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Strategie industriali e gestione della transizione ambientale. La nuova politica industriale dell’UE

Come gestire la transizione ambientale e digitale di un tessuto imprenditoriale duramente colpito dalla pandemia

Parlare di ambiente, clima e sostenibilità è prioritario in una situazione climatica compromessa che condiziona le nostre società e la vita delle generazioni future. Come si ripete spesso, sono necessarie azioni di prevenzione, mitigazione e adattamento alla crisi climatica, ma per rafforzare la spina dorsale di questo cambiamento bisogna iniziare a mettere in primo piano le argomentazioni riguardanti le strategie industriali e le modalità di gestione della transizione ambientale e digitale.

In tutti i contesti, infatti, viene citata la necessità di azioni di mitigazione e di adattamento al cambiamento climatico, attraverso la transizione ad una economia verdel’utilizzo di strategie di ripresa dalla pandemia orientate verso una maggior tutela ambientale e verso la digitalizzazione. Ma quali possano essere concretamente queste strategie risulta spesso nebuloso o poco discusso.

Posto che è necessario definire al più presto strategie di ripresa per uscire da una crisi evitandone un’altra, e che ogni transizione va gestita considerando i molteplici impatti in modo sistemico (ad esempio, le possibili ricadute su un tessuto sociale già duramente provato), vediamo come si sta muovendo il Parlamento europeo in merito.

A marzo 2020, la Commissione europea ha presentato una strategia per aiutare l’industria a guidare la doppia transizione verso la neutralità climatica e la leadership digitale. La strategia proposta aveva come obiettivo principale quello di guidare la competitività dell’Europa e la sua autonomia strategica in un momento di mutamento geopolitico e di aumento della concorrenza globale.

Nel corso dei mesi successivi, con il perdurare della pandemia, le ricadute economiche hanno rimescolato, e di molto, le carte in tavola, minando in primis la salute finanziaria delle aziende europee in un contesto globale di profonda incertezza. Gli eurodeputati hanno dunque valutato la necessità di aggiornare la strategia di Marzo.

Ad ottobre 2020 è stata approvata dalla Commissione ITRE del Parlamento europeo la relazione sulla nuova strategia industriale europea proposta dall’On. Carlo Calenda. L’approvazione è avvenuta a larga maggioranza con 52 voti favorevoli, 7 contrari e 12 astenuti e rappresenta un primo via libera del Parlamento europeo. A novembre 2020, la relazione è stata messa ai voti in plenaria, ed è stata approvata a larga maggioranza con 486 voti favorevoli, 109 contrari, e 102 astensioni.


Come si legge dal Rapporto, la nuova strategia si compone di due step: il primo riguarda la ripresa, il secondo la ricostruzione e la resilienza, il tutto anche alla luce dell’istituzione del piano Next Generation EU.

La distinzione di due fasi ben distinte, eviterebbe di caricare le aziende europee, già duramente provate dalla crisi, di altri oneri per il raggiungimento di nuovi standard necessari per la transizione. Una volta ristabilito l’equilibrio nell’ecosistema produttivo, dovranno essere messi a disposizione dei fondi per permettere alle imprese di sostenere la transizione ambientale e digitale.

La fase di ripresa ha come fattori chiave la salvaguardia del mercato unico e la ricapitalizzazione delle società.

In questi difficili mesi, sono stati attivati regimi nazionali di sostegno alle imprese e ai lavoratori. Il piano propone di muoversi prioritariamente per sostituire i sostegni statali con programmi dell’UE gestiti dalla Commissione, ponendo come obiettivo del Recovery Fund il sostegno agli Stati membri più colpiti che hanno messo a disposizione meno sostegni statali. Il tutto al fine di prevenire un mercato unico post Covid-19 frammentato e con distanze incolmabili tra gli Stati membri. Viene da sé che un’Europa con un mercato squilibrato sarebbe più fragile di fronte ai competitor internazionali.

