Il 47% della foresta amazzonica è a rischio: il punto di non ritorno entro il 2050
La foresta ha già superato il limite di sicurezza e urge un'azione correttiva per ripristinare le aree degradate e migliorare la resilienza dell'ecosistema.
Fino a metà della foresta amazzonica potrebbe raggiungere il punto di non ritorno entro il 2050 a causa dello stress idrico, del disboscamento dei terreni e degli sconvolgimenti climatici. Lo afferma un nuovo studio, il più completo fino ad oggi nella sua analisi degli impatti combinati dell’attività umana locale e della crisi climatica globale, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature e condotto da un team di scienziati dell’Università Federale di Santa Catarina (UFSC).
Nature research paper: Critical transitions in the Amazon forest system https://t.co/gPJvdiK9Rl
— nature (@Nature) February 15, 2024
La foresta ha già superato il limite di sicurezza e urge un’azione correttiva per ripristinare le aree degradate e migliorare la resilienza dell’ecosistema.
La ricerca effettua una revisione completa dei dati ed elabora scenari basati sulla mappatura di cinque fattori di stress che interessano la regione: il riscaldamento globale, le precipitazioni annuali, l’intensità delle precipitazioni stagionali, la durata della stagione secca e la deforestazione accumulata. Il documento indica anche i possibili modi per modificare lo scenario ed evitare il collasso. Secondo le stime, nei prossimi 25 anni tra il 10 e il 47% dell’Amazzonia potrebbe raggiungere un punto di non ritorno, con transizioni inaspettate nel paesaggio.
La ricerca è guidata dallo scienziato Bernardo Monteiro Flores, che sta svolgendo un post-dottorato in Ecologia presso l’UFSC, sotto la supervisione della professoressa Marina Hirota, co-autrice dello studio.
Foresta amazzonica vicina al punto di non ritorno
L’analisi dettagliata, che è stata oggetto di un rapporto pubblicato nel 2021 e che porta dati aggiornati da nuove prospettive, presenta prove dell’avvicinamento della foresta amazzonica a un punto critico, quello che gli scienziati chiamano “tipping point” ossia “punto di non ritorno”. Utilizzando immagini satellitari, dati di osservazione del clima, modelli climatici e prove di paleoecologia, è stato possibile comprendere i principali fattori di stress della foresta e come l’interazione tra questi possa accelerare ulteriormente la distruzione di un ecosistema.
Tutti gli effetti dello stress sono legati all’acqua. Per ognuna di queste cinque variabili esistono soglie critiche e l’interazione tra questi fattori di stress può avere un effetto sinergico.
Il gruppo di scienziati ha definito, ad esempio, che la temperatura non può oscillare oltre 1,5 gradi, con precipitazioni annuali fino a 1.800 millimetri. Il deficit idrico cumulativo non deve essere superiore a -350 millimetri e la stagione secca non deve durare più di cinque mesi. Infine, la deforestazione avrebbe un limite di sicurezza del 10% della copertura originale del bioma forestale, che richiede anche il ripristino di almeno il 5% del bioma.
Le precipitazioni sono essenziali per la vita della foresta. Ogni giorno, gli alberi della foresta pompano dal suolo enormi quantità di acqua – fino a 500 litri per un singolo albero – nell’atmosfera, aumentando la concentrazione di umidità atmosferica. Oltre a rimuovere l’acqua, gli alberi rilasciano anche composti organici volatili che contribuiscono alla formazione delle nuvole. Gli alberi sono fabbriche di pioggia naturali.
Un collasso della foresta amazzonica rischierebbe di destabilizzare il sistema climatico globale. L’Amazzonia immagazzina enormi quantità di carbonio, la perdita della foresta e le emissioni di carbonio potrebbero accelerare il riscaldamento globale di circa 15 o 20 anni.
Recenti osservazioni del flusso di carbonio della foresta hanno rivelato che l’Amazzonia sudorientale è passata ad essere una fonte di emissioni di carbonio, probabilmente a causa di disturbi nell’uso del suolo. La perdita di foresta inoltre riduce la circolazione dell’umidità atmosferica non solo nella regione, ma può influenzare le condizioni di precipitazione in altre parti del mondo, come l’Asia o l’Antartide.