Biodiversità: gli obiettivi per proteggerla sono già fuori portata
Gli scienziati affermano che gli effetti del cambiamento climatico e della perdita di habitat sulle popolazioni animali sono stati sottovalutati.
Gli effetti del cambiamento climatico e della perdita di habitat sulle popolazioni animali sono stati sottovalutati e gli ambiziosi obiettivi per tutelare la biodiversità globale potrebbero essere già fuori portata.
A pochi mesi dall’accordo siglato alla COP15 di quasi 200 Paesi per arrestare il declino della natura entro la fine del decennio e proteggere il 30% delle terre e dei mari entro il 2030, un nuovo studio suggerisce che potremmo già essere oltre la soglia di pericolo.
Delayed responses of vertebrate populations to climate and land-use change can range from <10 to >40 years. New research in #ProcB highlights the need for urgent action to stop declines: https://t.co/qs62gqTEgB @f_spooner @LouiseMcRae @AndyPurvisNHM @robin_freeman #biodiversity pic.twitter.com/GCi5WgWuQ8
— Royal Society Publishing (@RSocPublishing) April 19, 2023
La ricerca, pubblicata sulla rivista della Royal Society, ha analizzato le tendenze nelle popolazioni di oltre 600 diverse specie di uccelli e mammiferi.
Gli scienziati hanno scoperto che il precedente lavoro di modellizzazione aveva in gran parte ignorato i ritardi di decenni prima che si verificassero gli effetti di fattori come il cambiamento climatico e la perdita di habitat.
Ciò significa che potremmo essere più avanti di quanto pensassimo verso la perdita di biodiversità.
Gli autori dello studio hanno quantificato in che modo le risposte ritardate al cambiamento climatico e dell’uso del suolo hanno influenzato le popolazioni di mammiferi e uccelli in tutto il mondo, incorporando gli effetti dello sfruttamento diretto e degli interventi di conservazione. La durata del ritardo ecologico varia tra, classi di vertebrati e gruppi di dimensioni corporee: ad esempio i ritardi legati agli impatti dei cambiamenti climatici sono di 13 anni per i piccoli uccelli, fino a 40 anni per le specie più grandi. Le proiezioni del modello suggeriscono un futuro con vincitori (ad esempio uccelli di grandi dimensioni) e perdenti (ad esempio uccelli di taglia media), con cambiamenti ambientali attuali/recenti che influenzeranno sostanzialmente le tendenze fino al 2050. Senza un’azione urgente, inclusi interventi di conservazione efficaci e promozione della sostenibilità, fermare il declino della biodiversità entro il 2030 potrebbe già essere fuori portata.
Tra i lati positivi, la ricerca suggerisce che un’azione immediata su problemi come la caccia insostenibile e l’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali avrà benefici immediati e di vasta portata.
#COP15 sulla #biodiversità raggiunto l’accordo: entro il 2030 il 30% di aree protette e tutela delle popolazioni indigene ma manca un fondamentale sistema di monitoraggio e controllo.https://t.co/wjnJ8hlWSh
— IconaClima (@iconaclima) December 20, 2022
L’Accordo di dicembre sulla biodiversità alla COP15
L’accordo finale dopo i negoziati prevede la richiesta ai governi di tutto il mondo di raggiungere l’obiettivo di estendere ad almeno il 30% dei territori, entro il 2030, lo status di area protetta (sia che si tratti di terre emerse che di ecosistemi marini). Al momento sono aree protette il 17% delle terre e l’8% dei mari. Molto importante anche l’aspetto legato alla difesa dei popoli indigeni. Nei prossimi mesi i governi dovranno mettere in atto quanto concordato per raggiungere questi obiettivi.