Glifosato, in Europa il via libera all’erbicida per altri 10 anni. Preoccupano i rischi per la salute e l’ambiente, ma avremmo già a disposizione alternative più sicure
Confermato il rinnovo per l'autorizzazione del Glifosato in Unione Europea. «Si è persa l’occasione di vietare un erbicida che comporta rischi per la salute ed effetti tossici sull’ambiente», commenta Greenpeace. Eppure, un'alternativa è già possibile
L’utilizzo del glifosato sarà permesso, in Unione Europea, per altri 10 anni.
In sede di Comitato d’Appello l’Italia si è astenuta sul via libera all’erbicida, come anche Francia e Germania, mentre lo scorso 13 dicembre aveva addirittura votato a favore. Con l’astensione dei tre paesi, la votazione si è conclusa senza la maggioranza qualificata necessaria per decidere se bloccare il rinnovo e, poco dopo, la Commissione ha annunciato che avrebbe autorizzato di nuovo il glifosato.
«È un giorno triste per l’Europa» ha commentato dopo la votazione Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura dell’organizzazione ambientalista in Italia. «Si è persa l’occasione di vietare un erbicida che comporta rischi per la salute ed effetti tossici sull’ambiente che non possono più essere ignorati».
«Il governo italiano – ha aggiunto – ha ora il dovere di fare il possibile a livello nazionale per proteggere la salute dei cittadini e l’ambiente dal quale tutti noi dipendiamo».
Visualizza questo post su Instagram
Glifosato: cos’è e quali sono i rischi
Il glifosato è la sostanza erbicida più diffusa al mondo, per via della sua efficacia e della minore tossicità rispetto agli analoghi prodotti che erano disponibili quando è stato messo in commercio, negli anni Settanta, dalla multinazionale Monsanto. Nel 2001 è scaduto il suo brevetto, e da allora il glifosato viene prodotto da un grande numero di aziende.
L’anno scorso, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche aveva espresso il suo parere sulla categorizzazione e l’etichettatura del glifosato, sostenendo che questo prodotto non soddisfaceva i criteri scientifici per essere classificato come cancerogeno, come mutageno (ovvero che può causare cambiamenti nel DNA), o come dannoso per la fertilità e la riproduzione. L’organizzazione ha però avvertito che il glifosato può causare gravi danni agli occhi ed è tossico per la vita acquatica.
Motivando la scelta di rinnovo, la Commissione Europea ha dichiarato che se emergessero nuove evidenze che dimostrassero che i requisiti di approvazione non sono rispettati, saranno adottate misure per adeguare o revocare l’approvazione.
In realtà, la comunità scientifica è ben poco certa della sua sicurezza.
Negli anni questa sostanza ha suscitato molti dibattiti su scala globale, generando anche controversie legali, ed è stata oggetto di numerosi studi scientifici che hanno però portato a risultati discordanti e spesso incerti.
Se da una parte non è emersa una certezza assoluta relativa alla sua potenziale pericolosità, dall’altra non è mai stato possibile escluderla. In particolare, gli studi sull’uso del glifosato hanno rilevato un possibile rischio di linfomi non-Hodgkin – tumori sviluppati dai linfociti nel sistema linfatico – nelle persone più esposte. Nel 2015, un gruppo di esperti dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha deciso di inserire il glifosato nella lista delle sostanze “potenzialmente cancerogene”.
Nel novembre di quest’anno, una ricerca pubblicata sulla rivista medica Lancet ha suggerito che l’esposizione al glifosato potrebbe essere collegata anche a un aumento dei casi di morbo di Parkinson.
Anche dalla giurisprudenza arrivano segnali importanti. Per esempio, l’azienda chimica tedesca Bayer ha recentemente perso tre cause legali di risarcimento contro persone malate di cancro negli Stati Uniti, che imputano la malattia all’esposizione al Roundup, un diserbante a base di glifosato.
Di fronte all’incertezza, finora le istituzioni hanno deciso di non vietare l’utilizzo del glifosato ma porre dei limiti. Per esempio, nel 2016 il Ministero della Salute in Italia ha deciso di vietarlo:
- nelle aree frequentate dalla popolazione come parchi, giardini, campi sportivi e aree ricreative, cortili e aree verdi all’interno di plessi scolastici, aree gioco per bambini e aree adiacenti alle strutture sanitarie;
- nella fase di pre-raccolta con il solo scopo di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura;
- in ambito non agricolo su suoli su suoli contenenti una percentuale di sabbia superiore all’80%, nelle aree vulnerabili e nelle zone di rispetto.
Esistono alternative al glifosato
Nella primavera di quest’anno l’organizzazione Pesticides Action Network (Pan) Europe, in collaborazione con i Verdi Europei, ha pubblicato un rapporto che fa luce sul ruolo del glifosato nel settore agricolo e sulle sue possibili alternative.
L’analisi mette in discussione la stessa necessità degli erbicidi nella produzione alimentare: «non tutte le erbe infestanti sono dannose per il raccolto o la resa del terreno – spiega -. Solo il 20% delle specie viene considerato dannoso», e anche in questo caso dev’essere presente in quantità sufficientemente elevate da causare danni economici. La grande maggioranza delle piante non coltivate, invece, non solo non danneggiano colture e raccolti, ma possono anche essere benefiche e preziose per i sistemi di produzione alimentare oltre che per l’ambiente e la biodiversità.
«Ingenti somme di denaro vengono sprecate a causa dell’acquisto di pesticidi sempre più costosi – sottolinea il rapporto -, indebolendo contemporaneamente la loro resilienza agli shock causati dal cambiamento climatico e agli eventi meteorologici estremi». «La siccità che ha colpito l’Europa nel 2022, e che rappresenterà probabilmente la nuova normalità, ci ha mostrato che i sistemi multispecie sono i più resistenti; l’unica traccia verde rimasta tra i pascoli in quell’anno era la copertura di erbe infestanti».
Inoltre, gli esperti confermano che esistono alternative più sicure agli erbicidi sintetici che contengono glifosato, e che anche da un punto di vista economico è fattibile eliminarlo dall’agricoltura.
L’inversione di tendenza è già in corso, osservano, e dovrebbe essere sostenuta dalla politica con misure ad hoc, ricerca e finanziamenti pubblici. Molte delle tecniche descritte nello studio sono innovazioni di base ad opera di agricoltrici ed agricoltori biologici. Inoltre, è possibile ridurre in modo significativo e massiccio l’uso di pesticidi grazie agli approcci IPM (Management Integrato dei Pesticidi), che ne risparmiano l’uso limitandolo ai casi di stretta necessità. La difesa integrata è stata inventata quasi un secolo fa, sottolinea il rapporto, ed è tuttora promossa dall’industria chimica per risparmiare risorse e per combattere la resistenza, in modo che i suoi prodotti possano rimanere efficaci.
Può interessarti anche:
Emergenza clima, la salute delle persone è in balia dei combustibili fossili. L’allarme del Lancet