Di giustizia e partecipazione. Dare ai giovani gli strumenti per affrontare la crisi climatica. Conversazione con Giulia Persico
Il cambiamento climatico è un moltiplicatore di minacce e rischia di invertire i progressi di sviluppo sociale conquistati duramente nel corso dei secoli. Pianificare e agire in fretta, anche per non ripetere gli errori di iniquità commessi durante la pandemia.
Il sistema si è inceppato, mostrando tutte le sue lacune, limiti e debolezze. La pandemia causata dal Covid-19 ha evidenziato a chiare lettere come, in una situazione di emergenza, si sia dovuto penalizzare qualcosa. Questo qualcosa, è dipeso da poteri e priorità sulle quali la nostra società ha deciso di basarsi.
Anche la vita sulla Terra si sta inceppando, sempre a causa di scelte e priorità poste dall’attuale modello di sviluppo. L’umanità sta maturando un pesante deficit ecologico utilizzando più risorse di quelle rinnovabili, i cambiamenti climatici, già in atto, stanno condizionando negativamente la vita di molte persone e gli scenari posti dall’IPCC, mostrano che i fenomeni ad esso collegati siano destinati ad intensificarsi nei prossimi decenni. Senza azioni di mitigazione e adattamento dei cambiamenti climatici e senza il passaggio ad un modello di sviluppo considerabile sostenibile, ci troveremo di fronte a maggiori ed inedite condizioni di emergenza che, come abbiamo sperimentato sulla nostra pelle, sono estremamente complesse da gestire.
Molte persone si stanno già mobilitando chiedendo a gran voce un cambiamento: tra queste, ci sono gli attivisti per il clima ai quali la nostra rubrica ClimAttivisti è dedicata.
Il cambiamento climatico è un moltiplicatore di minacce e rischia di invertire i progressi di sviluppo sociale conquistati duramente nel corso dei secoli. Per affrontare questa tematica, abbiamo chiacchierato con Giulia Persico, praticante avvocato, ricercatrice e attivista del team sezione giovani di Italian Climate Network.
Di origine abruzzese, ha da sempre un forte legame con il territorio, lo stesso che, regalandole i benefici e la bellezza della natura, le ha trasmesso il valore della tutela ambientale. Giulia ha scelto di indirizzare le sue ambizioni accademiche, professionali e di attivismo verso una rotta che le permettesse di occuparsi di ambiente e di clima, in modo concreto e su più livelli.
“Uno degli eventi che ha cambiato la mia vita è avvenuto durante l’università. Studiavo giurisprudenza e ai giuristi veniva data l’occasione di assistere ad autopsie giudiziarie. Durante un’autopsia, vidi che una delle persone analizzate aveva dei polmoni a macchie. Chiesi al docente se si trattasse di uan fumatore e lui mi rispose “si tratta di un milanese”. Mi spiegò infatti che le polveri sottili si posizionano sul polmone nel modo che stavamo osservando, ovvero “a macchie”. Mi informai sulla situazione della qualità dell’aria nel bacino padano e mi resi conto delle gravi conseguenze che la qualità dell’aria può avere sulla salute delle persone”.
Sappiamo infatti che i principali centri urbani padani sono tra le città europee che registrano il maggior numero di decessi prematuri causati dalla pessima qualità dell’aria, resa tale della quantità di emissioni e della particolare conformazione del bacino padano. La particolare conformità del bacino padano però, non può e non deve essere considerato motivo di non azione o di mancanza di soluzioni, ma un incentivo ad affrontare in modo strutturale la problematica.
Questo tipo di sensibilità ambientale per Giulia è cresciuto nettamente sempre durante il periodo universitario, raggiungendo un altro livello di consapevolezza e azione, in questo secondo caso in merito al cambiamento climatico.
“Facevo parte dell’MSOI, il movimento studentesco per l’organizzazione internazionale (sezione giovanile della SIOI – società italiana per l’organizzazione internazionale .ndr) e andai a fare una simulazione del Consiglio Artico a Roma. Fu una esperienza molto bella, interpretavo il popolo delle renne, quindi dovevo occuparmi dei diritti umani legati al clima e al cambiamento climatico. Lì capii che la mia strada era il clima. Capii di voler fare la giurista e di poter essere utile per contribuire alla lotta alla crisi climatica proprio facendo la professione che avevo scelto. Con il tempo ho capito che è proprio questo il punto: nessuno deve rinunciare alle proprie aspirazioni, ma ogni professione si deve trasformare per affrontare questa sfida.”
