Giovedì 9 febbraio al Parlamento europeo è arrivato il primo importante ok – nella prima votazione in Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia – alla direttiva delle cosiddette “case green“, ovvero la proposta di revisione della direttiva sulle performance energetiche degli edifici (Energy Performance of Buildings Directive).
Sono stati 49 i voti favorevoli, 18 i contrari e 6 gli astenuti. Gli europarlamentari italiani che rappresentano la maggioranza all’interno della commissione (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) si sono schierati contro la proposta in modo compatto.
La direttiva fa parte del pacchetto Fit For 55, che comprende numerose misure finalizzate a permettere all’Europa di raggiungere l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 55 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990.
Un tema chiave per il clima, ma anche per le bollette
La riqualificazione degli immobili è fondamentale per affrontare sia la crisi climatica che quella energetica: secondo la Commissione europea, gli edifici sono responsabili del 36% delle emissioni di gas serra e del 40 per cento del consumo energetico.
L’esigenza di intervenire su questo fronte dovrebbe essere particolarmente urgente per l’Italia, sul podio tra i paesi europei con il maggiore numero di edifici a basse prestazioni energetiche: peggio di noi solo Spagna e Bulgaria.
L’efficienza energetica è anche una importante questione di costi. Lo abbiamo visto bene negli ultimi mesi, d’altronde, con il caro energia che ha fatto schizzare alle stelle i prezzi delle bollette, complice anche l’elevata dipendenza dal gas delle nostre case.
Lo ha sottolineato anche il relatore stesso della direttiva sulle case green, l’europarlamentare irlandese Ciarán Cuffe:
L’aumento dei prezzi dell’energia ha posto l’accento sull’efficienza energetica e sulle misure di risparmio, e il miglioramento delle prestazioni degli edifici in Europa ridurrà continuamente le bollette energetiche e la dipendenza dalle importazioni di energia . Vogliamo che l’EPBD (la direttiva sulle performance energetiche degli edifici, ndr) contrasti la povertà energetica, riduca le emissioni e fornisca ambienti interni migliori per la salute delle persone.
Questa è anche una strategia di crescita per l’Europa che offrirà centinaia di migliaia di posti di lavoro sul territorio nei settori delle costruzioni, delle ristrutturazioni e delle energie rinnovabili, migliorando al contempo il benessere di milioni di persone che vivono in Europa.
Case green, cosa chiede l’Europa
L’obiettivo della misura relativa alle case green è una riduzione sostanziale delle emissioni di gas serra e dei consumi di energia entro il 2030, con lo scopo di rendere il settore edile climaticamente neutro – cioè a zero emissioni nette – entro il 2050.
Secondo il testo adottato, gli edifici residenziali dovrebbero raggiungere almeno la classe di prestazione energetica E entro il 2030 e D entro il 2033, e gli edifici non residenziali e pubblici dovrebbero raggiungere le stesse classi rispettivamente entro il 2027 e il 2030. Tutti i nuovi edifici dovrebbero essere a emissioni zero dal 2028.
È prevista anche una riclassificazione delle classi energetiche, necessaria a monitorare in modo adeguato i diversi stock edilizi dei paesi dell’UE: la lettera G dovrebbe corrispondere al 15 per cento degli edifici con le peggiori prestazioni nel parco nazionale, mentre la nuova categoria A0 individuerà gli edifici a zero emissioni.
Le restanti classi dovranno essere ricalcolate e ricalibrate dai singoli stati membri sulla base delle caratteristiche del patrimonio edilizio nazionale, assicurando una distribuzione uniforme e bilanciata dell’ampiezza delle singole fasce.
Secondo le stime dell’ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, avere un’abitazione anche solo in classe F comporterebbe un miglioramento delle prestazioni energetiche di circa il 35% rispetto alla classe G. Diminuirebbe così la domanda di energia, soprattutto quella di gas, con la conseguenza di una maggiore sicurezza energetica per le famiglie.
Misure nazionali e deroghe
La proposta prevede che i monumenti siano esclusi dalle nuove regole, e che i paesi dell’UE possano decidere autonomamente di escludere anche altre tipologie di edifici, come quelli protetti per il valore storico o architettonico, quelli utilizzati per brevi periodi o i luoghi di culto. Sarà possibile esentare anche gli alloggi pubblici sociali, laddove i lavori di ristrutturazione porterebbero ad aumenti degli affitti che non possono essere compensati risparmiando sulle bollette energetiche.
Come ha sottolineato il think tank ECCO, «contrariamente a quanto riportato dai media nazionali, l’Europa non chiede di rinnovare il 60-75% degli oltre 12 milioni di edifici nei prossimi dieci anni, ma, secondo stime preliminari, solamente il 25-30%. Inoltre, non sono previste sanzioni o limitazioni in caso di non rinnovamento. L’eventuale decisione è demandata ai singoli Stati, ai quali è lasciato ampio margine di discrezionalità».
Stop agli impianti di riscaldamento a combustibili fossili entro il 2035
Dalla data di recepimento della direttiva, i paesi dell’UE dovrebbero garantire che non venga più autorizzato l’uso di combustibili fossili negli impianti di riscaldamento, per gli edifici nuovi e per quelli sottoposti a ristrutturazioni importanti, ristrutturazioni profonde o rinnovamenti dell’impianto di riscaldamento. Secondo la proposta, il loro utilizzo dovrebbe essere del tutto eliminato entro il 2035 (ma è possibile che in seguito ai prossimi negoziati la scadenza slitti al 2040).
Sostegno alle misure contro la povertà energetica
La proposta votata giovedì dal Parlamento europeo prevede l’indicazione di includere nei piani nazionali di ristrutturazione dei «regimi di sostegno con obiettivi realistici e misure per facilitare l’accesso a sovvenzioni e finanziamenti».
Gli Stati membri dovrebbero istituire programmi di ristrutturazione a costo zero, con misure finanziarie che forniscano incentivi significativi per ristrutturazioni profonde, in particolare degli edifici con le prestazioni peggiori, e sovvenzioni e sussidi mirati a disposizione delle famiglie vulnerabili.
Cosa succede adesso
Durante la sessione plenaria del 13-16 marzo il Parlamento europeo voterà il disegno di legge, che a quel punto rappresenterà la posizione di Strasburgo durante i successivi negoziati con il Consiglio, che porteranno i deputati a concordare la forma finale del disegno di legge. La strada quindi è ancora piuttosto lunga, e non è da escludere che alla fine del processo la misura risulti meno ambiziosa rispetto all’attuale proposta, specialmente in seguito i negoziati con il Consiglio europeo.