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Perché le emissioni continuano a crescere? Sovvertire l’ossessione per crescita e consumo non solo a parole

Il modello economico dominante, Business As Usual, sta assicurando un aumento “as usual” delle emissioni climalteranti e la distruzione “as usual” dell’ecosistema. Riflessione sulle vecchie ricette economiche, per provare ad essere cittadini prima che consumatori

In questo nostro recente articolo “CO2, il monito della scienza: stiamo raggiungendo un «traguardo tragico»”, abbiamo appena commentato la notizia che la concentrazione di biossido di carbonio continua a crescere indisturbata. Se osserviamo la curva che la rappresenta, relativa all’osservatorio di alta montagna di Mauna Loa, sita nelle isole Hawaii, non notiamo alcun rallentamento associabile alla pandemia; anzi, la pendenza della linea rossa è costante e negli ultimi anni sembra pure diventata più ripida. Questo grafico dovrebbe occupare le prime pagine dei giornali per settimane e tutti noi ne dovremmo continuamente discutere; ogni sera nei talk show e durante i Tg dovrebbe essere invitato un esperto che la commenta, con domande pressanti dei giornalisti ai politici e agli esperti, così come avviene adesso con virologi e immunologi.

Un’emergenza, e quella climatica lo è, andrebbe trattata per quello che è: come un’emergenza.

L’emergenza climatica non è diversa da quella pandemica: è solo più subdola, ha un decorso più lento, non ci sono (almeno non ancora) ospedali pieni di pazienti climatici. Eppure ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che se quella curva continua a salire il mondo così come lo conosciamo è destinato a scomparire, per trasformarsi a breve in un luogo molto diverso, più caldo e più ostile.

L’aumento della CO2 nell’atmosfera dalla rivoluzione industriale ai giorni nostri. Crediti: Met Office

 

Perché non riusciamo ad abbattere le emissioni di gas serra? E’ un fatto  che dovrebbe sorprenderci, oltre naturalmente, preoccuparci? Si tratta veramente di una notizia?

Facciamo un piccolo passo di lato. Sfogliando i quotidiani si viene colpiti di tanto in tanto da notizie “minori”, riportate in genere a fondo pagina, come quella di un maxi centro logistico (gira il nome di una nota azienda che vende di tutto online) che dovrebbe sorgere nella campagna pavese, uno scempio ambientale che seppellirà 25 ettari di suolo fertile sotto capannoni alti fino a 19 m, senza contare il traffico e le nuove strade che serviranno per farlo funzionare (non dimentichiamo, fra l’altro, che la produzione di cemento e acciaio, i materiali usati nelle costruzioni, è da sola responsabile di ben il 19% delle emissioni globali di gas serra!). O notizie come un’altra notizia, sempre di questi giorni, dedicata ai capannoni per la logistica che, nel Bolognese, prenderanno il posto di ben 73 ettari tra risaie e suolo coltivabile. Paradossalmente, è più facile che in prima pagina finisca la notizia della deforestazione dell’Amazzonia, qualcosa di lontano su cui apparentemente possiamo fare poco, mentre per lo più ci disinteressiamo degli scempi ambientali nostrani, della sistematica distruzione quotidiana delle piccole e sempre più frammentate amazzonie che ci circondano.

Dobbiamo purtroppo constatare che anche in questi ultimi anni non è cambiato nulla. Il futuro, parafrasando la nota attivista svedese Greta, è sempre in vendita, o meglio,  in svendita: le multinazionali continuano a comprarselo rubandocelo, con la complicità degli amministratori, con la benedizione dei economisti Guru della Crescita, ma anche con la complicità di tutti noi, che pretendiamo di soddisfare ogni capriccio a poco prezzo, con il solito click.

Esiste un collegamento – come nel gioco della settimana enigmistica, se unite i puntini vedrete cosa apparirà – tra i mostruosi centri logistici che minacciano le campagne padane, le emissioni di gas serra che continuano a crescere e quello che accade nel mondo globalizzato dove un immenso paese come la Cina continua ad aumentare le sue già smisurate emissioni, perfino in piena pandemia (vedi per esempio QUI). Questo collegamento è la nostra ossessione per la Crescita, il nostro apparentemente insaziabile bisogno di consumare, acquistando beni nuovi in sostituzioni di quelli vecchi ad un ritmo sempre più frenetico (si pensi alla tecnologia). Queste merci sono prodotte in Cina, o, sempre più spesso, in nazioni in via di sviluppo che imitano il modello cinese, con un massiccio ricorso all’energia ottenuta dal carbone, un ricorso che non sparirà né domani né dopodomani. In Cina e non solo, infatti, si continuano a costruire nuove centrali a carbone, destinate a funzionare per almeno 40 anni, perché le rinnovabili e l’efficienza energetica da sole non bastano a soddisfare i crescenti bisogni energetici di platee di consumatori sempre più ingordi.

Immagine Pixabay

 

In conclusione, nessuno dovrebbe essere sorpreso dall’andamento della curva mostrata nella prima figura. A dispetto della crescita delle energie rinnovabili, dopo decine di conferenze mondiali sul clima, dopo migliaia di dichiarazioni e di impegni solenni le emissioni continuano a crescere e continueranno a farlo, se il modello di sviluppo resterà lo stesso. La crescita del PIL è ancora oggi vista come un fatto positivo, ma si tratta di una metrica gravemente fuorviante, e lo sappiamo da decenni, che non calcola i costi ambientali. Oggi finalmente, ma se ne parla da  anni – sarà la volta buona? –  si vorrebbe introdurre un sistema di calcolo della ricchezza che tenga conto dell’ambiente. Meglio tardi che mai, verrebbe da dire, ma sarà difficile in poco tempo sovvertire il sistema ideologico che ha pervaso tutto il mondo produttivo e le nostre società; ci avete fatto caso? prima ancora che cittadini, persone o elettori noi siamo dei consumatori! Concetti come frugalità e sobrietà sono ancora visti con grande sospetto e fastidio, chi prova a parlarne viene quasi inevitabilmente accusato di essere un pauperista, se qualcuno prova a insinuare un dubbio sulle meravigliose sorti progressive di una nuova mirabolante tecnologia sarà additato come un luddista. Ci resta una certezza: continuando a comportarci come abbiamo sempre fatto le emissioni continueranno a crescere ancora per molto tempo (anziché azzerarsi entro il 2050, come risulta indispensabile). Non esiste una tecnologia miracolosa che le farà sparire. Il modello economico dominante, il BAU (Business As Usual) assicura un aumento “as usual” delle emissioni climalteranti e la distruzione “as usual” dell’ecosistema. Vi sembra una conclusione sorprendente?

 

Per approfondire:

Grandi opere e ambiente: una convivenza possibile?

Il consumo di suolo, una calamità innaturale

Sovrappopolazione, risorse e clima: siamo troppi? O siamo in troppi a consumare troppo?

 

Lorenzo Danieli

Sono nato a Como nel 1971 e ancora oggi risiedo nei pressi del capoluogo lariano. Dopo la maturità scientifica ho studiato fisica all’Università degli Studi di Milano, dove mi sono laureato con una tesi di fisica dell’atmosfera. La passione per la meteorologia è nata quando ero un ragazzino e si è trasformata successivamente nella mia professione. Con il tempo sono andati crescendo in me l’interesse per la natura e per tutte le tematiche legate all’ambiente, fra le quali le cause e le conseguenze del cambiamento climatico.

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