Non c’erano mai stati così tanti lobbisti del fossile a una COP sul clima
Quest'anno la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima, la COP28, ha ammesso almeno 2.456 persone affiliate alle industrie dei combustibili fossili. Sono quasi 5 volte quelle presenti a Glasgow nel 2021
Alla COP28 sul clima, in corso in questi giorni a Dubai, ci sono almeno 2.456 lobbisti legati all’industria dei combustibili fossili.
È un numero immenso, un nuovo record che si distacca enormemente dalle cifre registrate agli ultimi vertici. Secondo le stime, alla COP26 di Glasgow c’erano 503 persone affiliate alle industrie del petrolio e del gas; alla COP27 di Sharm el-Sheikh erano 636: una cifra che allora era apparsa spropositata e che è invece stata praticamente quadruplicata nel vertice di quest’anno.
Questi dati, già così allarmanti, sono ancora più significativi in una situazione critica come quella di questa COP28, guidata da un presidente che è anche CEO della Adnoc, la compagnia petrolifera di stato degli Emirati Arabi Uniti, e che – come si era scoperto solo due giorni fa – si è lasciato andare a dichiarazioni estremamente gravi e antiscientifiche sul ruolo dei combustibili fossili nella lotta alla crisi climatica.
Dubai, le incredibili dichiarazioni del presidente di COP28
Alla COP28 i lobbisti del fossile sono sette volte più numerosi dei rappresentanti delle comunità indigene, e superano anche quasi tutte le delegazioni nazionali
A rivelare la presenza senza precedenti dei rappresentanti delle lobby fossili è stata la coalizione Kick Big Polluters Out, che denuncia: è una cifra superiore a quella di quasi tutte le delegazioni nazionali, a eccezione solo del Brasile – che è rappresentato da 3.081 delegati e fra due anni dovrebbe ospitare la COP30 – e degli Emirati Arabi Uniti, che come ospiti della COP28 ne hanno portati 4.409.
Se poi prendiamo in considerazione le dieci nazioni più vulnerabili dal punto di vista climatico, neppure messi insieme tutti i loro delegati si avvicinano, in numero (appena 1509), ai rappresentanti del fossile. Un dato che rende bene l’idea di come la presenza di chi è in prima linea nella crisi impallidisca di fronte a quella dell’industria, sottolineano gli attivisti.
Impressionante anche il paragone con i lobbisti ufficiali delle comunità indigene, il cui numero è sette volte inferiore a quelli del fossile.
E la stima, avverte Kick Big Polluters Out, è probabilmente al ribasso: la coalizione «conta solo i delegati che rivelano apertamente i loro collegamenti con gli interessi sui combustibili fossili, e non quelli che accedono ai colloqui utilizzando una diversa affiliazione professionale. La KBPO si è inoltre affidata esclusivamente a fonti pubbliche come siti web aziendali, copertura giornalistica o database come InfluenceMap per collegare i delegati agli interessi sui combustibili fossili».
Anche se effettivamente non si era mai vista una presenza della lobby fossile importante come quella della COP28, è necessario tenere conto del fatto che l’industria dell’oil & gas ha sempre seguito (e influenzato) i negoziati sul clima, e che fino all’anno scorso il numero di persone che la rappresentavano è stato probabilmente sottovalutato in modo significativo. Solo da quest’anno, infatti, è diventato obbligatorio rivelare chi si rappresenta alle COP sul clima, facendo uscire allo scoperto molti lobbisti che avrebbero altrimenti partecipato in incognito.
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