Biodiversità, i negoziati vanno a rilento: annunciata una sessione extra prima della COP15
I negoziati di Ginevra avrebbero dovuto tracciare la rotta per la COP15 sulla Biodiversità, ma servirà più tempo del previsto
Si è chiusa a Ginevra la due settimane di negoziati sulla Biodiversità organizzata dalle Nazioni Unite.
I governi di quasi 200 Paesi si sono incontrati in Svizzera per lavorare alle basi di un accordo globale che punta alla “tutela della biodiversità post 2020” e alla salvaguardia della salute del pianeta entro il 2050.
In particolare, i negoziati di Ginevra avrebbero dovuto tracciare la rotta per una conferenza più importante, la COP15, che – prevista in Cina per la fine di aprile – avrebbe finalmente dovuto portare alla firma del primo accordo globale sulla Biodiversità.
I lavori, però, sono andati a rilento, e la strada è stata più impervia del previsto. Tanto che si è deciso di spostare la COP15 nel prossimo autunno e di programmare un’altra sessione negoziale intermedia, che si svolgerà a Nairobi, in Kenya, dal 21 al 26 giugno.
?BREAKING: @UNBiodiversity has announced dates for a fourth meeting of the Open-ended Working Group on the #Post2020 Global #Biodiversity Framework
To take place from 21-26 June in Nairobi, Kenya ??, the meeting will advance work ahead of the second part of #COP15. #ForNature pic.twitter.com/OIzceyc6R3
— UN Biodiversity (@UNBiodiversity) March 29, 2022
La Convenzione sulla biodiversità ha sottolineato che nelle ultime settimane sono stati compiuti «importanti progressi», e che gli obiettivi generali della bozza emersa dai tavoli di Ginevra confermano la volontà di proteggere gli elementi della biodiversità a tutti i livelli, la sostenibilità, il benessere umano legato alla biodiversità e la condivisione equa dei benefici che ne derivano.
Tuttavia, c’è grande preoccupazione per questo dilungarsi di tempi che si erano già protratti ben oltre il previsto a causa della pandemia. La COP15 sulla Biodiversità avrebbe infatti dovuto svolgersi in Cina già nel 2020, ed è stata poi rimandata per l’emergenza sanitaria.
Greenpeace accusa la politica di perdere tempo: «il pre-incontro di Ginevra si è concluso senza risolvere alcuna questione chiave», afferma l’associazione in un comunicato. Ancora aperte le discussioni più importanti relative alla finanza e a tutti gli obiettivi chiave, «compresa la protezione di almeno il 30 per cento della terra e del mare entro il 2030 e i diritti dei Popoli Indigeni e delle comunità locali».
«Finora questo processo è stato mal progettato e deludente», afferma Li Shuo, Senior Policy Advisor di Greenpeace East Asia. Prima dei negoziati in Cina, avverte, «abbiamo bisogno di un lavoro serio per avanzare su questioni come l’attuazione e la finanza».
Secondo An Lambrechts, senior biodiversity campaign strategist di Greenpeace International, «in vista della COP15 abbiamo un disperato bisogno di ambizione e di un solido quadro di attuazione: il tempo per le distrazioni è scaduto».
Anche il WWF ha espresso preoccupazione per gli scarsi progressi che si sono registrati in Svizzera.
«I negoziati a Ginevra non sono riusciti a compiere progressi in diversi settori chiave – afferma in una nota l’associazione -, come la finanza e l’equa condivisione delle risorse genetiche». «Il WWF evidenzia la mancanza di sostegno politico e leadership come un fattore chiave nelle difficoltà incontrate per superare gli ostacoli. I governi devono dare priorità ai prossimi negoziati o si rischia un fallimento alla COP15».
«Allo stesso tempo, un crescente consenso sul fatto che l’obiettivo generale del piano debba essere quello di invertire la perdita di biodiversità entro il 2030 rappresenta un passo avanti importante».
Come sta la biodiversità?
Per farla breve: molto male.
Di recente gli scienziati hanno confermato che è in corso la sesta estinzione di massa: si stima che le specie animali e vegetali stiano scomparendo a un tasso mille volte superiore a quello naturale.
«Stiamo distruggendo la biodiversità a un ritmo senza precedenti», aveva avvertito il WWF in un report pubblicato nello scorso novembre. Dalla rivoluzione industriale le attività umane hanno distrutto e degradato sempre più foreste, praterie, zone umide e altri importanti ecosistemi, minacciando anche il benessere umano.
Il 75% della superficie terrestre non coperta da ghiaccio è già stata significativamente alterata, la maggior parte degli oceani è inquinata e più dell’85% della superficie delle zone umide è andata perduta.
La conversione di praterie, savane, foreste e zone umide, il sovrasfruttamento delle specie, il cambiamento climatico e l’introduzione di specie aliene sono i fattori chiave.
Un circolo vizioso che abbiamo bisogno di fermare il prima possibile: «La perdita di una specie causa un effetto “domino” – spiega il WWF -, che favorisce l’estinzione di altre che da essa dipendono. E la crisi di biodiversità che stiamo provocando non ha ripercussioni solo sugli ecosistemi: l’umanità stessa si affida alla biodiversità per la salute e il benessere».
Leggi anche:
Fauna selvatica e flora, servono conoscenza e consapevolezza per conservare la biodiversità Siccità, milioni di persone alla fame nel Corno d’Africa: crescono anche violenze e abusi |