Criptovalute e mining generano emissioni come 6 milioni di auto ogni anno
Mentre si cerca di accelerare sul taglio delle emissioni, per frenare il riscaldamento globale e la crisi climatica, ci sono alcuni settori della nostra economia che richiedono una grande quantità di energia, generando emissioni, inquinamento, con impatti locali e su scala globale.
La produzione globale di elettricità per le criptovalute con le maggiori capitalizzazioni di mercato ha prodotto un totale di 140 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno (Mt CO2/a), circa lo 0,3% delle emissioni globali annue di gas serra. Secondo gli ultimi dati, l’utilizzo totale globale di elettricità per le criptovalute è compreso tra 120 e 240 miliardi di kilowattora l’anno. Si tratta di un quantitativo che supera il consumo totale annuo di elettricità di molti singoli paesi, come Argentina o Australia1.
Un recente report pubblicato dalla Casa Bianca, ha analizzato l’impatto delle criptovalute e del processo di mining che, con le attuali tecnologie, attualmente richiede una notevole quantità di elettricità per la generazione, la proprietà e lo scambio di asset. Secondo gli ambientalisti le criptovalute potrebbero mettere a rischio il raggiungimento degli sforzi più ampi che puntano a raggiungere emissioni zero e quindi gli impegni ed obiettivi climatici degli Stati Uniti.
L’impronta di carbonio dell’industria statunitense dei bitcoin sta aumentando a una velocità impressionante. Alcuni gruppi ambientalisti degli USA hanno esortato gli stati degli Stati Uniti a prendere in considerazione di vietare nuove operazioni minerarie per aiutare a proteggere il Pianeta. Secondo un rapporto pubblicato dalle associazioni ambientaliste EarthJustice e Sierra Club, le emissioni di 6 milioni di auto ogni anno. L’impronta del settore è stata di 27,4 milioni di tonnellate di CO2 dalla metà del 2021 al 2022 – tre volte quella della più grande centrale a carbone degli Stati Uniti.
Si stima che gli Stati Uniti ospitino circa un terzo delle operazioni delle criptovalute globali, che oggi rappresentano dallo 0,9% all’1,7% circa del consumo totale di elettricità negli Stati Uniti. Praticamente il suo utilizzo di elettricità è paragonabile a quella di tutti i computer domestici o di tutta l’illuminazione residenziale degli Stati Uniti. Parlando strettamente di mining, nel 2020 gli USA ospitavano solo il 3,5% delle miniere di criptovalute, oggi ne ospita quasi il 38%. Questa rapida crescita è stata dettata anche dalla decisione del governo cinese, che nel 2021 ha fortemente limitato l’estrazione di bitcoin, portando molte aziende a trasferire o espandere la propria presenza negli Stati Uniti.
L’utilizzo dell’elettricità può cambiare man mano che le miniere di criptovalute aumentano o diminuiscono le loro attività in risposta alle fluttuazioni del valore di mercato e quando adottano nuove apparecchiature e tecnologie. L’utilizzo annuale di elettricità globale di criptovalute è cresciuto di oltre il 67% da luglio 2021 a gennaio 2022, per poi diminuire del 17% ad agosto 2022. La possibile rapida crescita delle criptovalute e il relativo consumo di elettricità solleva però preoccupazioni per i rapidi aumenti del consumo di elettricità e i conseguenti impatti sui consumatori e sulla rete.
L’impronta di carbonio dell’industria statunitense dei bitcoin sta aumentando a una velocità vertiginosa. “Le emissioni di questo settore, estremamente energivoro, potrebbero impedirci di raggiungere gli obiettivi climatici” – ha affermato Jeremy Fisher, analista energetico dell’organizzazione no profit Sierra Club e coautore del rapporto. “Siamo a un punto di svolta. Stiamo cercando di decarbonizzare in modo rapido… ma le miniere di Bitcoin potrebbero annullare alcuni di questi progressi”.
I gruppi industriali di Bitcoin si difendono dalle accuse, sostenendo che il settore delle criptovalute in realtà sia più ecologico di altre industrie pesanti. Il Bitcoin Mining Council, che rappresenta alcuni dei principali attori del settore, ha pubblicato dati che dimostrano come più della metà dell’energia utilizzata dai suoi miner provenga da fonti rinnovabili. Alcuni hanno effettivamente firmato accordi con fornitori di energia rinnovabile, altri “fanno solo greenwashing”. Alcuni infatti ricorrono ai crediti di carbonio o alle compensazioni, tattiche che secondo Fisher mirano a nascondere il vero impatto del mining di criptovalute sul clima.
- Climate and Energy Implications of Crypto-Assets in the United States. The White House – September 2022