Nel 2023 i cambiamenti climatici aggraveranno le crisi umanitarie in tutto il mondo
Tra le emergenze più gravi la fame in molte regioni dell'Africa: secondo l'ONU rischiamo di andare verso una catastrofe
I cambiamenti climatici accelereranno le crisi umanitarie in tutto il mondo nel 2023, insieme ai problemi generati da conflitti armati e recessioni economiche.
L’allarme arriva dall’International Rescue Committee (IRC) che nel suo ultimo rapporto 2023 Emergency Watchlist fa il punto in particolare sui 20 paesi in cui il rischio di nuove emergenze umanitarie è più elevato. I tre fattori chiave che accelerano le crisi umanitarie sono i cambiamenti climatici, i conflitti e le turbolenze economiche.
In particolare, sottolinea l’agenzia, i cambiamenti climatici stanno accelerando le crisi umanitarie rapidamente, nonostante i Paesi più in difficoltà siano proprio quelli che hanno contribuito in maniera minore all’aumento della temperatura media globale. Si stima che i 20 Paesi esaminati siano infatti stati responsabili di appena l’1.9 per cento alle emissioni globali di anidride carbonica nel 2019, con emissioni pro capita pari a circa un quinto rispetto alla media mondiale. Eppure, affrontano alcuni dei più gravi disastri legati alla crisi climatica.
In cima alla lista degli osservati speciali troviamo Somalia, Etiopia e Afghanistan, seguiti nella top ten da Repubblica Democratica del Congo, Yemen, Siria, Sud Sudan, Burkina Faso, Haiti e Ucraina.
Chi vive nei 20 Paesi nella lista rappresenta solo il 13 per cento della popolazione mondiale, ma allo stesso tempo il 90% di tutti coloro che hanno bisogno di aiuti umanitari (304 milioni su 339,2 milioni totali) e l’81% delle persone costrette a sfollare. E nonostante una situazione così drammatica, le crisi umanitarie in queste nazioni ricevono solo l’1 per cento della copertura mediatica nelle principali pubblicazioni globali.
I dati mostrano che «gli strumenti messi in campo per proteggere le persone dalle catastrofi naturali si stanno indebolendo negli stati più fragili e nelle nazioni in conflitto in tutto il mondo», avverte David Miliband, presidente e amministratore delegato dell’IRC. «La portata e la natura dei conflitti, dei cambiamenti climatici e delle turbolenze economiche lasciate incontrollate in troppi luoghi stanno sovraccaricando questi sistemi. Basta guardare alla guerra in Ucraina per comprendere l’impatto del disfacimento delle barriere globali contro il conflitto e la stretta associazione con le crisi umanitarie». Serve un «cambiamento radicale nel modo in cui la comunità internazionale affronta le crisi umanitarie», sottolinea Miliband: serve un’azione più rapida e concreta per contrastare le crisi e proteggere le persone. Bisogna fare molto di più anche dal punto di vista degli aiuti umanitari, che di anno in anno si rivelano sempre più lontani dalla sufficienza in una forbice che continua, drammaticamente, ad allargarsi. Nel novembre 2022 il deficit globale ha raggiunto i 27 miliardi di dollari.
L’Africa, intanto, si prepara a una fame record
Un monito da brividi sulle previsioni per il 2023 arriva anche dalle Nazioni Unite, che in un rapporto pubblicato a dicembre avvertono: andiamo «verso la catastrofe».
In particolare, il numero di persone che soffrono la fame nell’Africa occidentale e centrale potrebbe raggiungere il record di 48 milioni nel 2023. Questo «dovrebbe servire come un ultimo “campanello d’allarme” per i governi regionali affinché agiscano ora», sottolinea l’ONU.
L’analisi è stata condotta da tre agenzie delle Nazioni Unite: la FAO (Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura), l’UNICEF (Fondo ONU per l’infanzia) e il Programma Alimentare Mondiale. Attualmente sono già più di 35 milioni le persone che non sono in grado di soddisfare i propri bisogni alimentari e nutrizionali di base, e tra queste 6,7 milioni sono bambini.
I fattori chiave che stanno determinando la crisi sono i cambiamenti climatici, le ricadute economiche della pandemia di Covid-19 e l’impatto della guerra in Ucraina. È urgente aumentare il sostegno e gli investimenti in programmi di sicurezza alimentare e nutrizione, avverte l’ONU.
L’insicurezza alimentare e la malnutrizione persistono, e si stanno diffondendo dal Sahel verso i paesi costieri.
La vasta regione del Sahel, che si estende da ovest a est attraverso il continente, è «in bilico sull’orlo di una vera e propria catastrofe» secondo Robert Guei, coordinatore subregionale della FAO per l’Africa occidentale. Nella maggior parte dei paesi, la disponibilità di cibo sta diminuendo e i prezzi dei fertilizzanti stanno aumentando. «Questo potrebbe avere un impatto negativo sui raccolti del prossimo anno e peggiorare una situazione già grave per molte comunità rurali», ha affermato, aggiungendo che «dobbiamo agire ora per sostenere i mezzi di sussistenza rurali prima che sia troppo tardi».
Tra gli aspetti che destano maggiore preoccupazione c’è la malnutrizione acuta che colpisce molti bambini sotto i 5 anni, in particolare nei paesi del Sahel e in Nigeria. «I tassi stanno superando la soglia di emergenza del 15% in alcune aree del Senegal, della Mauritania, della Nigeria nord-orientale e del Niger», avverte l’ONU. Il tasso globale di malnutrizione acuta supera anche il 10% in molte aree intorno al bacino del lago Ciad, che comprende Niger, Nigeria e Ciad, nonché le aree di confine tra Burkina Faso, Mali e Niger.
Secondo Marie-Pierre Poirier, direttrice regionale dell’UNICEF per l’Africa occidentale e centrale, gli ultimi dati indicano livelli inaccettabilmente elevati di grave deperimento infantile in molti paesi. «Dobbiamo aumentare le cure e prestare molta più attenzione alla prevenzione della malnutrizione infantile attraverso un approccio multisettoriale per raggiungere ogni bambino», ha affermato.
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