Libia e Grecia: le catastrofi “annunciate” della crisi climatica
Il Mediterraneo ha vissuto un'ondata di caldo senza precedenti nei mesi estivi: con tutta questa energia disponibile gli eventi meteo diventano sempre più violenti ed estremi
Solo da pochi giorni siamo entrati nell’autunno meteorologico e diverse zone dell’area europea e mediterranea. Grecia e Libia in primis, hanno sperimentato inondazioni catastrofiche che, secondo gli scienziati, sono state rese più violente dai cambiamenti climatici.
“Sebbene non sia stata ancora effettuata un’attribuzione formale del ruolo dei cambiamenti climatici nel rendere più intensa la tempesta Daniel, si può affermare con certezza che le temperature superficiali del Mediterraneo sono state notevolmente superiori alla media per tutta l’estate”, ha dichiarato al quotidiano britannico The Guardian il dottor Karsten Haustein, scienziato del clima dell’Università di Lipsia. Non è un caso che il mar Mediterraneo sia considerato dagli scienziati un “hot spot” del cambiamento climatico, cioè una delle aree del pianeta più esposta ai drammatici effetti della crisi climatica in atto.
Più di 5200 morti e più di 10.000 dispersi in un paese che mai ha visto tempeste come #Daniel, tempesta partita dalla #Grecia che ha colpito la #Libia al confine con il deserto africano. I filmati sono per i negazionisti del cambiamento climatico. #ClimateEmergency #Lybia #Greece pic.twitter.com/LIHQrDCOf6
— Anwar Saffi ???? (@Anwar_Safi) September 12, 2023
La catastrofe avvenuta in Libia a causa del passaggio del ciclone Daniel fino ad ora è stata la peggiore del 2023 in tutto il Pianeta. Le inondazioni, aggravate anche dalla fatiscenza delle infrastrutture, sono avvenute dopo che la tempesta aveva causato altri morti e devastazioni in Europa, attraversando la Grecia, la Turchia e la Bulgaria la scorsa settimana.
Mediterranean cyclone #StormDaniel might be one of the most destructive and deadly events in recent history.
Photo from #Libya pic.twitter.com/l4MY5Ffsui— MedCyclones (@medcyclones) September 12, 2023
Le tempeste, come è noto, traggono più energia dai mari caldi, mentre un’atmosfera più calda trattiene più vapore acqueo che può cadere sotto forma di pioggia, portando a fenomeni estremi. Le temperature medie registrate sul Mediterraneo non sono mai state così elevate come durante l’estate appena terminata. In molte zone la temperatura superficiale si è attestata intorno ai 30 gradi, anche nelle coste libiche.
Il ciclone Daniel, nominato in questo modo dall’agenzia meteorologica greca seguendo le indicazioni del progetto europeo “Storm Naming”, si è abbattuto sulle coste orientali della Libia nella giornata di domenica 10 settembre, con piogge violente e venti fino a 180 km/h. In seguito due dighe sono state distrutte nei pressi della città di Derna con la conseguente catastofe il cui bilancio si aggrava di ora in ora (al momento le vittime sono oltre 3000 e si contano più di 10.000 dispersi).
Turns out that Medicanes and deserts aren’t a great combination. And yes, #ClimateChange does almost certainly increase the likelihood for such catastrophic events! Dreadful outcome ? https://t.co/fyRbda8epi
— Karsten Haustein ? (@khaustein) September 12, 2023
Haustein ha avvertito che gli scienziati non hanno ancora avuto il tempo di studiare Daniel, ma ha notato che quest’anno il Mediterraneo è stato più caldo di 2-3 gradi Celsius rispetto al passato. E anche se i modelli meteorologici che hanno formato Daniel si sarebbero verificati anche in assenza di cambiamenti climatici, le conseguenze probabilmente non sarebbero state così gravi.
In un mondo più freddo, Daniel probabilmente “non si sarebbe sviluppato con la stessa velocità e rapidità e non avrebbe colpito la Libia con una forza così devastante.
“Abbiamo scritto (IPCC 6AR) che gli impatti negativi dei cambiamenti climatici vengono avvertiti in modo sproporzionato dalle comunità già vulnerabili. Ciò che sta accadendo in Libia- afferma su Twitter/X Francesca Spagnuolo, autrice principale del Gruppo di Lavoro II al Sesto Rapporto di Valutazione dell’IPCC – conferma che alcuni paesi/comunità corrono un rischio maggiore di subire conseguenze negative.