Clima

Quattro gradi in più, quaranta per cento in meno: il costo economico del riscaldamento globale 

Una nuova ricerca condotta dall’Università del New South Wales ha lanciato un allarme tanto chiaro quanto inquietante: se la temperatura globale dovesse aumentare di 4°C rispetto ai livelli preindustriali, il PIL mondiale potrebbe ridursi di circa il 40% entro il 2100. Una perdita che, in termini pratici, significherebbe un impoverimento drastico per ogni individuo del pianeta, con conseguenze a catena su lavoro, salute, sicurezza alimentare e stabilità sociale.

 

Lo studio, pubblicato nell’inizio di aprile 2025, rivede al rialzo le stime precedenti, che parlavano di un impatto economico intorno all’11%. Secondo gli autori, i modelli economici usati finora hanno sottovalutato il modo in cui eventi climatici estremi – come ondate di calore, incendi, siccità e alluvioni – possono colpire le infrastrutture, distruggere raccolti, paralizzare i trasporti e danneggiare il capitale umano. La nuova analisi prende in considerazione non solo i danni diretti, ma anche gli effetti moltiplicatori sull’economia globale, come l’aumento dei prezzi delle materie prime, l’interruzione delle filiere produttive e la migrazione forzata di milioni di persone.

 

Le regioni più colpite sarebbero, come sempre, quelle più vulnerabili: i Paesi in via di sviluppo, le piccole isole, le aree rurali e costiere, che già oggi pagano il prezzo più alto del cambiamento climatico pur avendone contribuito meno. Ma anche le economie più avanzate non sarebbero al sicuro. Le interconnessioni globali rendono ormai impossibile isolarsi dagli shock ambientali ed economici che colpiscono altre parti del mondo.

 

Riflessioni: il costo dell’inazione è superiore a qualsiasi investimento

 

Davanti a questi dati, diventa evidente che la crisi climatica non è solo una questione ambientale, ma anche un’emergenza economica e sociale. Le recenti catastrofi naturali e le migrazioni forzate sottolineano come gli effetti del cambiamento climatico siano già una realtà tangibile. Continuare a ignorare i segnali della scienza significa scegliere consapevolmente un futuro più povero, più instabile e meno giusto, compromettendo le generazioni future e la loro capacità di prosperare in un mondo equo e sostenibile.

 

Bloccare il riscaldamento globale richiede decisioni coraggiose e immediate: smettere di sovvenzionare i combustibili fossili, investire massicciamente nelle energie rinnovabili e puntare sull’efficienza energetica, sulla mobilità sostenibile e sulla riforestazione. Le tecnologie esistono già: energia solare, eolica, geotermica, idroelettrica. Mancano solo la volontà politica e una visione a lungo termine. Inoltre, è essenziale coinvolgere le comunità locali nei processi decisionali, promuovendo l’educazione ambientale per sensibilizzare le generazioni future. Solo attraverso un approccio integrato e collaborativo possiamo sperare di preservare il nostro pianeta per le generazioni a venire.

 

Ogni euro speso oggi per la transizione ecologica è un investimento per il benessere di domani. Ogni pannello solare installato, ogni edificio riqualificato, ogni mezzo pubblico elettrico messo su strada è un passo in meno verso il baratro.

 

La bellezza del nostro pianeta non è solo estetica, ma vitale. Proteggerla significa proteggere noi stessi. Non c’è economia in un mondo in fiamme. E non c’è prosperità su un pianeta che non può più sostenerci. Ogni ecosistema, ogni specie e ogni risorsa naturale rappresentano un pilastro fondamentale per la nostra sopravvivenza e benessere.

 

Il tempo per agire è ora. Non per salvare il futuro: per avere ancora un futuro. Le decisioni che prendiamo oggi determineranno la qualità della vita di domani e il lascito che affideremo alle generazioni future.

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