I settori produttivi che hanno subito i colpi più duri in questi lunghi mesi di pandemia (come ad esempio il turismo), soggetti talvolta alle maggiori restrizioni e alle incertezze dei ristori nazionali, con la strategia proposta riceverebbero un sostegno maggiore, e beneficerebbero più a lungo del regime speciale degli aiuti di Stato.

Per quanto riguarda la ricapitalizzazione, il report presta particolare attenzione alla situazione delle PMI, ritenendo che le misure messe in atto dagli Stati membri per aiutarle a far fronte all’attuale crisi di liquidità siano utili, ma potrebbero in alcuni casi aumentare i loro livelli di debito. Invitano la Commissione a sostenere i programmi nazionali e dell’UE che incentivano l’aumento di capitale.

Garantito un equilibrio all’interno degli Stati e nel mercato unico, si passerebbe poi alla seconda fase, quella della ricostruzione e della transizione.

Per raggiungere l’ambizioso obiettivo europeo della neutralità climatica entro il 2050 servirà un approccio strategico olistico e oneroso che accompagni gli Stati nella transizione senza causare danni all’industria europea ma, al contrario, che ne evidenzi le opportunità. Per questo, il Report sostiene che il Recovery Fund dovrebbe evolversi in Reconstruction and Transformation Fund, facendo sì che progetti e programmi vengano orientati in modo più decisivo e definito verso il raggiungimento degli obiettivi digitali e ambientali.

Per approfondire: Il Green Deal conviene, anche all’economia: il rapporto di Italian Climate Network e EStà

Per fare un esempio, il settore dell’industria dell’acciaio presenta evidenti ritardi nell’adeguamento dei propri impianti (macchinari e tecnologia), e per questo dovranno necessariamente essere messi a disposizione incentivi e sussidi pubblici che richiederanno un importo economico importante. Oltre ai forti incentivi per sostituire macchinari e tecnologia, la proposta include l’onere dei sussidi per sostenere il prezzo attualmente non competitivo del gas da utilizzare nella produzione dell’acciaio e una carbon border tax per tenere lontane le importazioni di inquinanti a basso costo.

Gestire adeguatamente la transizione servirà a tutelare l’Europa da eventuali delocalizzazioni delle imprese in paesi a standard emissivi meno severi, che l’allontanerebbero dall’obiettivo di contenimento delle emissioni. La transizione ambientale può far crescere l’occupazione, ma solo con una pragmatica visione di medio-lungo termine, che si occupi anche dell’aggiornamento professionale dei lavoratori.

Per approfondire: Crisi climatica ed economia, l’importanza di pensare a lungo termine per salvarci dal “cigno verde”

A livello nazionale, il Rapporto propone alla Commissione di poter utilizzare i fondi europei come crediti d’imposta per gli investimenti ambientali e digitali, questo perché attualmente l’Italia fa fatica a spendere i fondi europei e le PMI fanno particolarmente fatica ad accedervi.

La nuova strategia industriale europea vede dunque una combinazione di aiuti diretti e di stimoli fiscali con una attenzione particolare alle PMI. Il tutto con interventi, anche guidati dalla Commissione, sempre monitorati attraverso l’introduzione di un sistema di Key Performance Indicators e analisi di impatto. Il monitoraggio degli effetti degli strumenti dell’Unione sarà utile a valutare anche la reale sostenibilità ambientale, economica e sociale degli interventi stessi, promuovendo così una transizione realmente equa e che non lasci indietro nessuno.

Elisabetta Ruffolo

Elisabetta Ruffolo (Milano, 1989) Laureata in Public Management presso la facoltà di Scienze politiche dell’Università degli studi di Milano. Head of communication di MeteoExpert, Produttrice Tv per Meteo.it, giornalista e caporedattrice di IconaClima. Ha frequentato l’Alta scuola per l’Ambiente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per il Master in Comunicazione e gestione della sostenibilità.

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