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In un pianeta più caldo: un futuro con più El Niño o più La Niña?

Gli studiosi dibattono da anni sulla tendenza di questa importante oscillazione del sistema oceano-atmosfera, ma una risposta definitiva non esiste ancora

Enso Blog è un sito dedicato al monitoraggio e allo studio di El Niño e la Niña aggiornato da alcuni fra i più attivi ricercatori che studiano il fenomeno e pubblicano su riviste scientifiche di rilievo internazionale. Recentemente, nella forma di intervista, è apparsa una discussione estremamente interessante relativa a un’importante domanda a cui le scienze dell’atmosfera faticano ancora a dare una risposta: “qual è l’influsso del cambiamento climatico sull’ENSO?”.

L’acronimo ENSO (El Niño Southern Oscillation) descrive la ben nota e irregolare oscillazione che si osserva nell’Oceano Pacifico tropicale tra fasi denominate El Niño e fasi La Niña. Durante la fase Niño il Pacifico tropicale orientale (quello vicino alle coste sud americane) è più caldo, mentre negli episodi Niña lo stesso settore dell’oceano si raffredda a causa della risalita delle acque profonde indotta dagli alisei.

El Niño e la Niña
Rappresentazione schematica della circolazione atmosferica e dello stato dell’Oceano Pacifico tropicale durante El Niño/La Niña. Fonte: WMO

La distribuzione (specialmente il gradiente est-ovest) delle temperature nell’oceano tropicale a sua volta influenza profondamente l’atmosfera sovrastante, e in particolare i flussi a larga scala che interessano tutta la lunghezza dell’oceano, dall’America meridionale fino all’Australia, la cosiddetta circolazione o cella di Walker. Tale circolazione, come mostra la figura precedente, è ben definita nella fase Niña dell’oscillazione quando i moti convettivi sono intensi sopra il caldo Pacifico occidentale mentre sono inibiti sopra le acque più fredde nell’est dell’oceano. Ma non parleremmo così tanto dell’ENSO se questo fenomeno riguardasse solo le latitudini tropicali dell’Oceano Pacifico; in realtà esso rappresenta la più intensa sorgente di variabilità atmosferica osservabile sulla scala globale e la sua influenza non si limita ad una parte dell’Oceano Pacifico.

Grazie alle cosiddette teleconnessioni (ne avevamo parlato ad esempio in questo articolo) l’ENSO ha ripercussioni anche alle medie latitudini. La teleconnessione più evidente e conosciuta coinvolge il Nord America e la regione del vicino Pacifico settentrionale e si esercita tramite un “treno” di onde di Rossby; la siccità nel settore sudoccidentale degli Stati Uniti, ad esempio, è correlata alla fase Niña. Altre teleconnessioni, almeno durante la stagione invernale, possono svilupparsi attraverso la mediazione della stratosfera (il cosiddetto stratospheric pathway); è altresì noto (e spiegato) che la circolazione atmosferica presenta ondulazioni più marcate durante le fasi La Niña, con la conseguenza di un aumento della probabilità di eventi estremi alle medie latitudini.

Tendenza delle temperature sul Pacifico Tropicale durante il periodo 1982-2022. Fonte: NOAA

Il dibattito sul comportamento dell’Oceano Pacifico nel contesto del cambiamento climatico e del riscaldamento globale è particolarmente vivo in questo ultimo periodo caratterizzato dalla persistenza di una fase Niña per ben tre anni consecutivi. La discussione è accesa per almeno due motivi: le osservazioni storiche che consentono di ricostruire con accuratezza l’andamento dell’ENSO nel passato iniziano dall’era dei satelliti meteorologici (1979) e non sono quindi ancora sufficientemente lunghe per fornire una stima affidabile della variabilità naturale del fenomeno; i modelli che simulano il clima (compresa la circolazione oceanica) presentano alcuni noti errori sistematici nell’area tropicale e non permettono di ricostruire con accuratezza l’andamento del passato. L’ultimo punto, a ben guardare, non è sorprendente perché il motore della circolazione di Walker è costituito dai moti convettivi e sappiamo la convezione essere un punto debole anche dei modelli più evoluti e a più alta risoluzione.

Nei fatti l’andamento delle temperature negli ultimi quarant’anni (nella figura precedente si nota un raffreddamento dell’Oceano Pacifico orientale) sembrerebbe dare torto ai modelli secondo i quali il futuro assetto dell’oceano sarebbe stato in una condizione più simile a El Niño (El Niño-like), ma non si tratta una prova definitiva: quarant’anni non sono molti per poter stabilire una tendenza climatica e quello che stiamo osservando potrebbe essere soltanto il “rumore” della naturale variabilità atmosferica.

Un processo che potrebbe favorire un andamento “El Niño-like”. La circolazione di Walker si indebolisce a causa dell’atmosfera tropicale più stabile (cioè relativamente più calda in alta quota). L’indebolimento della cella di Walker, a sua volta, rallenta la risalita di acque fredde lungo le coste del Sud America. Fonte: NOAA

Nella figura precedente è schematizzato un meccanismo che, a causa dell’aumento della stabilità dell’atmosfera tropicale, sostiene lo stato dell’ENSO in una fase maggiormente El Niño-like. Gli studiosi tuttavia hanno individuato due processi altrettanto importanti che potrebbero invece favorire La Niña, a conferma quindi del trend che è stato osservato negli ultimi decenni.
L’atmosfera più calda, infatti, contiene una maggiore quantità di vapore acqueo ed il calore che si libera durante la sua condensazione potrebbe rinvigorire i moti convettivi sopra l’oceano intensificando la cella di Walker; non solo, nel contesto del riscaldamento globale è anche probabile che La Niña sia favorita dalla naturale tendenza delle acque marine più profonde (quelle che emergono lungo la costa dell’America meridionale quando soffiano forti gli alisei) a riscaldarsi più lentamente rispetto alle acque superficiali.

Per concludere, i ricercatori non posseggono ancora una risposta definitiva a questo affascinante enigma scientifico, ma sono fiduciosi che il passare degli anni ci porterà più vicini alla soluzione, sia per il continuo (anche se lento) miglioramento dei modelli che simulano la circolazione degli oceani e dell’atmosfera, sia per il perfezionamento e l’allungamento della serie di osservazioni. Mai come in questo caso potremmo quindi dire: “stay tuned!”.

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Lorenzo Danieli

Sono nato a Como nel 1971 e ancora oggi risiedo nei pressi del capoluogo lariano. Dopo la maturità scientifica ho studiato fisica all’Università degli Studi di Milano, dove mi sono laureato con una tesi di fisica dell’atmosfera. La passione per la meteorologia è nata quando ero un ragazzino e si è trasformata successivamente nella mia professione. Con il tempo sono andati crescendo in me l’interesse per la natura e per tutte le tematiche legate all’ambiente, fra le quali le cause e le conseguenze del cambiamento climatico.

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