Educare al cambiamento climatico: speranza e azione, non paura e catastrofismo
Da tempo si assiste ad una corsa, da parte dei mezzi di informazione, nell’instillare paura e inquietudine legata ai cambiamenti climatici. A volte si assiste ad una vera e propria opera di propaganda nella quale si osserva persino una manipolazione dei dati al solo fine di incutere terrore. Il fine giustifica i mezzi? Non credo.
Occorre invece riformulare l’informazione sui cambiamenti climatici ritrovando un corretto processo educativo che si sviluppi attorno ad un messaggio di speranza e azione che non dovrà solo sottolineare le minacce che dovremo affrontare, ma dovrà necessariamente mostrare come possiamo agire per plasmare il futuro con equilibrio e razionalità.
Non c’è dubbio che l’urgenza della crisi climatica aumenti ogni anno. Nel frattempo, tuttavia, la disinformazione e la politicizzazione hanno reso la comunicazione scientifica del cambiamento climatico sempre più impegnativa e spesso fuorviante. Fino ad ora, ci si è concentrati principalmente sul convincere le persone che il cambiamento climatico è reale e, effettivamente, ciò ha avuto alquanto successo. Il pubblico ora accetta in modo molto più evidente che in passato la realtà del cambiamento climatico. Un’ampia maggioranza della popolazione si sente preoccupata per il clima e le alterazioni che l’uomo provoca sulla Natura. In una prospettiva futura, credo che l’elemento educativo diventi essenziale per riportare nel giusto alveo l’informazione sul clima. Da questo punto di vista, all’interno della popolazione in genere, gli studenti e i giovani sono una fascia demografica essenziale da raggiungere con un corretto messaggio sul clima. Sebbene controbattere la negazione del cambiamento climatico possa ancora essere necessario in alcuni contesti, tutti coloro che comunicano sulla scienza del clima si trovano ad affrontare una nuova sfida, ossia il divario tra la preoccupazione del pubblico per le variazioni climatiche e la comprensione di ciò che può essere fatto oggi per influenzare il domani. Occorre trasmettere meglio al pubblico la qualità e la quantità dei cambiamenti necessari da apportare, per esempio sull’uso dell’energia e del territorio e che l’umanità può, in effetti, influenzare la portata degli eventi che si svolgeranno. È tempo, quindi, di riorientare il nostro messaggio, concentrandoci meno sulle previsioni dei pericoli futuri come se fossero conclusioni scontate e comunicando invece l’urgenza della situazione ma, allo stesso tempo, infondendo un senso di azione e di speranza che possano essere una linea guida per il futuro.
Come già detto, gli studenti e i giovani sono una fascia della popolazione fondamentale da raggiungere mentre si riorienta il messaggio prevalente della comunicazione sul clima. Essi rappresentano le prossime generazioni che dovranno affrontare le sfide del cambiamento climatico. Gli studenti e i giovani generalmente mostrano maggiore attenzione e preoccupazione per la questione e più interesse per le azioni da intraprendere rispetto ai segmenti più anziani della popolazione. In effetti, i giovani dovrebbero essere i più desiderosi di informazioni corrette. Dunque, scienziati, educatori e divulgatori possono aiutare a soddisfare queste richieste e responsabilizzare i giovani fornendo esempi specifici di azioni utili, con strumenti e opportunità pertinenti per aiutarli ad agire in modo costruttivo. Dare speranza aiuta l’azione: se, invece, si comunica un senso di ineluttabilità delle cose, le persone non agiranno mai.
Si può comunicare la gravità dei potenziali pericoli per l’umanità e la natura derivanti dai cambiamenti climatici, offrendo anche esempi e risorse che modellano un impegno costruttivo, proprio come un medico comunicherebbe l’urgenza di una diagnosi di una grave patologia ma, contemporaneamente delinea anche un percorso di cura. Questa non è una visione ciecamente ottimista, piuttosto è puro e semplice pragmatismo.
