Negare, ingannare, ritardare: così la disinformazione ostacola l’azione sul clima
Per risolvere la crisi climatica, dobbiamo anche affrontare quella dell'informazione
L’azione nei confronti della crisi climatica non ammette rimandi o tentennamenti ma la disinformazione di insinua proprio in questi aspetti. Un nuovo studio dimostra come l’emergenza climatica – e le misure necessarie per affrontarla – si stiano in alcuni casi confondendo con questioni divisive come la teoria critica della razza, i diritti LGBTQ+, l’accesso all’aborto e le campagne anti-vaccino. Tutto ciò causerebbe un sottile clima di diffidenza con conseguente ritardo nella consapevolezza della necessità di un’azione rapida.
Today at #BonnClimateConference, we release our landmark report analysing climate mis- and disinformation at #COP26 and beyond, and the repercussions denial and delayism are having on climate action around the world. https://t.co/zPXWqzKLxc
— Institute for Strategic Dialogue (@ISDglobal) June 9, 2022
Si tratterebbe insomma di una tattica diffusa su Internet da un numero esiguo di persone, capace però di confondere le acque e di trascinare il dibattito sull’emergenza climatica nel campo della post-verità, della condizione secondo cui, in una discussione relativa a un fatto o una notizia, la verità viene considerata una questione di secondaria importanza.
Lo studio è stato pubblicato dall’Institute for Strategic Dialogue e dal Climate Action Against Disinformation coalition ed è intitolato “Deny, Deceive, Delay: Documenting and Responding to Climate Disinformation at COP26 and Beyond”.
Il rapporto ha esaminato i post sui social media negli ultimi 18 mesi e in particolare quelli sul vertice sul clima della Cop26 a Glasgow dello scorso anno.
Il tema sulla necessità urgente di strategie di mitigazione e adattamento ad ampio raggio è stato continuamente minimizzato o condannato come irrealizzabile, eccessivamente costoso, o ipocrita. Tutti i post presi in esame si concentravano sulla presunta ricchezza e sui doppi standard di coloro che chiedono un’azione per il clima, e in alcuni casi facevano riferimento a cospirazioni più ampie sul globalismo o sul “Nuovo Ordine Mondiale“. Lo studio ha identificato 199.676 menzioni di questa narrativa su Twitter (tweet e retweet) e 4.377 post su Facebook nel periodo in cui si è svolta la COP26.
Sono stati scoperti 16 account “superdiffusori” di disinformazione climatica su Twitter, con 13 sottogruppi legati in larga parte alle comunità anti-scienza e con tesi cospirazioniste negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Canada.
Alcuni degli “influencer” di questi gruppi avevano in origine una formazione scientifica e addirittura accademica, e altri erano stati in precedenza coinvolti nel movimento ambientalista.
Questo loro background è estremamente pericoloso perché permette loro di presentarsi come ambientalisti “razionalisti” e di rivendicare una maggiore credibilità per le loro analisi, intrise di negazionismo e disinformazione. Questi soggetti, inoltre, sono spesso invitati dai media tradizionali come fantomatici “esperti del clima”.
L’azione per il clima minacciata dalla disinformazione: l’allarme Ipcc
Nel febbraio 2022, il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC) ha compiuto un passo senza precedenti, citando la disinformazione e la “politicizzazione della scienza” come barriere chiave all’azione per il clima. Per la prima volta, un documento accettato da tutti i governi membri ha affermato che la retorica di “interessi economici e politici acquisiti mina la scienza del clima” e, a sua volta, ha guidato “l’errata percezione pubblica dei rischi climatici e il sostegno pubblico polarizzato alle azioni per il clima”.
La diagnosi è esplicita e si basa su un corpus crescente di prove prodotte negli ultimi anni nei settori dell’ambiente e della ricerca: per risolvere la crisi climatica, dobbiamo anche affrontare la crisi dell’informazione. Secondo gli autori del report, l’incapacità di arginare la disinformazione, anche quella online, ha consentito l’insorgere di “scienza spazzatura” e ritardi nel capire la necessità di un’azione urgente sul clima.
Questo rapporto è uno sforzo collettivo per quantificare il problema e stabilire risposte concrete per i mesi e gli anni a venire.