Clima, gli incendi più frequenti potrebbero ridurre la capacità delle foreste di assorbire CO2
Un nuovo studio pubblicato su Nature dimostra che incendi sempre più violenti e frequenti stanno riducendo la densità delle foreste con gravi danni sulla loro capacità di catturare CO2.
Nei giorni scorsi abbiamo approfondito come il cambiamento climatico stia modificando anche i luoghi dove gli incedi si sviluppano maggiormente. L’umanità insomma sta modificando anche la mappa degli incendi, che ora devastano anche zone precedentemente inviolate e i roghi si stanno spostando verso ecosistemi che prima non dovevano affrontare questo problema.
A distanza di pochi giorni, un altro studio si sofferma su come incendi sempre più violenti e frequenti stiano riducendo la densità delle foreste e le dimensioni degli alberi con gravi danni sulla loro capacità di catturare CO2.
Incendi e rimboschimento: è importante anche dove e come ripiantare gli alberi
Gli incendi bruciano il 5% della superficie del pianeta ogni anno, rilasciando anidride carbonica nell’atmosfera equivalente a un quinto delle nostre emissioni annuali di combustibili fossili. I roghi sono da sempre uno dei pericoli più importanti che l’umanità ha dovuto affrontare, ma è ormai evidente che il riscaldamento globale unito alle attività umane, tra cui la deforestazione, hanno causato l’aumento sia della frequenza che dell’intensità degli incendi.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature – Ecology and Evolution, ha messo in luce che nelle zone colpite più frequentemente dagli incendi ogni anno ci sono il 63% in meno di alberi singoli e il 72% in meno di area basimetrica (la sezione circolare di un albero o, per le foreste, di tutti i fusti che le costituiscono) di luoghi che hanno visto incendi meno diffusi.
Tra le azioni più efficaci per la mitigazione della crisi climatica c’è senza dubbio il piantare alberi per assorbire più CO2. Alla luce di questo studio bisognerà tenere in considerazione l’aumento della frequenza e dell’intensità degli incendi. Il rimboschimento dunque deve essere fatto con un criterio che tenga in considerazione questo fattore.
Gli ecosistemi della savana e le regioni tropicali con stagioni umide e secche più estreme sono più sensibili ai cambiamenti nella frequenza degli incendi. Nelle zone tropicali, l’erba cresce più velocemente nella stagione delle piogge prima di seccarsi e bruciare più intensamente nella stagione secca, con incendi più frequenti che ostacolano la capacità di alcuni alberi di riprendersi dall’effetto del rogo. Le regioni più umide sono di per sé le zone più idonee alla crescita degli alberi, ma allo stesso tempo sono anche più vulnerabili al fuoco. Questo elemento, secondo quanto ha dichiarato al Guardian Adam Pellegrini dell’Università di Cambridge, autore dello studio, ci impone di scegliere in modo diverso “le aree in cui dovremmo riuscire a cercare di mitigare il cambiamento climatico”.
Nel corso della storia, il carbonio rilasciato dagli incendi è stato “recuperato” grazie alla rigenerazione degli ecosistemi si sono rigenerati. L’aumento della frequenza degli incendi è però in aumento, il clima sta cambiando e lo sfruttamento del suolo (spesso da parte di multinazionali in cerca di profitti agricoli) cresce ogni giorno. Non abbiamo dunque abbastanza tempo affinché l’ecosistema si rigeneri e riassorba le emissioni di carbonio generate dagli incendi.