
I partiti populisti di destra sono un problema per la politica climatica e la danneggiano. Lo rivela un nuovo studio condotto dai ricercatori delle università del Sussex e di Warwick, che hanno esaminato la politica di oltre 25 paesi per oltre dieci anni.
Gli studiosi sono stati in grado di elaborare una sorta di indice di politica climatica confrontandolo poi con le linee politiche dei governi di centro-destra.
È emerso che l’effetto combinato della presenza di un partito populista di destra in parlamento e al governo è associato a una riduzione dell’indice di circa il 25% in media.
La politica climatica osteggiata, dagli Usa all’Australia
Gli esempi di partiti populisti che tornano indietro sulle politiche climatiche sono numerosi e comprendono Donald Trump, che ha ritirato gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi e ha dato sostegno al carbone, o Tony Abbott in Australia che ha abrogato il prezzo del carbonio nel 2014.
SPRU’s Matthew Lockwood @climatepolitics speaks with the @guardian on the impact of right-wing populist parties upon #climatepolicy
based on study analysing policy of 25+ countries over more than a decade
➡️Read the full article at https://t.co/pFuGZTRcei https://t.co/NET3O62ur6— SPRU (@SPRU) April 14, 2022
Secondo quanto affermano al Guardian due degli autori dello studio, i fratelli Matthew Lockwood e Ben Lockwood, questi risultati sono coerenti con l’ipotesi che nei Paesi con una rappresentanza proporzionale, in cui i partiti populisti di destra entrano nel governo, lo faranno come partner di coalizione tipicamente junior con un numero limitato di gabinetti seggi e una tendenza a non dare priorità ai portafogli rilevanti per la politica climatica. Al contrario, nei Paesi con sistemi elettorali maggioritari, quando i partiti populisti di destra entrano al governo, hanno un’influenza molto maggiore sulla politica climatica.
Le elezioni presidenziali in Francia: due visioni opposte della crisi climatica
Il presidente in carica Emmanuel Macron ha come obiettivo che la Francia diventi la prima grande nazione a raggiungere la carbon neutrality”, attraverso la riduzione dei consumi, lo sviluppo delle rinnovabili e del nucleare.
Marine Le Pen, esponente della destra populista, ritiene invece che sia necessario bloccare eolico e solare e puntare su nucleare, idroelettrico e idrogeno. Secondo la candidata la riflessione sugli obiettivi di riduzione delle emissioni andrà portata avanti di anno in anno, in funzione delle traiettorie degli altri paesi, della volontà dei francesi e della loro qualità di vita.
Le Pen ha affermato inoltre che il clima “non sarà l’alfa e l’omega” della sua politica estera. Se eletta, ritirerebbe la Francia dal Green Deal dell’UE a favore delle politiche e delle decisioni nazionali e la Francia risponderebbe agli impegni dell’accordo di Parigi seguendo le proprie tempistiche.