EsteroNotizie Mondo

Il grande costo ambientale della Guerra tra Russia e Ucraina

Minaccia nucleare, miniere abbandonate, inquinamento atmosferico, emissioni: i danni collaterali (e non) di una guerra ingiustificata

La guerra in atto tra Russia e Ucraina, così come ogni altro conflitto, ha un costo altissimo in termini di vite umane e distruzione, ma anche a livello ambientale. Invadere e bombardare il nemico con missili e carri armati è una delle trovate peggiori dell’essere umano. Lo stiamo vedendo con i nostri occhi: la totale distruzione di una città europea e la strage di civili. Insieme a tutto questo, come se non bastasse, la guerra provoca danni ambientali che non possiamo trascurare.

Danni e minacce ambientali della guerra tra Russia e Ucraina

A fine febbraio già i satelliti hanno notato come le miniere abbandonate nell’Ucraina orientale si stessero riempiendo di acqua ad un ritmo impressionante. La situazione risulta particolarmente preoccupante nella miniera di carbone Yunkom, nonché sito per test nucleari sovietici nel 1979: qui i satelliti hanno rilevato un forte rigonfiamento del terreno, provocato dalle infiltrazioni di acqua. Già nel 2017 questo sito era considerato rischioso dall’OCSE, l’Organizzazione intergovernativa per la sicurezza e la cooperazione in Europa. “Qualsiasi destabilizzazione della miniera causata da un suo allagamento potrebbe rilasciare 500 metri cubi di acqua contaminata e radioattiva nelle falde acquifere”. L’allora ministro dell’ecologia Ostap Semerak aveva avvertito nel 2018 che un allagamento del sito in mano ai separatisti avrebbe provocato una “seconda Chernobyl“.

E nel Donbass ci sono 222 miniere di carbone che rendono questo un luogo economicamente strategico quindi, duramente provato da anni di conflitti che secondo l’ONU hanno distrutto 530 mila ettari di ecosistemi tra cui 18 riserve naturali, e 150 mila ettari di foreste. La regione è in effetti al centro di una catastrofe ambientale dal 2014, quando l’annessione della Crimea da parte della Russia ha scatenato conflitti nella regione.

DEIS Donbass
The Donbass Environment Information System – DEIS

Oltre all’inquinamento delle falde acquifere c’è preoccupazione anche per una concreta minaccia nucleare: ora le centrali di Chernobyl e Zaporizhzhia sono in mano ai russi. In particolare la centrale di Zaporizhzhia è la più grande e potente di tutta Europa. Si trova nella città di Enerhodar, sul bacino idrico di Kachovka, vicino alla riva sinistra del fiume Dnepr che sfocia nel Mar Nero, e che a sua volta porta l’acqua nel Mar Mediterraneo. L’ONU ha avvertito che in caso di una fuga di radiazioni, quasi il mondo intero sarebbe in pericolo. E ora le centrali nucleari di Zaporizhzhia e Chernobyl non trasmettono più dati”, riferisce l’AIEA (Agenzia internazionale per l’energia atomica).

Inquinamento, emissioni e sostanze tossiche: tanti i rischi per la salute

La minaccia nucleare e l’inquinamento dell’acqua sono i due grandi problemi ambientali della guerra in atto, ma purtroppo non sono gli unici. Gli eserciti militari emettono CO2 come intere nazioni: quello americano è l’esercito che inquina di più. Nei prossimi anni, visto il peso climatico e ambientale, l’esercito degli USA intraprenderà un percorso di decarbonizzazione, in un piano climatico annunciato ad inizio febbraio 2022. Gran parte delle emissioni deriva dalle catene di approvvigionamento di attrezzature militare. Si tratta di emissioni evitabili che vanno ad aggiungersi a quelle provenienti dalle attività umane di tutto il Mondo, che dobbiamo ridurre il prima possibile per fermare la crisi climatica. Una sfida collettiva, in cui siamo terribilmente in ritardo: nel 2021 infatti abbiamo raggiunto un nuovo incredibile record di emissioni di CO2 a livello globale.

E se non bastasse, le esplosioni e crollo di edifici generano un grande sollevamento di polveri sottili che inquinano l’aria: un ennesimo fattore ambientale e sanitario da considerare, anche se oggi il problema delle polveri sottili è un problema secondario. L’Ucraina, infatti, è uno dei Paesi più inquinati d’Europa: secondo le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità la qualità dell’aria in Ucraina è considerata mediamente pericolosa. Le medie annuali di concentrazioni di particolato PM2.5 si aggirano intorno ai 20 µg/m3, ben superiore al limite di legge di 10 µg/m3. L’inquinamento atmosferico in questa regione dipende dalle industrie, dalle centrali energetiche, dalle miniere, dalla produzione di cibo, dal traffico e dagli incendi forestali. Da paese fortemente industrializzato, l’Ucraina aveva già di base una pessima qualità dell’aria. “Erano già una delle peggiori zone in Europa da questo punto di vista – racconta Mary Prunicki, direttore dell’inquinamento atmosferico e della ricerca sulla salute presso il Sean N. Parker center for allergy research della Stanford University School of Medicine –. Ma se alcuni di questi siti industriali vengono presi di mira o colpiti accidentalmente e incendiati, verranno liberate nell’aria una grande quantità di sostanze tossiche“.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Lynsey Addario (@lynseyaddario)