Un altro aneddoto significativo del percorso di Giulia, dal quale emerge indubbiamente una forte determinazione e la volontà di agire concretamente, caratteristiche che lei stessa definisce “indispensabili per provare generare un reale cambiamento”, è stata la possibilità di affiancarsi a Stefano Caserini, socio fondatore di Italian Climate Network e docente di Mitigazione al Cambiamento Climatico al Politecnico di Milano. Per il suo progetto di tesi Giulia infatti, affiancata da Caserini, è riuscita a coniugare giurisprudenza, ingegneria e cambiamento climatico affrontando e analizzando dal punto di vista giuridico il progetto di ricerca Desarc-Maresanus, il quale tratta due questioni di grandissima rilevanza: l’aumento delle concentrazioni di biossido di carbonio (CO2) in atmosfera e la conseguente acidificazione degli oceani.
Questo fa emergere un altro elemento molto importante, ovvero l’importanza del trasferimento di conoscenza tra generazioni: “Un ragazzo giovane deve avere la possibilità di affiancarsi ad un mentore che lo indirizzi, i giovani devono essere aiutati, altrimenti c’è totale disorientamento. Questa cosa deve partire dall’Università, come è accaduto per me, anche se sarei stata molto felice di affrontare le tematiche relative al cambiamento climatico già al liceo. Il tutto nell’ottica di mostrare che c’è la possibilità di agire senza rinunciare alle proprie ambizioni, ma declinandole al perseguimento di uno scopo di importanza globale come quello del contrasto dei cambiamenti climatici”.
Proprio in quest’ottica, IconaClima ha dato vita alla rubrica Professioni&Clima, dedicata al mondo professionale che sta crescendo intorno alla lotta al cambiamento climatico e a tutti coloro che vorrebbero farne parte e il percorso professionale di Giulia Persico, in questo senso, può essere preso come esempio: “Per la pratica forense, ho scelto di lavorare con un avvocato, Veronica Dini, che da anni si occupa di contenziosi legati al clima e all’ambiente.” Giulia lavora inoltre con lo European Institute on Economics and the Environment su politiche di Just Transition, gestendo ReNEWT, un network di ricercatori sulla JustTransition; Ci spiega infatti che “la transizione alla neutralità climatica dovrà porre al centro i diritti dei lavoratori e assicurare che questo processo non lasci davvero indietro nessuno”.
Proprio sul legame tra giustizia e crisi climatica le abbiamo chiesto come, secondo lei, l’esperienza della pandemia ci può servire per affrontare la crisi climatica.
“La crisi climatica è una pandemia al rallentatore, io sposo questa definizione. Quello che ci può insegnare la pandemia è l’importanza della pianificazione. Questo incarna anche un principio del diritto internazionale molto importante, ovvero il principio di prevenzione. Non possiamo pensare di affrontare la crisi climatica aspettando che gli effetti -che già ci sono- diventino sempre più gravi, perché gli scenari futuri li conosciamo, le proiezioni dell’IPCC segnano un trend ben preciso. Quello che può essere un game changer, è che ora le persone si stanno rendendo conto che questo è il tema su cui ci dobbiamo concentrare. Il sistema in cui viviamo, con la pandemia Covid-19, ha mostrato tutte le sue lacune e la sua inadeguatezza acuendo le diseguaglianze già presenti nella società e anche per non ripetere gli errori di iniquità commessi durante la pandemia, deve esserci pianificazione”.
La pianificazione è uno strumento fondamentale anche per proteggere la fragilità che già esistono, negli ultimi mesi abbiamo sentito molti dati di sintesi sull’impatto della Covid-19 sul mercato del lavoro, ma per capire veramente chi è rimasto indietro, più che di sintesi c’è necessità di analisi. Una prima analisi è rappresentata dal rapporto pubblicato di recente da Istat in collaborazione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Inps, Inail e Anpal: Il Mercato del Lavoro 2020. Da questo rapporto emerge un dato significativo: la percentuale di donne che ha perso il lavoro nel 2020 è stata doppia rispetto a quella degli uomini. Un dato, che preso così può voler dire tutto ma anche niente, aggiungiamo quindi che: il divario di genere che si è creato durante il primo lockdown ha mantenuto lo stesso trend negativo per tutti i mesi successivi e che del totale delle persone reinserite nel mercato del lavoro, la percentuale minore riguarda sempre la componente femminile. Non è la pandemia ad aver escluso le donne, ma l’attuale assetto della società e l’assenza o l’inconsistenza di applicazione di politiche attente alla disparità di genere.
“Bisogna porre l’attenzione anche sulla figura delle donne che – come abbiamo visto – hanno subito di più anche in pandemia. La cosa si ripeterà anche con il cambiamento climatico se non impareremo a dedicare una attenzione totale all’equità di genere anche attraverso politiche che non siano di pink-washing ma che siano attente a questa disparità incredibile tra generi che ancora esiste”.
