Il 2023 sarà l’anno più caldo di sempre: la conferma dell’OMM
L'anno in corso è stato di circa 1,40°C al di sopra della linea di riferimento preindustriale 1850-1900. Gli ultimi nove anni, dal 2015 al 2023, sono stati i più caldi mai registrati
Secondo il nuovo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Meteorologia sullo stato del clima globale il 2023 sarà l’anno più caldo mai registrato. I dati, i quali arrivano fino alla fine di ottobre, mostrano che l’anno è stato di circa 1,40°C al di sopra della linea di riferimento preindustriale 1850-1900. La differenza tra il 2023 e il 2016 e il 2020, precedentemente classificati come gli anni più caldi, è tale che è molto improbabile che gli ultimi due mesi influenzino la classifica.
2023 is set to be the warmest year on record!
? Greenhouse gas levels continue to increase
? Record sea surface temperatures and sea level rise
? Record low Antarctic sea iceThe WMO provisional #StateOfClimate report informs negotiations at #COP28: https://t.co/CcFFVvTKeB pic.twitter.com/bozkfieSAz
— World Meteorological Organization (@WMO) November 30, 2023
Gli ultimi nove anni, dal 2015 al 2023, sono stati i più caldi mai registrati. L’evento El Niño, emerso nella primavera dell’emisfero settentrionale del 2023 e sviluppatosi rapidamente durante l’estate, probabilmente alimenterà ulteriormente il caldo nel 2024, poiché El Niño ha solitamente il maggiore impatto sulle temperature globali dopo il suo picco. Il rapporto provvisorio dell’OMM sullo stato del clima globale è stato pubblicato in occasione dell’avvio della COP28 a Dubai e combina i contributi dei servizi meteorologici e idrologici nazionali, dei centri climatici regionali, dei partner delle Nazioni Unite e dei principali scienziati del clima. I dati relativi alle temperature sono il risultato del consolidamento di sei importanti set di dati internazionali.
CO2 in atmosfera più alta del 50% rispetto all’era preindustriale
“I livelli di gas serra sono da record. Le temperature globali sono da record. L’innalzamento del livello del mare è da record. Il ghiaccio marino dell’Antartide ha raggiunto livelli record. È un’assordante cacofonia di record infranti”, ha dichiarato il Segretario generale dell’OMM, Prof. Petteri Taalas.
Gli altri dati rilevanti del rapporto sono quelli relativi ai livelli di anidride carbonica che sono più alti del 50% rispetto all’era preindustriale: ciò significa che le temperature continueranno a salire per molti anni a venire perchè la permanenza in atmosfere dell’anidride carbonica è molto lunga nel tempo.
Il tasso di innalzamento del livello del mare nel periodo 2013-2022 è più che doppio rispetto al primo decennio della registrazione satellitare (1993-2002) a causa del continuo riscaldamento degli oceani e dello scioglimento di ghiacciai e lastre di ghiaccio. L’estensione massima del ghiaccio marino antartico per l’anno è stata la più bassa mai registrata, ben 1 milione di km2 (più delle dimensioni di Francia e Germania messe insieme) in meno rispetto al precedente minimo storico, alla fine dell’inverno dell’emisfero meridionale. I ghiacciai del Nord America e dell’Europa hanno subito ancora una volta una stagione di scioglimento estrema. Secondo il rapporto del WMO, negli ultimi due anni i ghiacciai svizzeri hanno perso circa il 10% del loro volume residuo.
In un videomessaggio che accompagna il rapporto sul clima dell’OMM, Guterres esorta i leader a impegnarsi in un’azione urgente durante i negoziati sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, la COP28. C’è ancora speranza, ha detto.
“Abbiamo la tabella di marcia per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 °C ed evitare il peggio del caos climatico. Ma abbiamo bisogno che i leader diano il via, alla COP28, alla corsa per mantenere il limite di 1,5 gradi: stabilendo chiare aspettative per la prossima serie di piani d’azione per il clima e impegnandosi a creare partenariati e finanziamenti per renderli possibili; impegnandosi a triplicare le energie rinnovabili e a raddoppiare l’efficienza energetica; e impegnandosi a eliminare gradualmente i combustibili fossili, con una chiara tempistica allineata al limite di 1,5 gradi”, ha dichiarato.
2023: un anno segnato da eventi estremi sempre più frequenti
La WMO ha elencato anche gli eventi meteo più estremi del 2023 che hanno avuto un forte impatto su tutti i continenti abitati. Tra gli eventi più distruttivi il ciclone mediterraneo Daniel che a settembre colpì Grecia, Bulgaria, Turchia e Libia, con moltissime vittime in Libia.
Il ciclone tropicale Freddy, a febbraio e marzo, è stato uno dei cicloni tropicali più longevi al mondo, con impatti importanti su Madagascar, Mozambico e Malawi. Il ciclone tropicale Mocha, a maggio, è stato uno dei cicloni più intensi mai osservati nel Golfo del Bengala.
Il caldo estremo ha colpito molte parti del mondo. Alcuni dei più significativi si sono verificati nell’Europa meridionale e nel Nord Africa, soprattutto nella seconda metà di luglio, dove si è verificato un caldo intenso ed eccezionalmente persistente. In Italia le temperature hanno raggiunto i 48,2 °C, mentre a Tunisi (Tunisia) sono state registrate temperature record di 49,0 °C, ad Agadir (Marocco) di 50,4 °C e ad Algeri (Algeria) di 49,2 °C.
La stagione degli incendi in Canada è andata ben oltre le precedenti. L’area totale bruciata a livello nazionale al 15 ottobre era di 18,5 milioni di ettari, più di sei volte la media decennale (2013-2022). Gli incendi hanno provocato anche un grave inquinamento da fumo, in particolare nelle aree fortemente popolate del Canada orientale e degli Stati Uniti nordorientali. L’incendio più letale dell’anno è stato quello delle Hawaii, con almeno 99 morti, il più letale negli Stati Uniti da oltre 100 anni.
Cinque stagioni consecutive di siccità nel Grande Corno d’Africa sono state seguite da inondazioni, che hanno provocato un numero ancora maggiore di sfollati. La siccità ha ridotto la capacità del suolo di assorbire l’acqua, aumentando il rischio di inondazioni quando le piogge di Gu sono arrivate in aprile e maggio.
La siccità di lungo periodo si è intensificata in molte zone dell’America centrale e del Sud America. Nel nord dell’Argentina e dell’Uruguay, le precipitazioni da gennaio ad agosto sono state inferiori del 20-50% alla media, con conseguenti perdite di raccolto e bassi livelli di stoccaggio dell’acqua.