Cambiamenti climatici e foreste: non tutte le specie di alberi ce la faranno a resistere
In base ai risultati di uno studio, tra un terzo e la metà delle specie arboree presenti oggi non sarà più in grado di far fronte alle condizioni future
Una ricerca effettuata in sinergia dalle Università di Vienna e di Monaco, pubblicata sulla rivista Nature Ecology and Evolution il 29 aprile 2024, riferisce che non tutte le specie di alberi sono pronte ad affrontare le sfide determinate dai cambiamenti climatici. L’interrogativo di fondo è quali siano quelle più indicate per una riforestazione efficace in proiezione futura: la risposta purtroppo ne vede un elenco particolarmente ridotto.
In base ai risultati dello studio sono poche le specie tra le 69 prese in esame rilevate in 238080 siti differenti di tutta Europa, in grado di adattarsi a cambiamenti climatici così rapidi che spaziano tra il prevedibile freddo dei prossimi anni ed il previsto incremento delle temperature di fine secolo. In Germania ad esempio sembrerebbero adattarsi solo 10 specie per km², meno della metà di quelle che sopravvivrebbero in condizioni climatiche che i ricercatori definiscono “stabili”. Tra queste c’è la farnia, la quercia più diffusa in Europa: sembra tra quelle più attrezzate a resistere.
Gli scienziati però sottolineano nel nostro continente il potenziale declino di molti altri ceppi già gravemente colpiti dagli effetti, diretti e indiretti del cambiamento climatico che ha portato, in particolare nei settori continentali, alla morte di migliaia di ettari di alberi, complice la siccità e l’azione dei coleotteri della corteccia, compreso il bostrico, l’insetto che sta già ampiamente minacciando le foreste del Trentino.
A seconda dell’area geografica, tra un terzo e la metà delle specie arboree presenti oggi (una percentuale compresa tra il 33% e il 49%, spiega lo studio) non sarà più in grado di far fronte alle condizioni future.
“Si tratta di un declino enorme soprattutto se si considera che solo alcune specie sono di interesse per la silvicoltura, il ramo delle scienze forestali che si occupa dell’impianto e della conservazione dei boschi e 9 specie resilienti sono poche, insufficienti per un bosco misto e di conseguenza meno permeabile all’attacco dei parassiti. Solo 3 poi tra le 9 specie indicate come le più adatte al cambiamento climatico (sono stati ipotizzati due scenari, uno moderato e uno grave) sono considerate utili all’ecosistema per la contemporanea capacità di immagazzinare carbonio, dare riparo o cibo agli animali e, in ultimo, rivelarsi utili all’uomo nel rifornimento potenziale di legname. In sintesi il nostro lavoro mostra chiaramente quanto la vitalità delle foreste sia gravemente influenzata dai cambiamenti climatici. La ricetta? Non possiamo fare affidamento esclusivamente su un nuovo mix di specie arboree, che sarebbe insufficiente. Occorrono piuttosto misure rapide per mitigare il cambiamento climatico per una protezione sostenibile, sempre più efficace, delle nostre foreste” queste le parole di Johannes Wessely e Stefan Dullinger che insegnano al dipartimento di Botanica e Biodiversità dell’Università di Vienna e sono tra gli autori dello studio.
L’eco della ricerca investe anche l’Italia: da noi secondo i numeri del Comando Unità Forestali Ambientali e Agroalimentari dei Carabinieri, in collaborazione con il Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, le foreste coprono 165,4 m³ di biomassa per ettaro, circa il 36,7% del territorio nazionale, più di un terzo del Paese e sono fondamentali per mitigare eventi climatici estremi, regolare la qualità dell’aria e del suolo, assorbire anidride carbonica. Ovviamente il cambiamento climatico è già in atto anche da noi naturalmente.
“I risultati dello studio delle università di Vienna e Monaco non possiamo che definirli inevitabili. È inevitabile che esseri viventi dalla vita prolungata e adattati a un certo clima da molte lente generazioni siano profondamente toccati da un cambiamento così repentino come quello che stiamo causando. Ciò ci responsabilizza ancora di più nella tutela degli alberi attuali, perché quelli piantati oggi non sappiamo se riusciranno mai a diventare adulti, cioè a diventare veri alberi con tutti i servizi ecosistemici che ci donano solo gli alberi maturi. Inoltre tutto ciò che riguarda gli alberi riguarda anche l’uomo e gli animali. Senza alberi o con alberi diversi cambia anche la fauna, cambia il ciclo dell’acqua e la stabilità dei suoli. Nulla di ciò che riguarda gli alberi riguarda solo gli alberi” queste le parole di Nicola Bressi, naturalista e zoologo del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste.