Ecoansia: la crisi climatica impatta sulla nostra salute mentale
Si tratta di un fenomeno emergente, riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale come sempre più diffuso e ancora difficile da indagare
La crisi climatica sta prendendo con sempre più prepotenza spazio sulla scena del teatro mondiale: oltre ad impattare a livello globale sull’ambiente, sull’economia di tutto il mondo, sta colpendo anche la salute mentale. Si chiama “ecoansia” la preoccupazione che nasce quando si pensa al futuro climatico del Pianeta. Secondo varie ricerche, sono soprattutto i giovani quelli che si sentono sempre più angosciati per il domani. Secondo un’indagine svolta dalla rivista scientifica inglese “The Lancet”, i ragazzi tra i 16 e 25 anni considerano il futuro spaventoso; più della metà degli intervistati si dichiara triste, arrabbiata e impotente nel migliorare la situazione climatica. Secondo i dati dell’Istituto Noto elaborati da Repubblica, a guardare al futuro con pessimismo però non sono solo i giovani ma il 72% degli italiani, praticamente 3 cittadini su 4, preoccupati per i cambiamenti climatici.
Si tratta di un fenomeno emergente, riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale come sempre più diffuso e ancora difficile da indagare. Il termine ecoansia fu coniato da Albrecht Glenn, professore di sostenibilità presso l’università australiana di Murdoch, in uno scritto del 2011 in cui descrisse una sindrome emergente conseguente al cambiamento climatico definendola “sindrome psicoterratica”. Essa nasce dalla relazione tra l’individuo e l’ambiente ed identifica la connessione tra lo stato della terra e la salute mentale. Fanno parte di tale sindrome: la solastalgia, il senso di perdita, di distacco dall’ambiente e l’ecoansia, la preoccupazione, la paura per il destino del Pianeta da un punto di vista ambientale a causa dei cambiamenti climatici.
L’American Psychological Association l’ha definita una “paura cronica del destino ambientale” che può esprimersi con un lieve stress fino a veri e propri disturbi clinici. Del resto anche l’OMS evidenzia come il cambiamento del clima stia diventando una minaccia sempre più concreta per la salute mentale e il benessere sociale. Molti giovani si sentono impotenti e delusi dalle generazioni più anziane che non stanno facendo abbastanza per affrontare la crisi. Si sentono intrappolati in una specie di ingiustizia intergenerazionale.
É quindi in costante crescita il numero di individui che sperimenta una sensazione di angoscia legata alla crisi ambientale globale anche senza subirne gli effetti diretti o indiretti. Anche solo conoscere le conseguenze dei cambiamenti climatici attraverso i media e altre fonti di informazione, senza pure averne una esperienza in prima persona, può avere un impatto sulla salute mentale.
Diversi studiosi hanno proposto di distinguere fra 3 diversi tipi di impatto dei cambiamenti climatici sulla salute mentale: diretti, indiretti e vicari. La maggior parte della ricerca scientifica si è concentrata sui primi, quelli che si verificano dopo un evento meteorologico estremo, come un’alluvione, un terremoto o un uragano. Queste gravi interruzioni della vita quotidiana, infatti, possono favorire l’insorgenza di disturbi da stress post-traumatico o forme di depressione, ansia, abuso di droghe e pensieri suicidi. Anche gli impatti indiretti possono influenzare la salute mentale, per via del loro effetto sull’economia, sulle migrazioni, sulle infrastrutture sociali, sulla carenza di cibo e acqua e sui conflitti; tutti fenomeni collegabili a stress, dolore, ansia e depressione.
Non esiste una diagnosi vera e propria di ecoansia e tale condizione non è considerata ufficialmente una patologia a tutti gli effetti. Tuttavia è indubbio che un numero crescente di persone sperimenti forme depressive e sintomi ansiosi in connessione alle sorti della Terra: da un lato le forti emozioni possono portare all’azione e alla mobilitazione, consentendo di cambiare le proprie abitudini e di aiutare il Pianeta, dall’altro possono determinare una paralisi di fronte all’immensità del problema ecologico e alla sua negazione. Le persone si muovono lungo questo spettro a seconda di diversi fattori, comprese le loro risorse emotive, la rete di supporto sociale che hanno a disposizione e il contesto globale in cui agiscono.
Trattandosi di un fenomeno nuovo, l’ecoansia è ancora al centro di dibattito scientifico ma i ricercatori sono concordi nell’affermare che la partecipazione civica e l’attivazione possano rappresentare uno spazio concreto per promuovere l’impegno e il benessere psicologico. Scegliere di agire, magari attraverso il volontariato, serve per contrastare gli stati di ansia e depressione legati ai cambiamenti climatici, superare le paure e il malessere che deriva dal senso di impotenza.
Molto importante è anche ristabilire un nuovo contatto con la natura, attivarsi in forma collettiva, nelle comunità, organizzandosi e realizzando azioni concrete come attività di pulizia e ripristino del verde, di messa a dimora di alberi, attraverso la biodanza, vivendo a pieno i pochi spazi verdi o quelli culturali: queste azioni che possono aiutare a combattere le solitudini e il senso di impotenza, per condividere le emozioni negative e il senso di inadeguatezza lasciando spazio ad emozioni positive e rispondere così alle problematiche psicologiche individuali e collettive.