Un clima umido e freddo può favorire i terremoti: lo studio di OGS sugli eventi sismici avvenuti in Italia
Emergono nuove evidenze statistiche sulla sincronia tra fasi di clima umido e terremoti
La connessione tra terremoti e condizioni meteo-climatiche potrebbe essere più forte di quanto si sospettasse. Un recente studio dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) e pubblicato su Frontiers of Earth Science, ha analizzato le tempistiche dei terremoti più forti avvenuti lungo gli Appennini e le Alpi orientali in relazione alle variazioni dell’umidità del suolo fornendo così nuove evidenze statistiche sulla sincronia tra fasi di clima umido e terremoti.
I ricercatori hanno trovato un nesso tra l’accumulo di acqua nel sottosuolo e gli eventi sismici avvenuti in Italia. Lo studio ha preso in considerazione i terremoti di magnitudo superiore o uguale a Mw 5.8 avvenuti in Italia dal 1901, inclusi i tragici terremoti che hanno colpito la Marsica nel 1915, il Friuli nel 1976, l’Irpinia nel 1980 e l’Aquila nel 2009.
Gli eventi sismici sono causati da movimenti della crosta terrestre e dal conseguente accumulo di sforzo che ne causa la fratturazione. Periodi climatici maggiormente piovosi della durata di qualche anno secondo lo studio determinerebbero un accumulo di acqua nel sottosuolo e l’aumento della pressione in prossimità delle faglie, favorendo la generazione di eventi sismici.
“Il fenomeno è noto da decenni in relazione a singoli terremoti o piccole sequenze sismiche innescate dalla creazione di bacini o da eventi alluvionali – spiega Pier Luigi Bragato, primo tecnologo del Centro di Ricerche Sismologiche dell’OGS e autore dello studio -. Recenti lavori dell’OGS, come questo appena pubblicato, evidenziano persistenza e sistematicità del fenomeno in ampie aree a elevato rischio sismico. In particolare in Italia, lungo gli Appennini e le Prealpi veneto-friulane, l’effetto sarebbe amplificato dalla natura carsica del territorio. Terremoti disastrosi come quelli della Marsica del 1915, del Friuli del 1976, dell’Irpinia del 1980 e dell’Aquila del 2009 sono avvenuti in corrispondenza di picchi del carico idraulico. Questa corrispondenza si estende anche ai secoli passati, con un incremento di attività sismica nel corso delle fasi più acute di quella che dai climatologi viene definita Piccola Era Glaciale, a cavallo del 1300 e tra 1600 e 1900. Per contro, la sismicità tende a diminuire in maniera statisticamente significativa nei periodi di clima secco”.
Il fenomeno è stato evidenziato in un ulteriore studio relativo alla California meridionale, dove si osserva una drastica riduzione della sismicità in corrispondenza alla siccità degli ultimi anni.
“Gli studi pubblicati – conclude Bragato – soffermandosi su aree caratterizzate da forti terremoti, sembrano indicare che l’effetto delle precipitazioni nel favorire l’occorrenza di eventi sismici non sia episodico e marginale, bensì possa essere un elemento chiave da considerarsi nell’evoluzione della sismicità”.
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