Crisi climatica ed economia, l’importanza di pensare a lungo termine per salvarci dal “cigno verde”
Quando “prevenire è meglio che curare”, non dovrebbe essere considerato solo un banale detto popolare
La crisi sanitaria dovuta alla pandemia da Covid-19 sta avendo e avrà un forte impatto negativo sull’economia globale, secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, il PIL globale quest’anno potrebbe calare del -4,4%, peggio della crisi economica del 2008-2009. Ma tutto questo è niente, rispetto alle proiezioni delle perdite economiche di lungo termine previste entro la fine del secolo a causa della crisi climatica.
Secondo una analisi del National Bureau of Economic Research statunitense, se le temperature dovessero continuare ad aumentare con lo stesso ritmo degli ultimi anni (+0,04°C all’anno), nello scenario climatico peggiore (RCP 8.5) il PIL pro capite globale potrebbe crollare del 7,22% entro il 2100.
Uno scenario climatico rappresenta una possibile strada di sviluppo futuro dal punto di vista economico e ambientale, con “scenario climatico peggiore” si intende la proiezione di quello che accadrà in assenza di azioni di mitigazione della crisi climatica.
Se una contrazione del PIL, a parole, può non impressionare, traducendola in fatti significa: perdita di reddito, di posti di lavoro, imprese e famiglie in difficoltà economiche importanti, talvolta irreversibili. Pensate ai sintomi che già osserviamo oggi a causa del prolungarsi della pandemia, e moltiplicateli in proporzione.
Le conseguenze economiche negative di lungo termine della crisi climatica colpiranno tutti i Paesi, ricchi o poveri, caldi o freddi che siano.
Ad inizio anno, la Banca dei regolamenti internazionali, conosciuta anche come “la banca centrale delle banche centrali”, ha coniato il concetto di “cigno verde” per introdurre nei tavoli di discussione economico finanziari, la possibilità di una crisi economica catastrofica dovuta alla crisi climatica.
L’istituzione ha riadattato il concetto di “cigno nero” di Nassim Nicholas Taleb, alla variabile climatica. Il termine “cigno nero” è stato introdotto dall’omonimo Best Seller di Taleb nel 2007 in concomitanza con la crisi causata dai mutui americani subprime, di cui gli effetti influenzano ancora oggi le economie di tutto il mondo.
Con esso ci si riferisce ad un evento imprevedibile, capace di causare un shock sistemico e destabilizzare interi sistemi politici ed economici. I “cigni verdi” presenterebbero caratteristiche tipiche dei “cigni neri”, ma con una differenza sostanziale rilevante.
I cigni verdi, a differenza dei cigni neri, possono essere mitigati da azioni di prevenzione, questo perché c’è la consapevolezza fondata su basi scientifiche che un giorno i rischi del cambiamento climatico si concretizzeranno, mentre invece i cigni neri sono eventi non prevedibili con modelli di analisi basati sulle serie storiche. La forza dei dati scientifici e delle proiezioni future deve essere sfruttata con la consapevolezza del fatto che i cigni verdi avranno conseguenze molto più gravi delle classiche crisi finanziarie, metteranno in pericolo l’umanità e innescheranno reazioni a catena di complessità maggiore.
Se le proiezioni future spaventano, bisogna tenere conto del fatto che ci sono due buone notizie che viaggiano in parallelo a queste proiezioni catastrofiche. La prima è che parte delle azioni di mitigazione sono già contenute negli Accordi di Parigi e le nuove consapevolezze portate alla luce dalla crisi sanitaria, stanno orientando molti stati del mondo verso scelte sostenibili che includono politiche verdi di transizione climatica; la seconda è che la scienza ci sta già dando sufficienti informazioni per prevenire lo scenario peggiore. È tempo di pensare al lungo-termine per rialzarci da una crisi, evitandone un’altra.
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