Mondiali 2034 all’Arabia Saudita: ignorati diritti umani e clima
L'Arabia Saudita è stata scelta come Paese ospitante della Coppa del Mondo nonostante le diffuse critiche sulle violazioni dei diritti umani e sulla gestione del cambiamento climatico
La recente decisione della FIFA di assegnare la Coppa del Mondo 2034 all’Arabia Saudita ha scatenato un’ondata di critiche a livello globale. Il Regno saudita potrà sfruttare il torneo per consolidare la propria immagine internazionale, mentre emergono gravi problematiche in ambito di diritti umani e cambiamento climatico.
Diritti umani, clima e sportwashing
L’Arabia Saudita è nota per le sue politiche controverse in materia di diritti umani. Le violazioni documentate includono repressione della libertà di espressione, discriminazioni verso le donne e persecuzioni della comunità LGBTQI+. Il sistema del lavoro si basa su un modello che spesso sfrutta i lavoratori migranti, con condizioni di impiego definite disumane da numerose organizzazioni per i diritti umani. La costruzione degli 11 nuovi stadi previsti in Arabia Saudita per i mondiali pone ora ulteriori preoccupazioni per i rischi che correranno migliaia di lavoratori.
Molte critiche sono giunte da organizzazioni e attivisti, come Amnesty International che ha descritto la decisione della FIFA come “sconsiderata” e ha sottolineato il pericolo di gravi violazioni dei diritti civili e del lavoro. Il timore è anche che i mondiali rappresentino un’occasione di sportwashing per il governo dell’Arabia Saudita, che potrebbe sfruttare lo sport per migliorare la propria reputazione e distogliere l’attenzione dalle gravi criticità legate al mancato rispetto dei diritti umani e alle devastanti politiche climatiche del Paese.
#Saudi34 Il trionfo dello sportwashing pic.twitter.com/J7X6hyhB9L
— Amnesty Italia (@amnestyitalia) December 12, 2024
L’impatto ambientale dei mondiali
L’assegnazione del torneo all’Arabia Saudita solleva serie preoccupazioni anche per l’impatto ambientale dell’evento stesso: la costruzione di nuovi stadi e infrastrutture è destinata a generare emissioni significative, aggravando ulteriormente la crisi climatica.
Anche se si è impegnata pubblicamente ad azzerare le emissioni nette entro il 2040, la FIFA continua a promuovere eventi con impatti enormi sul clima e l’ambiente. La Coppa del Mondo 2026, ospitata da tre paesi nordamericani, comporterà un massiccio aumento dei voli intercontinentali. Nel 2030 il torneo sarà addirittura distribuito su sei paesi di tre continenti, mentre l’evento saudita del 2034 sarà accompagnato da un ulteriore sfruttamento del suolo e delle risorse fossili. Tali decisioni contrastano con l’urgenza di ridurre le emissioni e organizzare eventi più sostenibili.
La partita dell’Arabia Saudita contro il clima
L’Arabia Saudita è il più grande esportatore mondiale di petrolio greggio e contribuisce significativamente alle emissioni globali, con quelle derivanti dal petrolio esportato che superano di oltre il doppio le emissioni domestiche.
Secondo le stime, invece di calare le sue emissioni nazionali continueranno a crescere almeno fino al 2030. Infatti, il Paese non ha implementato politiche significative per ridurre le emissioni di gas serra o la dipendenza dai combustibili fossili. I piani annunciati per espandere le energie rinnovabili non si sono concretizzati, e l’economia rimane fortemente dipendente dagli idrocarburi. L’analisi di Climate Action Tracker avverte che gli impegni climatici di Riad per il 2030 e il 2060 mancano di trasparenza, si basano in gran parte su tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) e non affrontano il ruolo del paese come principale esportatore di petrolio. Il target del 2030 include addirittura una “clausola di uscita” se le politiche climatiche globali influenzano negativamente le esportazioni.
Sul fronte del clima, l’Arabia Saudita non si limita a evitare passi avanti, ma si impegna anche per ostacolare quelli del resto del mondo. Il Paese ha una lunga storia di opposizione agli impegni climatici internazionali, incluso l’obiettivo di limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C in più rispetto ai livelli preindustriali e, ovviamente, l’abbandono dei combustibili fossili. Alla recente COP29, la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima, Riad è riuscita a bloccare le discussioni sulla transizione dai combustibili fossili.
Eppure, il Paese sta già sperimentando un aumento delle temperature superiore alla media globale e, secondo le stime, di questo passo il riscaldamento nella regione potrebbe raggiungere i +4°C entro il secolo.
Le reazioni dal mondo dello sport
Molti calciatori e tifosi hanno espresso indignazione per la decisione.
David Wheeler, professionista del Wycombe Wanderers FC, ha dichiarato che «concedere la Coppa del Mondo a un regime che causa danni così evidenti è uno schiaffo in faccia a tifosi, giocatori e a chiunque metta questo sport al centro della propria vita».
«Il calcio dovrebbe riguardare rispetto, speranza e comunità, ma la FIFA ha garantito che il suo torneo più grande rappresenta danni, inquinamento e avidità. A qualsiasi livello, il calcio dipende da un clima adatto per giocare, ma stiamo esaurendo il tempo per mantenere un futuro sicuro».
«Garantire un futuro per il calcio, in cui tutti possano giocare e divertirsi, richiede una vera leadership dall’alto», ha commentato l’olandese Tessel Middag, una delle calciatrici professioniste che hanno firmato una lettera aperta per chiedere alla FIFA di interrompere i legami con la compagnia petrolifera statale saudita, Aramco. «La decisione sulla Coppa del Mondo 2034 è un’ulteriore prova che il calcio merita di meglio».
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