Le fonti energetiche rinnovabili tornano a crescere in Italia dopo 12 anni. L’ultimo report di Legambiente – Comuni Rinnovabili 2024 -, rivela appunto come nel 2023 il nostro Paese abbia fatto segnare un +5,79 GW di nuove installazioni. Una crescita cospicua e importante, ma non ancora sufficiente per raggiungere gli obiettivi 2030.
Stando infatti alla media di installazioni degli ultimi tre anni, a questo ritmo l’Italia solo nel 2046 – vale a dire con ben 16 anni di ritardo rispetto al 2030 -, riuscirebbe a raggiungere il 100% degli obiettivi e dunque a soddisfare la quota di 90 GW di potenza rinnovabile installata.
Fonti rinnovabili, a che punto è lo sviluppo dell’Italia rispetto al processo di decarbonizzazione?
Il report “Comuni Rinnovabili 2024”, realizzato da Legambiente, ha provato a riassumere la situazione attuale nel nostro Paese riguardo appunto allo sviluppo delle rinnovabili. Dunque, con 5,79 GW di nuove installazioni nel 2023, in Italia dopo 12 anni le fonti rinnovabili tornano finalmente a crescere facendo registrare un +4,2 GW rispetto al 2012 e un +2,6 GW rispetto al 2022. La spinta principale viene dal solare fotovoltaico con 5,23 GW di potenza installata, segue l’eolico, anche se a un ritmo più lento, con un incremento di potenza di 487 MW.
Dati nel complesso positivi che denotano come finalmente l’Italia stia andando nella giusta direzione. Se da una parte i 5,79 GW di nuove installazioni rappresentano una crescita e un passo importante – testimoniata anche dai primi dati del 2024 con +52% di capacità rinnovabile in esercizio rispetto al dato rilevato nello stesso periodo del 2023 -, dall’altra non sono ancora sufficienti per raggiungere gli obiettivi 2030. A questo ritmo, infatti, l’Italia raggiungerebbe la richiesta da soddisfare al 2030 (90 GW di potenza installata) solo nel 2046.
Comuni rinnovabili 2024: una sintesi dei dati da Nord a Sud
Le rinnovabili sono ormai presenti in quasi tutti i comuni italiani da Nord a Sud, ossia in 7.891 amministrazioni comunali su un totale di 7.896. Il 2023 è l’anno del solare fotovoltaico: sono 7.860 i comuni (+560 rispetto al 2022) che hanno scelto questa fonte pulita portando la potenza complessiva a 30,2 GW di potenza totale. Una crescita significativa di oltre 5 GW in un solo anno, caratterizzata soprattutto dalla realizzazione di piccoli impianti. Tra le grandi città italiane, Roma, Padova e Ravenna sono quelle che hanno sostenuto le maggiori realizzazioni di solare fotovoltaico rispettivamente con 4.890 impianti solari e 32,05 MW di potenza installata, 1.918 impianti e 15,03 MW e 1.519 impianti e 11,07 MW.
Cresce più lentamente l’eolico distribuito in 1.043 Comuni, in grado di soddisfare il 7,6% del fabbisogno energetico elettrico del Paese. 101 i nuovi impianti realizzati nel 2023 coinvolgendo 61 Comuni tra Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. Dati positivi anche per l’idroelettrico con 1.971 comuni (+398 rispetto al 2022) che hanno almeno un impianto per la produzione di energia elettrica con questa tecnologia, si legge nel report. Nel 2023 realizzati 72 nuovi impianti, di cui uno solo di grandi dimensioni, che hanno coinvolto 68 Comuni, con un incremento di 30,89 MW. Lieve crescita per i comuni che utilizzano impianti a biomassa, sono 1680 (+29 rispetto al 2022).
La politica rimane immobile ma soprattutto continua a finanziare il fossile
In Italia dunque sul tema rinnovabili c’è un grande fermento che vede protagoniste tantissime imprese, bloccate però dall’immobilismo della politica che con i suoi iter burocratici e amministrativi lenti, leggi obsolete e ostacoli culturali e normativi spesso si trova a troncare le iniziative sul nascere. Troppi ancora i progetti fermi.
A pesare inoltre – spiega Legambiente -, è la scelta del Governo che continua a incoraggiare politiche pro-fossili e pro-nucleare distogliendo l’attenzione da rinnovabili, accumuli, efficienza e reti, su cui serve un piano strutturato con norme chiare e tempi certi di realizzazione. Nel 2022, l’Italia ha speso oltre 52 miliardi per sostenere le fossili mentre le risorse pubbliche e private che servirebbero a finanziare gli obiettivi climatici del 2030 rimangono ferme.
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