NFT, minaccia o risorsa per l’ambiente?
Alte emissioni di gas serra, ma anche nuova opportunità per la conservazione della natura
Quando si parla di NFT e di mondo cripto, sono molte le accuse mosse da ambientalisti e non mosse dalle elevate emissioni di gas serra che generano, ma in qualche modo questi potrebbero anche strumenti utili per salvare l’ambiente. Vediamo quali sono le due facce del mondo degli NFT in merito all’impatto ambientale.
NFT dannosi per l’ambiente a causa delle elevate emissioni di CO2
Affiancare NFT e blockchain ad obiettivi sostenibili per molti potrebbe essere un controsenso. La tecnologia su cui si basano infatti richiede una grande quantità di energia e quindi di emissioni di gas serra. Negli scorsi mesi ci sono state infatti molte discussioni sull’impatto ambientale delle opere NFT.
Il WWF inglese, ad esempio, aveva lanciato ad inizio febbraio i suoi NFT, ma a causa delle critiche ricevute è stato costretto ad interrompere il suo processo Nft poco dopo averlo lanciato.
Just 24 hours to go… ⏳
Our #WWFTokensForNature focus on 13 endangered species ???
Releasing our NFTs on the eco-friendly @0xPolygon blockchain, each transaction has the equivalent carbon emissions of a glass of tap water.
Join the discussion: https://t.co/T6l20zFpnA pic.twitter.com/urFOjZRDE7
— WWF UK (@wwf_uk) February 2, 2022
Per chi non li conoscesse, gli NFT sono “non-fungible tokens” , una sorta di gettone non riproducibile e non fungibile che attesta la proprietà di un bene unico, fisico e non. Gli NFT oggi sono esplosi: in un solo anno le vendite sono aumentate di 200 volte, passando da un totale di 74 milioni di euro nel 2020 a ben 16 bilioni nel 2021. Lo scorso anno il numero di compratori è aumentato del 2962%, mentre i venditori del 3669%
Ma dal punto di vista ambientale questa nuova forma di “collezionismo” e di scambio di proprietà, ha ancora molto da fare. La maggior parte dei marketplace per gli NFT oggi avviene tramite Ethereum che, praticamente come Bitcoin, opera attraverso un processo chiamato “mining“, miniere che richiedono moltissima energia.
Difficile capire oggi quanto le attività di mining facciano affidamento sulle energie rinnovabili. Fatto sta che il loro funzionamento richieda molta energia, il che significa che hanno un peso importante sul fabbisogno complessivo. Che provenga o no da fonti rinnovabili conta, ma fino ad un certo punto. In Montana, ad esempio, una “miniera” fa affidamento totalmente sull’energia idroelettrica, decisamente economica, ma così facendo costringe le comunità circostanti a usare altre fonti non rinnovabili. Anche in Iran la domanda di energia idroelettrica è aumentata eccessivamente anche a causa delle miniere di criptovalute, che sono state bandite per alcuni mesi per aver creato alcune interruzioni di elettricità utilizzando fino a 2 GW di energia al giorno.
E stato stimato che la vendita di un’opera singola su Ethereum abbia una impronta ecologica di circa 100 KgCO2, praticamente come 1 ora di volo1. La vendita di una collezione di 100 opere ha una impronta di oltre 10 tonnellate di CO2, come l’impronta ecologica di 1 anno di una persona dell’Unione Europea 2. Secondo il sito cryptoart.wtf, ad esempio, l’opera NFT “Space Cat” ha avuto una impronta ecologica simile a quella di due mesi di una persona residente in Europa.
Ogni transazione sulla piattaforma proof-of-work di Ethereum, incluse quelle riguardanti gli NFT, usa più di 260 kilowattora di elettricità, ossia quanto consuma una famiglia di 4 persone in un mese intero.
Da parte sua, Ethereum ha promesso di voler migliorare il proprio impatto ambientale, passando ad una modalità meno carbon-intensive chiamata proof-of-stake. Ma di questo futuro switch non si vede ancora l’ombra. Per ridurre l’impatto ambientale degli NFT bisognerebbe al momento quindi affidarsi a piattaforme particolarmente attente a questo aspetto, tra cui Solana, Algorand, Cardano e Tezos3.
Gli NFT possono essere una risorsa per proteggere l’ambiente e promuovere la conservazione della natura
Se da un lato, la compravendita di NFT generi una grande richiesta di energia, dall’altro però sono nate delle iniziative che sono volte alla salvaguardia di alcune zone del Pianeta, minacciate dalle attività umane e dalla crisi climatica.
Il progetto WildEarth, ad esempio, ha creato NFT per salvaguardare gli animali delle riserve naturali del Sud Africa. La maggior parte del ricavato viene in questo caso donato ai custodi che proteggono l’ambiente nativo della specie.
Una azienda brasiliana, che possiede 410 chilometri quadrati di Foresta Amazzonica, offre NFT per preservare lo stato di salute di settori specifici dell’Amazzonia. In questo caso, l’azienda Nemus ha deciso di dividere in settori la foresta Amazzonica che possiede, e con la vendita degli NFT garantire all’acquirente il patrocinio esclusivo e la cura del tratto di foresta relativo, in modo da preservare lo stato di salute della vegetazione e promuovere lo sviluppo sostenibile.
I possessori degli NFT non sono considerati di fatto possessori del terreno, ma avranno accesso ad informazioni dettagliate sullo stato di conservazione del fazzoletto di foresta relativo, che potranno anche osservare grazie alle immagini satellitari. Il primo giorno Nemus ha venduto il 10% degli NFT, per un totale di 8 mila ettari di foresta Amazzonica. Nelle prossime settimane ci si aspetta un accelerazione delle vendite.
La foresta Amazzonica è in pericolo: nei primi due mesi del 2022 è stata segnalata una deforestazione record per il periodo. Complessivamente tra gennaio e febbraio è andata distrutta una superficie forestale tre volte più grande rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, un’area grande 3 volte e mezzo Milano.
Gli NFT in vendita coprono superfici diverse, che spaziano dal quarto di ettaro a 81 ettari. L’NFT per il lotto più piccolo è in vendita a 150 dollari, mentre quello per il più esteso costa 51 mila dollari. Acquistando un NFT viene consegnata anche un’opera raffigurante una pianta o animale dell’Amazzonia, realizzato da Concept Art House, creatore di contenuti e NFT di San Francisco.
Grazie ai fondi ricevuti dalla vendita degli NFT l’azienda spera di ottenere tra i 4 e i 5 milioni di dollari, che investiranno per comprare altri 2 milioni di ettari di foresta Amazzonica e sostenere attività di sviluppo sostenibile.
Ma di progetti simili ce ne sono tanti altri: attraverso l’acquisto di NFT via Amazon Watch è possibile combattere la deforestazione dell’Amazzonia attraverso il progetto Next Earth, oppure contribuire a ripulire gli oceani grazie all’iniziativa di The Ocean Cleanup.
Una volta migliorato l’impatto ambientale della compravendita di NFT, questa nuova frontiera digitale (e non) potrebbe trasformare il modo in cui ognuno di noi può contribuire alla salvaguardia del Pianeta.