Giornata mondiale senza Tabacco 2021Territorio

Il reale costo di una sigaretta per il pianeta Terra

Lo sfruttamento delle risorse naturali del mercato del tabacco

Il Rapporto Nazionale sul Fumo, pubblicato nel 2019 dalla Società Italiana di tabaccologia (SITAB), mostra la percentuale di fumatori presenti in Italia. Questo report indica il 22% della popolazione italiana come fumatrice, a fronte del 12,1 % di ex-fumatori e del 65,9% di non fumatori. Questi dati si traducono in 11,6 milioni di fumatori, 6,3 milioni di ex fumatori e 34,4 milioni circa di non fumatori, con un consumo medio giornaliero che si attesta sulle 13 sigarette per fumatore, ne consegue che, solo in Italia, vengono consumate annualmente più di 55 miliardi di sigarette.

Estendendo questa valutazione all’intero pianeta, queste cifre aumentano a dismisura. I fumatori a livello globale si attestano a 1,3 miliardi, portando il consumo annuo di sigarette a più di 6.000 miliardi di unità, per un corrispettivo di circa 32,4 tonnellate di tabacco coltivato su 4 milioni di ettari. (Eriksen et al, 2015).

Per far fronte a questa richiesta globale 125 paesi coltivano enormi piantagioni di tabaccoI 5 principali paesi produttori di tabacco sono:

  1. La Cina, con più di 3.150.000 t annue di tabacco prodotto, è il primo produttore mondiale. Dal 1980 il consumo di tabacco è notevolmente aumentato, facendo si che la produzione sia stata più che triplicata.
  2. Il Brasile, con circa 850.000 t annue, è il secondo produttore di tabacco. Le piantagioni più grandi in questo paese si concentrano per lo più a Sud e a Nord-Est.
  3. L’ India, che con circa 830.000 t annue detiene il terzo posto con una produzione di tabacco che viene principalmente esportata nel Sud-Est asiatico, in Europa e in Africa
  4. Gli Stati Uniti dove, con circa 345.000 t annue, la produzione di tabacco è in calo a favore di una maggiore importazione dall’estero.
  5. L’ Indonesia, con circa 260.000 t annue, è il quinto produttore di tabacco a livello mondiale. In questo paese, l’industria del tabacco, rappresenta uno dei settori trainanti per l’economia del paese.

In coda, ma non con numeri meno significativi, seguono Argentina, Zimbawe, Turchia, Malawi e Pakistan.

Lo sfruttamento delle risorse naturali in numeri

Mentre gli effetti del fumo sulla salute sono ben consolidati e divulgati, non vale lo stesso per gli effetti del tabacco sull’ambiente. Sono diverse e sottovalutate le problematiche e i danni arrecati ad ambiente e biodiversità dalle piantagioni intensive e dall’industria del tabacco.

Il report prodotto dall’Imperial College London rivela che, la produzione e il consumo di una tonnellata di tabacco, l’equivalente cioè di un milione di sigarette, richiede l’utilizzo di 3.700 m³  d’acqua, 0,85 ha di terreno ad uso agricolo (1 ha corrispondo a 10000 m²) e contribuisce al consumo di quasi 3,5 t di petrolio  e 0,5 t di ferro, incrementando l’esaurimento di queste risorse naturali (Tab. 1; Fig. 1).


Tab. 1: Risorse globali annue utilizzate per produrre e consumare una tonnellata di tabacco (tratta dal report: “Cigarette smoking” – Imperial College London)
Flussi di consumo annuali della catena del tabacco (Infografica realizzata da: Massimo Garbagnati e tratta dal report: “Cigarette smoking” – Imperial College London)

Problematiche e danni diretti causati dalle piantagioni intensive di tabacco

Oltre all’enorme consumo di risorse naturali, coltivare tabacco implica l’utilizzo di grandi terreni gestiti per lo più a monocoltura e spesso frutto della deforestazione di aree naturali. Questi sono il primo grande problema della coltivazione del tabacco. Ettari ed ettari di foreste abbattuti nel corso degli anni per essere riconvertite ad uso agricolo (si stima che almeno 6.500 ha di foresta vengano “bonificati” annualmente), provocando una massiccia perdita di biodiversità ed impoverimento del suolo. 

La deforestazione provocata dal tabacco è principalmente un problema nei paesi in via di sviluppo, dove rappresenta quasi il 5% della perdita nazionale totale di foreste. In paesi come il Malawi, lo Zimbabwe e le Filippine è la principale causa di deforestazione (OMS, 2017). In Brasile, si stima che l’espansione agricola per la coltivazione del tabacco abbia portato alla perdita di 74.440 ha di foresta tra il 1990 e il 2007, e in Malawi, alla perdita di circa 13.400 ha. In Pakistan, la coltivazione del tabacco è responsabile di quasi il 27% della deforestazione annuale del paese (Kägi & Schmid, 2010), e in Tanzania, ha portato a una perdita di circa 11.000 ha di Myombo (ecosistema caratterizzato da foreste secche e boschi tropicali) (OMS, 2017; Kägi & Schmid, 2010). Deforestazione che non si limita alla sola riconversione ad uso agricolo, ma che continua con il taglio e consumo di legname impiegato nella conservazione del tabacco (circa 11,4 milioni di t annue) e con la produzione di cartine, pacchetti e imballaggi. Il processo di deforestazione in corso, non solo contribuisce direttamente alla perdita di biodiversità, bensì colpisce anche indirettamente contribuendo alla produzione di anidride carbonica e formaldeide espirata, all’effetto serra (i gas ad effetto serra derivanti dalla combustione delle sigarette equivalgono a quelli emessi da 1,5 milioni di veicoli a motore ogni anno) e conseguentemente ai cambiamenti climatici.

Con il termine monocoltura si indica un tipo di sfruttamento del terreno che non prevede una rotazione della specie o della varietà di piante coltivate. Una mancata rotazione per più anni consecutivi comporta l’impoverimento e l’alterazione della struttura chimico-fisica del suolo. Il terreno viene sfruttato il più possibile rendendolo vulnerabile ad erosione ed esponendolo maggiormente alla diffusione di malattie; la pianta del tabacco assorbe dal suolo azoto, fosforo e potassio molto più quanto non facciano altre piante, impoverendolo e acidificandolo, favorendone quindi l’infertilità. Per far fronte a questa diminuzione di nutrienti vengono utilizzati grandi quantità di fertilizzanti e regolatori della crescita oltre che pesticidi chimici per combattere la presenza di insetti che potrebbero rovinare le foglie di tabacco. L’uso massiccio di questi prodotti, molti dei quali tossici, è complice dellinquinamento delle falde acquifere e dell’avvelenamento della fauna circostante oltre che tossico per l’uomo. 

Problematiche e danni indiretti: l’ambiente non risente del solo ciclo di coltivazione del tabacco. 

Una sigaretta contiene numerose sostanze tossiche (di 4000 sostanze chimiche contenute, almeno 250 sono note per esserlo), per il fumatore e per l’ambiente circostante. Queste vengono sprigionate sia dalla combustione stessa di una sigaretta che dall’espirazione del fumatore.

Il “mainstream smoke” o fumo espirato causa il rilascio in atmosfera di circa 6.000 t di formaldeide e 47.000 t di nicotina. Inoltre vengono rilasciate anche anidride carbonica, metano e nitrosi ossidanti, gas che contribuiscono all’aumento dell’effetto serra con un effetto paragonabile ai gas emessi da 1,5 M di veicoli a motore annualmente. Come se ciò non bastasse, il “sidestream smoke” o fumo prodotto tra una boccata e l’altra, rilascia il doppio della nicotina e 147 volte più ammoniaca rispetto al fumo prodotto durante l’espirazione. L’aumento della concentrazione dei gas serra, naturalmente presenti in atmosfera, è responsabile del surriscaldamento globale. Negli ultimi anni, il consumo massiccio di combustibili fossili, la deforestazione e l’immissione di sostanze tossiche e gas serra nell’ambiente hanno provocato un anomalo innalzamento della temperatura e un conseguente cambiamento climatico.

Oltre alla porzione di sigaretta che viene consumata dal fumatore l’inquinamento ambientale continua ad opera di un secondo vettore, il filtro o mozzicone. Lo scopo del filtro è quello di limitare l’assunzione delle sostanze tossiche contenute dalla sigaretta trattenendole al proprio interno e, proprio per questo, dopo aver fumato, diventa un rifiuto carico di sostanze tossiche. Questi rifiuti, se gettati negli appositi contenitori possono essere smaltiti, limitando i danni ambientali al “solo” processo di smaltimento.  Al contrario, quando vengono gettati per terra o in acqua, rappresentano una seria minaccia ambientale. Il report della SITAB rivela che, sebbene un singolo mozzicone non rappresenti una reale minaccia per l’ambiente, la questione cambia profondamente se si considerano tutti i mozziconi gettati a terra o in acqua dai fumatori ogni anno. Un mozzicone impiega da 1 a 5 anni per degradarsi e durante questo periodo continua a rilasciare sostanze tossiche nel terreno o nei bacini idrici, nel caso in cui non venga raccolto o ingerito. Numerosi sono infatti i mozziconi ritrovati nello stomaco di uccelli, pesci e tartarughe marine.

