Moda e crisi climatica: per ridurre la nostra impronta ecologica dovremmo comprare non più di 5 capi all’anno
Il settore della moda è ancora uno dei maggiori inquinatori del mondo
L’enorme produzione e conseguente spreco di tessuti dopo il boom del fast-fashion sta diventando una vera a propria bomba ecologica. Un nuovo rapporto curato dall’Hot or Cool Institute ha esaminato l’impatto della moda nei Paesi del G20 e conferma che tra le soluzioni più utili per ridurre l’impatto del settore moda sul pianeta e rimanere al di sotto dell’obiettivo di 1,5°C dell’accordo di Parigi è smettere di comprare così tanti vestiti nuovi.
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Il rapporto, intitolato “Unfit, Unfair, Unfashionable: Resizing Fashion for a Fair Consumption Space”, sottolinea che per non avere un impatto eccessivo sul clima occorrerebbe limitare gli acquisti di nuovi capi di abbigliamento a non più di cinque capi all’anno. Gli americani acquistano più di dieci volte tanto in un anno, con la maggior parte dei consumatori che acquista una media di 68 capi nuovi ogni anno. Il dato inquietante è poi che l’80% di questa mole enorme di capi di abbigliamento viene raramente indossato.
È ormai un dato di fato che i piccoli cambiamenti che ciascuno di noi può fare giocano un ruolo cruciale per gli equilibri ambientali del nostro Pianeta e nella lotta contro il cambiamento climatico: ridurre gli acquisti di nuovi indumenti è più di quattro volte efficace nel ridurre l’impronta di carbonio del settore rispetto alla soluzione migliore successiva, che consiste nel riutilizzare gli indumenti.
Questi piccole azioni personali hanno un peso maggiore nei paesi del G20, inclusi Stati Uniti, Regno Unito e UE. L’impronta dell’industria della moda sull’ambiente si verifica nella fase di produzione, compresa la coltivazione dei materiali, la sartoria e la finitura, mentre già diversi brand stanno da diverso tempo stanno utilizzando materiali sostenibili e politiche di approvvigionamento meno aggressive.
L’industria della moda in generale ha affrontato in modo piuttosto lento il problema cruciale della sua sostenibilità: aziende di fast fashion come la cinese Shein, che produce fino a 10.000 nuovi abiti al giorno, stanno spingendo l’industria verso il raddoppio delle sue emissioni. Secondo i dati UNEP del 2019, entro il 2050 la moda potrebbe assorbire oltre il 25% del bilancio mondiale del carbonio.
Al problema si aggiunge la mancanza di trasparenza da parte dell’industria della moda sulle sue emissioni, in particolare le emissioni Scope 3. Le stime delle principali organizzazioni collocano l’industria della moda tra il 2% e il 10% delle emissioni globali totali. Alle due estremità di questo spettro, la moda è ancora uno dei maggiori inquinatori del mondo. Gli esperti avvertono che se non verranno compiuti sforzi per ridurre le emissioni, entro il 2030 l’industria della moda potrebbe emettere fino a 2,7 miliardi di tonnellate di CO2.