Un causa storica sta investendo la Shell, la multinazionale britannica che insieme a BP, ExxonMobil e TotalEnergies è uno dei quattro principali attori privati mondiali nel comparto del petrolio e del gas naturale.
Tredici direttori della multinazionale sono stati citati in giudizio perché ritenuti personalmente responsabili di non aver ideato una strategia adeguata alle richieste dell’Accordo di Parigi, che mira a limitare il riscaldamento globale sotto i 2°C riducendo le emissioni di combustibili fossili.
We’ve started legal action against Shell’s Board, seeking to hold it liable for mismanaging the climate risk facing the company. Find out how this ground-breaking case works:. https://t.co/BcTRESMweX
— ClientEarth (@ClientEarth) March 15, 2022
L’azione legale è stata intentata da ClientEarth, un’organizzazione di diritto ambientale fondata da James Thornton, che tra l’altro sta chiedendo l’adesione di altri azionisti.
L’accusa sostiene che gli amministratori abbiano violato i propri doveri ai sensi del Companies Act del Regno Unito che costituisce la fonte primaria del diritto societario del Paese.
Paul Benson, avvocato di ClientEarth, ha dichiarato in una nota: “Riteniamo che vi siano motivi sufficienti per affermare che il consiglio di amministrazione di Shell stia gestendo male il rischio climatico che l’azienda deve affrontare. “Shell è seriamente esposta ai rischi fisici e di transizione dei cambiamenti climatici, eppure il suo piano climatico è fondamentalmente imperfetto. Se, come affermiamo, il piano della società viene ritenuto allineato a Parigi quando non lo è, allora c’è il rischio di fuorviare gli investitori e il mercato in generale.
ClientEarth afferma che sta agendo nel migliore interesse di Shell perseguendo il contenzioso degli azionisti, per garantire che il profitto a breve termine non vada a scapito della sostenibilità commerciale duratura per tutte le parti interessate dell’azienda, compresi i suoi azionisti e dipendenti. “Il mondo degli affari è disseminato di esempi di aziende che non si sono adattate. Shell rischia di seguire la strada di Kodak e Blockbuster. A meno che il Consiglio non cambi corso, il valore a lungo termine sarà eroso e alla fine distrutto”, ha aggiunto Benson.
Nel maggio del 2021, un tribunale olandese aveva ordinato a Shell di ridurre le sue emissioni del 45% netto entro la fine del 2030. I suoi amministratori però hanno impugnato questa sentenza, definendo questo verdetto “irragionevole” e incompatibile con la propria attività.
Una ricerca condotta nello scorso mese di ottobre dagli analisti di Global Climate Inside ha evidenziato che la strategia di Shell si tradurrebbe di fatto, invece che in una riduzione del 45%, in un aumento del 4% delle emissioni nette entro il 2030.
A febbraio il consiglio di amministrazione di Shell ha annunciato un aumento dei dividendi della società e prevede di riacquistare più azioni dopo aver ottenuto profitti per 19 miliardi di dollari. L’annuncio è arrivato nel bel mezzo di una crisi energetica storica, con un aumento spropositato, soprattutto nel nostro Paese, del prezzo dei carburanti e della benzina.