Coronavirus: le drastiche misure contenitive fanno crollare le emissioni inquinanti in atmosfera
Viaggi ridotti al minimo, attività industriale limitata, cancellazione di grandi eventi: ci volevano queste azioni intransigenti per ridurre la CO2
La drammatica e devastante situazione determinata dal dilagare del coronavirus, tra le mille certezze individuali e sociali spazzate via in un baleno, porta però anche un dato certo: nel momento in cui vertici politici, istituzioni e mondo aziendale si uniscono in un unico intento, è possibile perseguire in modo coordinato e unanime il benessere dell’uomo. Perché la stessa cosa non dovrebbe avvenire anche di fronte all’emergenza planetaria, di cui si parla instancabilmente da anni, causata dal riscaldamento globale e dai cambiamenti climatici?
È sconfortante da ammettere, ma ci è voluto un evento della portata del coronavirus per ridurre le emissioni di carbonio in modo sostanziale. Parliamo di una diminuzione delle emissioni globali mai registrata prima della gravissima crisi finanziaria del 2008-2009. L’aver attuato determinati comportamenti contenitivi (riduzione drastica dei viaggi, limitazione all’attività industriale, cancellazione di grandi eventi, etc.) ha fatto crollare le emissioni di anidride carbonica in atmosfera. Affinché questi risultati non restino però una semplice contingenza legata alla nostra “ora più buia”, ma assumano una continuità e diano avvio pertanto a un circolo virtuoso, occorre che l’“agire sulla base di necessità” da parte dei governanti si tramuti in “agire sulla base di consapevolezza”.
A tal proposito giungono emblematiche le parole che Rob Jackson, presidente del Global Carbon Project, ha rilasciato al celeberrimo quotidiano britannico Guardian. Jackson, in particolare, si riferisce alla drastica diminuzione dei voli su scala globale (-43%), essendo l’aviazione una tra le fonti di emissioni inquinanti principali al mondo e in continua, inesorabile espansione. “Se cambiassimo il modo in cui viaggiamo– afferma Jackson- potrebbe fare, ad esempio, più incontri virtuali“, ha detto. Altrimenti, gli unici risvolti positivi della drammatica emergenza che stiamo vivendo (ossia la riduzione dell’inquinamento atmosferico) verranno resi vani. “Se le emissioni di gas diminuiscono solo temporaneamente, anche se in modo massiccio– prosegue- non si tratterà di un cambiamento significativo a lungo termine- a meno che non ci colpisca poi in una recessione globale. Nessuno lo voleva nel 2008 e nessuno lo vuole ora”.
Per quanto riguarda nello specifico le emissioni di anidride carbonica, va sottolineato che, dall’insorgere dell’emergenza coronavirus, la Cina ha avuto un beneficio climatico stimabile in circa 200 megatonnellate di CO2 in meno immesse nell’atmosfera. Un’inversione che possiamo sperare sia permanente o soltanto un rallentamento momentaneo? Corinne Le Quéré, docente di scienza dei cambiamenti climatici all’Università dell’East Anglia, opta per il secondo caso. “Negli ultimi 10 anni– dice- le emissioni sono cresciute a un tasso annuale dell’1%, ovvero circa 317 megatonnellate. Quindi, per parlare di una riduzione su scala annuale, nel 2020 si dovrebbe avere un abbassamento ancora più massiccio. Vista la situazione, questo potrebbe essere plausibile, ma è ancora presto per esprimerci in merito“.
In ogni caso, questo rallentamento nelle emissioni rappresenta comunque un elemento a favore nel guadagnare tempo per agire a favore dell’ambiente. L’emergenza coronavirus dimostra che le azioni radicali funzionano: a favore dell’ambiente, un abbassamento del prezzo delle energie rinnovabili, i progressi nell’ambito delle tecnologie a favore dell’ambiente e una maggiore pressione pubblica sui governi funzionerebbero dunque altrettanto bene. “Abbiamo visto chiaramente che, quando i governi si trovano di fronte a un’emergenza come quella sanitaria– conclude la studiosa-, essi agiscono immediatamente con misure commisurate alla minaccia. Tale valutazione non è stata ancora fatta nel caso del cambiamento climatico, nonostante gli stessi governi abbiano dichiarato che si tratta di una vera e propria emergenza”. Non resta che sperare in un radicale cambiamento nella consapevolezza sia individuale che sociale e politica. Se non adesso, quando?