Sempre rispetto al ruolo delle politiche e alla politica, Giulia ci spiega che “Un altro aspetto che la pandemia ha messo in luce, è il legame tra politica e salute e la relativa importanza di avere dei decisori che mettono al primo posto le persone, quindi anche l’ambiente in cui vivono, piuttosto che il profitto. Ho timore che il tentativo di cambiare i comportamenti degli attuali decisori, potrebbe essere uno spreco di tempo e di risorse, invece credo fortemente nella forza che potrà avere la formazione di nuove persone in grado di diventare decisori politici con nuove consapevolezze e senso di responsabilità. Sicuramente dobbiamo continuare a pretendere un cambiamento sistemico, anche attraverso piccole azioni anti-sistemiche”.
Anche nel nostro paese, considerato un hot-spot del cambiamento climatico, gli effetti sono già tangibili e i dati esortano ad una azione immediata, come ci ricorda Giulia: “Dobbiamo tenere a mente che non è più possibile rimandare e dobbiamo muoverci insieme all’Unione europea”
Come illustrato nell’articolo Informazione e ambiente: situazione italiana e prospettive future, le tematiche ambientali vengono trattate dai media quasi esclusivamente in relazione all’economia, si parla di stime sulle perdite economiche causate e causabili dalla crisi climatica e di vantaggi economici della transizione verde, in particolare legati ai fondi del Next Generation EU. Legittimo, ma non esaustivo, in quanto penalizza fortemente la contestualizzazione della crisi climatica come questione di diritti umani.
“C’è sicuramente un problema che si sta cercando di sanare e lo dico perché ho visto un cambiamento: si parla molto di crisi climatica rispetto agli anni passati. Il punto ora è la qualità. Nella narrazione dei media c’è una totale mancanza di riferimento agli effetti diretti e indiretti della crisi climatica sulle persone, quindi di collegamento tra giustizia climatica -che poi è giustizia sociale- e il cambiamento climatico. Questo accade in parte perché ci sono ancora pochi esperti che approfondiscono e divulgano le questioni dei diritti umani in relazione al cambiamento climatico. Detto ciò, è comunque necessario ripensare alla formazione per i giornalisti e gli operatori dei media, altrimenti il rischio è quello di confondere le persone. Bisogna informarsi prima di fare l’informatore. In ottica futura, avere una prima infarinatura già alle scuole primarie e percorsi di formazione ad hoc, potrebbero dimostrarsi strumenti utili.”
Giulia Persico è contact point del WG dei diritti Umani di YOUNGO, la costituency dell’UNFCCC delle ONG giovanili per il clima e fa parte della sezione Giovani del team di Italian Climate Network, grazie al suo aiuto teniamo la lente d’osservazione sui giovani chiedendole se, secondo lei, è facile oggi per i ragazzi avvicinarsi sia in termini di conoscenza che di partecipazione alla vita pubblica.
“Secondo me è necessario che i giovani si approccino alla vita pubblica, però deve passare il messaggio che fare politica non vuol dire solo «far parte di un partito». Per me si fa politica, ad esempio, anche facendo giornalismo di qualità o attivismo di qualità, tutto è politico. Si può partecipare alla cosa pubblica attraverso tantissimi modi che vanno al di là dei partiti, ad esempio attraverso le associazioni che mantengono alta l’attenzione sulle questioni che riteniamo importanti. Detto ciò, credo anche che dovrebbero essere riservati dei ruoli ai giovani nelle compagini politiche partitiche, perché se più giovani entrassero nelle stanze delle decisioni magari avremmo politiche più attente ai temi che ci stanno a cuore. Un ingresso che sia effettivo e non solo di facciata, per evitare il pericolo per i giovani attivisti di essere strumentalizzati”.
Ma sulla partecipazione all’interno delle compagini politiche c’è ancora molto lavoro da fare e una diffidenza da superare: “Vedo un po’ di “vergogna” del fare politica, vedo che le persone sono restie ad entrare in politica e anche questo deve cambiare altrimenti non avremo mai realmente voce in capitolo. É nella politica che si prendono le decisioni e per far passare questo sentimento di sfiducia è necessario che la politica dimostri di saper dare seguito alle parole con delle azioni concrete”.
Giulia Persico è una attivista per il clima, è portatrice di nuove consapevolezze e conoscenza nella scuola, nel mondo del lavoro e nella vita di tutti i giorni. “Il fil rouge del mio percorso è sempre stato: come faccio a rendermi il più utile possibile? Servono tanti livelli di attivismo, locale, nazionale e internazionale. Prospettive che devono viaggiare insieme ed interconnesse.”
Per questo appuntamento ci salutiamo con una considerazione importante, forse tra le più importanti che oggi dobbiamo tenere tutti bene a mente:
“Dobbiamo riconoscere il privilegio che abbiamo. Il privilegio di non convivere con i disastri naturali che piegano e condizionano la vita in altre parti del Mondo, il privilegio di avere gli strumenti e la libertà di esprimerci e contrastare la crisi climatica. Dobbiamo fare qualcosa per tutti perché abbiamo il potere e la possibilità di farlo, dando così voce anche a chi questo potere e questa possibilità non ce l’ha“.