire gli ormoni, continua ad accumularli provocando problemi di salute nell’animale; queste condizioni si verificano più spesso quando l’animale appunto vive in un habitat di dimensioni ridotte. Più un habitat è degradato quindi maggiori sono le occasioni di stress: la pelliccia dei piccoli mammiferi che vivono nelle macchie di foresta più piccole o antropizzate contiene più glucocorticoidi di quella degli esemplari che vivono in zone più vaste e selvagge. Lo studio porta alla luce anche come lo stress possa avere conseguenze anche su gli esseri umani: gli animali stressati sono più suscettibili a virus e altre patologie e vivendo in aree che li portano spesso a stretto contatto con l’uomo, le ripercussioni possono diventare gravi anche per noi.