È stato dimostrato in molti contesti che la preoccupazione, non la paura, incoraggia comportamenti protettivi e adattivi. Apportare “ansia” per le conseguenze dei cambiamenti climatici è controproducente; essa indebolisce la motivazione ad agire e impedisce vere azioni significative.
Il messaggio costruttivo da diffondere dovrebbe giustamente dare l’avviso che avverte dell’urgenza della situazione, ma dovrebbe iniziare sottolineando il fatto che abbiamo la libertà di agire, individualmente e collettivamente, per plasmare il futuro. Per esempio, qualsiasi azione che riduca le emissioni oggi, migliorerà comunque il nostro futuro e, generalmente, non esistono solo due possibili risultati, il successo o il fallimento. Invece, c’è una sequenza di potenziali risultati a cui tendere, e i traguardi che si raggiungeranno lungo questa sequenza dipende dalle decisioni che verranno prese oggi e negli anni a venire. La dimensione temporale di questa sequenza certamente dipende da numerosi fattori, ma un cammino virtuoso va impostato, evitando, tuttavia, scelte frettolose che potrebbero rivelarsi controproducenti.
Esistono tecnologie e scelte politiche con il potenziale di ridurre, per esempio, le emissioni di carbonio atmosferico. Possono anche essere intraprese misure di adattamento in modo che gli impatti futuri siano più gestibili. Eppure, è alquanto raro che questi messaggi siano presentati chiaramente al pubblico. L’implementazione di queste tecnologie, politiche e misure è tutt’altro che facile e probabilmente comporterà discussioni, negoziati e, in definitiva, un ampio consenso, non solo da parte dei legislatori ma anche da parte del pubblico. Ma se gran parte del pubblico non è a conoscenza delle opzioni disponibili per affrontare la crisi climatica, come possono iniziare le necessarie discussioni?
Occorre quindi riconsiderare i contenuti dei messaggi relativi al clima. Ad esempio, quanta attenzione viene posta su messaggi come “Il cambiamento climatico sta accadendo ed è serio” rispetto a “Ecco soluzioni e modi per essere coinvolti“? Non viene dedicato abbastanza tempo alla discussione delle soluzioni e, soprattutto, a fornire alle persone, e in particolare ai giovani, esempi di azioni produttive e costruttive a favore del clima per ispirare la propria partecipazione.
Uno dei modi più semplici, ma comunque di impatto, per ampliare le presentazioni sui cambiamenti climatici è quello di evidenziare le persone e le istituzioni coinvolte nell’azione per il clima: ad esempio, persone che influenzano le politiche pubbliche, regioni e comuni che costruiscono percorsi di resilienza climatica.
Si possono sottolineare anche le misure concrete adottate dalle autorità locali, come l’istituzione di piani d’azione e progetti, per esempio, in grado di affrontare i rischi di inondazioni esacerbati da condizioni meteorologiche estreme.
È necessario però evitare catastrofismo ed esagerazioni, perché portano a contrapposizioni non costruttive o persino degenerazioni nei comportamenti. Dare un allarme e, allo stesso tempo, cercare di dare una speranza per il futuro, invece, riflette anche il rapido cambiamento, occorso negli ultimi anni, dell’atteggiamento pubblico nei confronti del cambiamento climatico. Invece di chiedersi se il cambiamento climatico è reale e perché è importante, molte persone, ora dovrebbero chiedere: “Abbiamo speranza?” “Possiamo agire?” “C’è qualcosa che posso fare?” Occorre quindi rispondere a queste domande attraverso messaggi positivi e motivanti.
La portata della sfida climatica è vasta e complessa. L’esposizione di specifici esempi pratici di azioni e modelli di ruolo veicola le motivazioni al cambiamento e favorisce il coinvolgimento. Fornendo questi esempi, si possono evidenziare percorsi chiari che, contemporaneamente, dotano coloro che hanno maggiori probabilità di agire per conto del clima degli strumenti di cui hanno bisogno per il successo.