Il convitato di pietra nel dibattito su come bilanciare la sempre più elevata richiesta di energia e la necessità di mantenere gli impegni climatici è il nucleare. Dopo i disastri di Chernobyl e Fukushima, l’energia nucleare è al centro delle nuove politiche energetiche di diverse nazioni europee. L’aumento dei prezzi dei combustibili fossili sta infatti causando grandi ripercussioni in tutto il mondo, con aumenti del prezzo di gas ed elettricità in diversi Paesi, Italia compresa.
Soltanto il mese scorso il presidente francese Emmanuel Macron ha presentato un piano di investimenti da 30 miliardi di euro per favorire il rilancio dell’economia francese. L’obiettivo principale del piano denominato Francia 2030 è quello di “reinventare il nucleare”, costruendo nuove centrali ad alta efficienza per la produzione di energia elettrica.
#France2030, objectif 1.
Réinventer le nucléaire. pic.twitter.com/uifI7piTC3— Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) October 12, 2021
In Francia sono ben 58 i reattori nucleari attivi. Questi producono più del 70 per cento dell’energia elettrica francese e la prima centrale nucleare fu creata nel 1962. In Italia la prima centrale risale al 1993 ma a seguito del referendum del 1987 (post disastro di Chernobyl dell’aprile 1986) si decise di porre fine al nucleare nel 1990.
Anche la Polonia è determinata a creare una serie di piccole centrali nucleari per porre fine alla sua dipendenza dal carbone. La Gran Bretagna ha investito 210 milioni di sterline (283 milioni di dollari) per finanziare Rolls-Royce SMR. La società costruirà piccoli reattori nucleari per integrare l’energia eolica e solare.
Nucleare: energia pulita? La Germania guida il fronte del no
Il tema cruciale riguarda però il riconoscimento o meno del nucleare come fonte di energia pulita. La Germania ad esempio è a capo di un gruppo di nazioni che vogliono disinnescare gli sforzi per includere più energia nucleare nel mix di energia verde in Europa. La maggiore preoccupazione riguarda la proliferazione di centrali nucleari sul suolo europeo e il grosso problema delle scorie radioattive che producono.
Questa situazione sta creando non poche tensioni con la Francia, il più grande produttore di energia nucleare d’Europa. Il Paese transalpino ha stretto un’ insolita alleanza con i paesi dell’Europa dell’Est che vogliono attirare maggiori investimenti per il nucleare, tra cui Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Romania.
Il gruppo sta facendo pressioni sull’Unione Europea per classificare l’energia nucleare come un investimento “sostenibile”, una mossa che sbloccherebbe miliardi di euro di aiuti di Stato e investimenti da fondi pensione, banche e altri investitori che cercano di investire in cause ambientali. Austria, Danimarca, Lussemburgo e Spagna si sono unite alla Germania nel tentativo di respingere l’iniziativa di Bruxelles.
E l’Italia? Il Nobel per la Fisica Giorgio Parisi in una recente intervista al Corriere della Sera aveva usato parole chiare: “un ritorno al nucleare è una questione da valutare di Paese in Paese, ma da escludere in Italia a causa dell’alta densità di popolazione, perché se Chernobyl fosse avvenuta in Val Padana avrebbe provocato milioni di morti”.
Intanto rimane ancora senza soluzioni il problema di trovare un’area per il deposito nazionale delle scorie nucleari. Nessuno dei 67 potenziali candidati infatti è disposto ad accogliere l’impianto. I nove incontri pubblici organizzati da Sogin, non hanno sortito effetti e ora bisognerà rivedere le conclusioni con nuovi dati e fornire una lista nel 2022. I rappresentanti delle 67 aree, collocate in Piemonte, Toscana, Lazio, Sardegna, Basilicata, Puglia e Sicilia, contestano la presenza di produzioni agricole di pregio, siti archeologici, monumenti storici, parchi e oasi naturali. Tra i problemi anche la distanza ravvicinata con paesi, fabbriche di materiale pericoloso, fiumi o falde acquifere e il calcolo dell’indice di rischio sismico.