Crisi climatica, siccità catastrofica in Madagascar e Angola: «Si può morire di fame»
In vista della COP26, Amnesty International lancia un appello ai leader mondiali: aiutare i Paesi in via di sviluppo dove i cambiamenti climatici stanno mietendo vittime
La crisi climatica è sempre più evidente nei Paesi in via di sviluppo, dove la grave siccità sta portando alla fame milioni di persone. È il caso di Madagascar e Angola, dove l’assenza di piogge significative ha ostacolato le normali attività di sostentamento della popolazione, colpendo gravemente colture e bestiame e spingendo molte persone sull’orlo della fame.
Crisi umanitaria in Madagascar: dopo anni di siccità è emergenza fame per oltre un milione di persone |
Crisi climatica, in Madagascar siccità di proporzioni catastrofiche con un milione di persone sull’orlo della carestia: l’appello di Amnesty International in vista della COP26
Il Madagascar è tra i Paesi maggiormente vulnerabili ai cambiamenti climatici con una siccità di proporzioni catastrofiche che miete vittime. Secondo le ultime stime, circa 1 milione di persone si trova sull’orlo della carestia. Nel suo rapporto “Sarà troppo tardi per aiutarci una volta morti”, Amnesty International evidenzia l’impatto della mega siccità sul godimento dei diritti umani nel profondo sud del Madagascar, dove il 91% della popolazione vive al di sotto della linea di povertà. In vista della COP26, l’organizzazione esorta i leader mondiali ad accelerare i lavori per ridurre drasticamente le emissioni e aiutare i Paesi in via di sviluppo.
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“Il Madagascar è in prima linea nella crisi climatica”, ha affermato Agnès Callamard, segretario generale di Amnesty International. “Per un milione di persone significa una siccità di proporzioni catastrofiche e violazioni dei loro diritti alla vita, alla salute, al cibo e all’acqua. Potrebbe significare morire di fame. Questo sta accadendo ora”.
“Le attuali proiezioni sui cambiamenti climatici indicano che la siccità dovrebbe diventare più grave – prosegue -, colpendo in modo sproporzionato le persone nei paesi in via di sviluppo. In vista dei negoziati delle Nazioni Unite sul clima alla COP26, questo è un campanello d’allarme per i leader mondiali affinché smettano di trascinare i piedi sulla crisi climatica“.
In sostanza, ciò che chiede Amnesty ai leader mondiali, è che vengano ridotte le emissioni di CO2 del 45% rispetto ai livelli del 2010 entro il 2030 e che venga raggiunto lo zero netto prima o entro il 2050. E ancora: mettere in atto un meccanismo globale per sostenere le persone i cui diritti sono stati violati, con i governi ricchi che pagano i costi attraverso finanziamenti aggiuntivi non soggetti a rimborsi. Per finire, garantire i diritti all’informazione e alla partecipazione al processo decisionale relativo al clima per le persone colpite a tutti i livelli.
Il Madagascar sta affrontando una delle peggiori siccità della storia: precipitazioni inferiori alla media per cinque anni consecutivi
La siccità in Madagascar è una delle peggiori della storia. Il Paese, infatti, è tra i più vulnerabili alla crisi climatica che ha contribuito al continuo aumento delle temperature e a piogge sempre più irregolari nel profondo sud semi arido, dove le precipitazioni sono inferiori alla media ormai da cinque anni consecutivi. L’ultima siccità è iniziata nel novembre 2020 ed è proseguita fino a gennaio 2021. La stagione magra, il periodo tra la semina e il raccolto, è arrivata all’inizio di quest’anno, aggravando la fame in corso.
Il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (WFP) e l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) hanno dichiarato a maggio che circa 1,14 milioni di persone stavano affrontando alti livelli di insicurezza alimentare acuta nel sud e che quasi 14.000 erano in uno stato di “catastrofe”. Secondo le stime della FAO, nel Madagascar circa il 95% delle persone fa affidamento su agricoltura, allevamento e pesca. L’impatto dei cambiamenti climatici ha reso sempre più complicato l’accesso a tali attività di sostentamento. La grave siccità ha infatti drasticamente ridotto la produzione di alimenti di base come riso e manioca nonché causato la diminuzione e la morte del bestiame.
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La siccità rappresenta una minaccia imminente per il diritto alla vita non solo per quanto riguarda l’accesso al cibo ma anche per il diritto alla salute, all’acqua e ai servizi igienico-sanitari. La carestia in corso ha costretto milioni di persone a emigrare alla ricerca di cibo. Sta inoltre gravando sulle responsabilità dei capofamiglia e sull’infanzia dei bambini, spesso costretti ad abbandonare la scuola per andare alla ricerca di un lavoro. “Non possiamo più accettare che i gruppi più poveri ed emarginati della società siano quelli che pagano il prezzo più alto per le azioni e i fallimenti dei maggiori emettitori di anidride carbonica al mondo”, ha concluso Agnès Callamard.
Siccità e malnutrizione anche in Angola: circa 3 milioni di persone sono emigrate alla ricerca di cibo
In Angola, nel sud dell’Africa, la situazione non è di certo migliore. Anche qui la siccità ha ridotto alla fame il sud del Paese, dove circa 3 milioni di persone sono state costrette a sfollare per andare alla ricerca di condizioni migliori. Si stima che nella vicina Namibia si siano reinsediati tra i 16mila e i 20mila angolani. Le province di Huíla, Namibe e Cunene sono le più colpite dalla persistente siccità che come diretta conseguenza ha prodotto un elevato livello di malnutrizione e un sempre più difficile accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari.
Di fronte a questa terribile situazione, l’11 ottobre i Vescovi dell’Angola e di São Tomé hanno rilasciato una dichiarazione esortando le autorità angolane a dichiarare lo stato di emergenza per consentire l’assistenza della comunità internazionale alla regione gravemente colpita dai cambiamenti climatici.