Un lavoro pubblicato dalla SITAB nel 2006 rivela che tra il 2002 e il 2006, nel solo Mar Mediterraneo i mozziconi rappresentavano circa il 40% dei rifiuti trovati (bottiglie e sacchetti di plastica rappresentavano rispettivamente “solo” circa il 9,5 e 8,5 %). Mentre, un lavoro più recente, divulgato dalla NBC e da Focus nel 2018, rivela che le sostanze contenute nei filtri sono state ritrovate nel 30% delle tartarughe e nel 70% degli uccelli analizzati. Sebbene questi dati potrebbero indurre a pensare che questo problema non riguardi anche l’uomo sarebbe opportuno considerare che l’ittiofauna rappresenta una componente fondamentale nella dieta umana e che il consumo di pesce è in costante aumento secondo la FAO. Questo significa che, oltre ad assumere le sostanze contenute in una sigaretta mentre questa viene fumata, l’assunzione continua in forma indiretta durante il consumo dei pasti.

Una terza problematica non trascurabile è legata agli incendi scaturiti dai mozziconi gettati in un bosco o in contesti in cui è presente del materiale infiammabile. Negli ultimi anni le sigarette prodotte sono provviste di strozzature lungo la cartina, grazie alle quali viene indotto l’autospegnimento nel caso in cui vi sia aspirazione. Questa soluzione limita la possibilità che degli incendi vengano generati dal mozzicone gettato, ma non la risolve. Sono numerosi, ancora ad oggi, gli incendi legati a questa tipologia di innesco. Il bollettino ufficiale di Regione Lombardia pubblicato ad inizio 2020 individua i mozziconi gettati come i responsabili del 12,92 % degli incendi involontari e della perdita di 208,41 ha.

Da rifiuti a possibili risorse: trovare una soluzione che migliori la gestione dei mozziconi di sigaretta è essenziale per tutelare la Terra e la biodiversità.

E’ di inizio anno la notizia riportata dal quotidiano La Repubblica secondo la quale il Centro Enrico Avanzi dell’Università di Pisa, in collaborazione con il CNR e il comune di Capannori, ha avviato un progetto della durata di tre anni, di nome “Focus” (Filter of cigarettes reUse Safely), che prevede la trasformazione dei mozziconi in biocarburante e materiale inerte per la coltivazione di fiori. Questo progetto prevede la separazione dei mozziconi nelle loro componenti biodegradabili per poi effettuare un lavaggio del filtro senza nessun tipo di trattamento chimico. L’acqua di lavaggio verrà poi decontaminata utilizzando delle alghe che, successivamente, saranno utilizzate come biomassa da utilizzare come biocarburante.

Un secondo progetto di ricerca, chiamato “Rinasce”, realizzato dalla divisione ricerca e sviluppo di AzzeroCO2 e l’istituto atmosferico del CNR si è occupato della conversione dei mozziconi di sigaretta in montature per occhiali. Anche se il processo di trasformazione deve essere ancora ottimizzato soprattutto dal punto di vista della resa e della gestione degli scarti in quanto, al momento, per produrre un paio di occhiali sono necessari circa 1000 mozziconi.

E’ il momento di ripensare il futuro e questi due progetti sono un esempio di gestione di scarti tossici e di economia circolare a favore dell’ambiente. Un rifiuto che provoca enormi danni al Pianeta può, se correttamente trattato, trasformarsi in una risorsa. Incentivare questo tipo di progetti e promuovere iniziative quali la Giornata Mondiale Senza Tabacco favorisce una maggiore presa di coscienza sugli impatti ambientali delle nostre abitudini e costituisce un passo in avanti nella tutela del Pianeta e della biodiversità.

Claudio Delfoco

Claudio Delfoco è laureato in Scienze della Natura e si occupa di monitoraggio e conservazione della fauna, in particolar modo di canidi selvatici. Ha monitorato e studiato un branco di lupi in provincia di Savona (2014 - 2016) e più branchi di sciacallo dorato in Friuli Venezia Giulia (2017 - 2019). Dal 2015 partecipa a periodici censimenti e monitoraggi di lupo, lepre europea, capriolo e cervo in collaborazione con l’Università degli Studi di Pavia e, da ottobre 2019 ad oggi, collabora con Kosmos, museo di Scienze Naturali di Pavia.

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