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Crisi dell’energia e guerra in Ucraina: l’Europa a un bivio

Regno Unito, UE e Stati Uniti spendono collettivamente oltre 700 milioni di dollari al giorno per acquistare petrolio e gas russi.

Le drammatiche vicende legate all’invasione russa in Ucraina incidono in maniera molto pesante sulla crisi energetica in Europa e nel mondo.  Le preoccupazioni per la sicurezza energetica sono particolarmente elevate in Europa, che dipende fortemente dalle esportazioni russe di carbone, petrolio e gas. L’Europa sembra divisa tra chi, come la stessa Ursula von der Leyen della Commissione europea e Boris Johnson del Regno Unito, ha sottolineato la necessità di accelerare l’introduzione delle tecnologie per l’energia pulita e tra chi avanza anche richieste sull’aumento delle forniture nazionali di combustibili fossili, in modo da ridurre la necessità di importazioni russe come nel caso dell’Italia.

Perché la Russia è importante per le forniture energetiche globali?

La Russia- come riporta Carbon Brief –  è una parte importante del sistema energetico globale grazie alle sue enormi risorse di combustibili fossili. È il terzo produttore mondiale di petrolio dopo gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita, che rappresentano il 12% della produzione globale, e il secondo produttore di gas dopo gli Stati Uniti, responsabile del 17% della produzione globale. Le forniture energetiche russe sono particolarmente importanti in Europa, che riceve circa il 70% delle esportazioni di gas del paese e metà delle sue esportazioni di petrolio, secondo i dati ufficiali degli Stati Uniti.

Il resto delle esportazioni di gas della Russia va in Bielorussia (8%), Cina (5%), Kazakistan (5%), Giappone (4%) e altre parti dell’Eurasia, dell’Asia e dell’Oceania. Le sue restanti esportazioni di petrolio vanno in Cina (31%), Corea del Sud (6%), Bielorussia (6%), Giappone (2%), Stati Uniti (1%). Secondo il New York Times, più di un terzo delle forniture di gas in Europa proviene dalla Russia.

Mentre l’Europa dipende fortemente dalle forniture di carburante russo, la Russia a sua volta dipende dai ricavi delle vendite di combustibili fossili, che rappresentano oltre i due quinti delle entrate del governo. Secondo Javier Blas, esperto di energia di Bloomberg, Regno Unito, UE e Stati Uniti spendono collettivamente oltre 700 milioni di dollari al giorno per acquistare petrolio e gas russi.

Negli ultimi tre decenni, l’Unione Europea ha ricevuto quasi il 40% del suo gas e più di un quarto del suo petrolio dalla Russia, secondo quanto riporta il New York Times. Alcuni paesi, come la Polonia e la Francia, hanno ridotto la loro dipendenza dal carburante russo in questo periodo.  Altri, come la Germania e l’Italia, ne sono diventati più dipendenti, secondo un’analisi del New York Times che utilizza i dati di Eurostat.

Come può l’Europa ridurre la sua dipendenza dal gas russo

Al contrario, l’Europa potrebbe “ridurre rapidamente la propria dipendenza dal gas” investendo nell’efficienza energetica e nelle energie rinnovabili, secondo un articolo su EurActiv di Michaela Holl, senior associate presso il thinktank tedesco Agora Energiewende, e Jan Rosenow, direttore del Programma europeo al Progetto di Assistenza Regolatoria (RAP).

Un’analisi rapida dell’Istituto per l’economia e l’analisi finanziaria dell’energia (IEEFA) ha affermato che l’Europa dovrebbe concentrarsi sulla diversificazione delle sue forniture energetiche con più energia pulita piuttosto che semplicemente ripetere il suo obiettivo storico sulla diversificazione dei fornitori dei suoi combustibili fossili. Il Washington Post ha riferito che la Commissione Europea dovrebbe infatti  lanciare tra pochi giorni “una strategia per liberarsi dal gas russo” tagliando la domanda di carburante del 40% entro il 2030, una riduzione maggiore rispetto alle attuali forniture dalla Russia.

EurActiv ha affermato che la Commissione comunicherà questa strategia a lungo pianificata il 2 marzo. L’UE attualmente paga circa 360 miliardi di euro all’anno per importare combustibili fossili, che nel caso del gas finiscono per riscaldare case spesso inefficienti dal punto di vista energetico. Si tratta di una somma pari alla necessità di investimenti in energia pulita per raggiungere gli obiettivi climatici ed energetici dell’UE per il 2030.

“Non possiamo risolvere i nostri problemi con lo stesso modo di pensare che abbiamo usato quando li abbiamo creati” (Albert Einstein)

Michaela Holl, senior associate presso l’ufficio dell’UE di Agora Energiewende e Jan Rosenow, direttore del programma europeo presso il Regulatory Assistance Project (RAP) utilizzano una celebre frase di Albert Einstein per far emergere le contraddizioni dell’approccio europeo alla crisi energetica:  “non possiamo risolvere i nostri problemi con lo stesso modo di pensare che abbiamo usato quando li abbiamo creati”.

Sembra proprio quello che potrebbe invece fare la Commissione europea nella sua prossima strategia per un’energia più accessibile, sicura e sostenibile: la Commissione identifica giustamente la crisi dei prezzi dell’energia come radicata nell’esposizione dell’UE ai prezzi globali e volatili del gas. Indica inoltre l’efficienza energetica e gli investimenti nelle energie rinnovabili come la “migliore risposta per il futuro”.

Ma la strategia procede poi verso la stessa cura: importazioni di gas fossile, questa volta da diversi paesi terzi come Azerbaigian, Qatar e Turchia. Questo approccio è in contrasto con le stesse proiezioni della Commissione secondo cui entro il 2030 il consumo di gas fossile dovrà diminuire del 30% rispetto al 2015. Scommettere su contratti gas a breve termine in un mercato globale delle materie prime è un’impresa rischiosa, come dimostra dolorosamente l’attuale situazione geopolitica.

La migliore soluzione per una maggiore resilienza energetica, una minore dipendenza dalle importazioni di gas e prezzi più bassi è l’accelerazione dell’attuazione del Green Deal europeo. La rapida attuazione delle misure Fit for 55 e in particolare gli investimenti nelle rinnovabili e nell’efficienza energetica è la migliore risposta per il futuro.

In un’analisi pubblicata su Twitter, Dave Jones, del thinktank Ember, ha osservato che i Paesi Bassi e la Spagna sono stati in grado di ridurre la domanda di gas nei loro settori elettrici rispettivamente del 22% e del 17%, in soli due anni, tra il 2019 e il 2021, costruendo più rinnovabili. Gli esempi virtuosi li abbiamo, insomma, davanti agli occhi e basterebbe solo proseguire su questa strada con coraggio e soprattutto investimenti.

Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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