Oltre metà della plastica che avvelena il mondo arriva da solo 20 aziende
L’emergenza plastica si aggrava di anno in anno. Si prevede che entro il 2050 negli oceani ci siano più rifiuti plastici che pesci, e che la plastica arrivi a rappresentare il 5-10 per cento delle emissioni di gas serra.
Plastiche e microplastiche sono ovunque, dalle vette più alte del mondo alle più remote profondità dell’oceano: inquinano anche il cibo di cui ci nutriamo e durante lo scorso inverno ne sono state trovate tracce perfino nella placenta di diverse donne.
Alimenta la crisi climatica e crea una vera e propria catastrofe ambientale, ma da dove viene la plastica monouso?
Uno studio recente ha portato alla luce dei dati piuttosto impressionante: sono appena 20 aziende a produrre oltre la metà della plastica che inquina tutto il pianeta.
Tra le aziende responsabili del 55 per cento dei rifiuti di imballaggi in plastica nel mondo ci sono sia società statali che multinazionali, denuncia l’analisi, compresi i giganti di gas e petrolio e società chimiche.
La ricerca è il frutto della collaborazione della London School of Economics e dei ricercatori di Wood Mackenzie e dello Stockholm Environment Institute. I risultati sono stati pubblicati dalla Minderoo Foundation.
Secondo i dati emersi dall’analisi, il più grande produttore di plastica monouso al mondo è ExxonMobil, il colosso del petrolio nato dalla fusione tra Exxon, Mobil ed Esso. Sul podio anche la statunitense Dow, la più grande azienda chimica al mondo, e Sinopec, un gruppo petrolifero e petrolchimico cinese che rappresenta la più grande azienda del Paese per fatturato. Undici delle venti aziende sotto accusa hanno sede in Asia, quattro in Europa, tre in Nord America, una in America Latina e una in Medio Oriente.
Dietro questi giganti ci sono i principali investitori e istituti bancari del mondo: si stima che venti delle più grandi banche del mondo abbiano prestato quasi 30 miliardi di dollari per la produzione di polimeri vergini finalizzati alla realizzazione della plastica monouso, affermano i ricercatori. Tra gli istituti spiccano anche Barclays, HSBC, Bank of America e JPMorgan Chase.
Secondo quanto emerge dallo studio, le banche globali e gli investitori istituzionali «stanno fornendo miliardi di dollari alle aziende che producono polimeri da combustibili fossili, fino a 100 volte di più di quanto forniscano alle aziende che si impegnano per la transizione verso un’economia circolare».
Il ruolo degli istituti di credito e della finanza in generale è fondamentale, ma serve anche un impegno concreto da parte della politica. L’inquinamento da plastica rappresenta una vera e propria emergenza globale, e richiede che anche i decisori politici passino all’azione.
Come riferisce Minderoo Foundation, servono politiche mirate a incentivare la raccolta dei rifiuti e la produzione di polimeri riciclati. È arrivato anche il momento di un confronto globale che porti alla redazione di un trattato sull’inquinamento da plastica, una sorta di Accordo di Parigi focalizzato su questa catastrofe, con cui le nazioni si impegnino a eliminare gradualmente i polimeri realizzati con combustibili fossili e a incoraggiare un’economia circolare della plastica. I ricercatori evidenziano anche l’urgenza di pretendere maggiore trasparenza da parte dei produttori di plastica monouso, richiedendo che divulghino in modo completo la propria “impronta” permettendo di monitorare meglio la situazione.