Doug Weir, direttore della ricerca e delle politiche del Conflict and environment observatory nel Regno Unito, ha spiegato alla BBC che quello che stiamo vedendo “è un’estensione di quello che abbiamo già visto nel Donbass, un conflitto in una zona con una grande concentrazione di industrie pesanti e una triste storia ambientaleA Mariupol’, ad esempio, ci sono 2 enormi fonderie e una cinquantina tra impianti chimici e fabbriche metallurgiche che potrebbero essere danneggiati o distrutti nel conflittoUna delle preoccupazioni maggiori, legate a questa guerra, che tra l’altro è la prima che riguarda così da vicino siti di energia nucleare, è la difficoltà che avremmo ad intervenire in caso di disastro, e le conseguenze successive”. Hanno un approccio abbastanza fatalista ai danni ambientali nei conflitti, che vedono come danni collaterali“, aggiunge Weir, secondo cui i danni all’ambiente potrebbero essere una vera e propria arma usata dall’esercito russo.

Quanto inquinano i mezzi militari?

Anche i mezzi militari inquinano pesantemente l’ambiente1 2: un veicolo da ricognizione (Humvee) consuma 40 litri di gasolio per 100 km (2,5 km/litro circa), con emissioni di 260 kg CO2e per missione;

Hidden carbon costs of the “everywhere war”: Logistics, geopolitical ecology, and the carbon boot-print of the US military – The Geographical Society

un carro armato Abrams M1 di 65 tonnellate consuma 450 litri per 100 km, altri carri armati più leggeri consumano in media 200-300 litri per 100 km, con emissioni di oltre 1.100 kg e 625 kg di CO2 rispettivamente; un caccia F-35 consuma 400 litri di carburante per 100 km (0,25 km/litro circa), emette 27.800 kg CO2e per missione. Un bombardiere B52 consuma circa 12000 litri/ora, mentre un elicottero da combattimento tipo AH64 Apache consuma circa 500 litri/ora. Teniamo presente che le auto diesel oggi consumano 2-4 litri per 100 km.

Secondo uno studio l’esercito degli Stati Uniti acquista carburante quanto gli Stati di Portogallo o Perù. Per capire la portata di una guerra possiamo prendere come esempio il conflitto “Desert Storm” del febbraio-marzo 1991, in cui la coalizione USA-UK ha consumato ogni giorno 45 milioni di litri di carburante, ed emesso112,4 milioni di kg di CO2. Praticamente quanto le emissioni di un comune in un anno intero. In quest’ottica, un mese di guerra provoca emissioni simili a quelle annuali di una città di circa 350 mila abitanti (come Bologna o Firenze).

Secondo alcuni studi, gli eserciti e le industrie connesse potrebbero contribuire del 5% alle emissioni globali, più dell’insieme del trasporto aereo civile e del traffico navale3.

Emissioni e danni ambientali non conoscono confini, ma per scongiurare gli effetti più gravi della crisi climatica serve un’azione immediata

Ad oggi risulta difficile comprendere la portata di quello che sta succedendo in Ucraina, le conseguenze ambientali e sanitarie del conflitto. Quello che sappiamo è che i costi dei danni ambientali derivanti dalla guerra in atto sono importanti e non conoscono confini. Ci si augura che il conflitto cessi il prima possibile, e che ci sia la volontà di collaborare per ridurre il più possibile i danni collaterali (e non) di una guerra ingiustificata.

Bisogna però tenere a mente anche che ogni nostra azione ha una conseguenza sull’ambiente. Non siamo ipocriti: un jet civile non consuma molto meno di un aereo militare. La guerra è senza dubbio dannosa, provoca morti e feriti, ed è una inutile distruzione. Ma gli esseri umani devono rendersi conto che le abitudini che abbiamo avuto negli ultimi 100 anni dovranno cambiare radicalmente e puntare solo e soltanto alle fonti rinnovabili affinché nulla inquini più, neanche andare in scuola in macchina o al lavoro in autobus o in vacanza in aereo.

  1. The carbon boot-print of the military
  2. Clima di guerra: quali sono i costi energetici e ambientali del conflitto iracheno?
  3. Emissions by sector
Leggi anche:

Energia, la nuova strategia dell’Europa per smarcarsi dalla dipendenza del gas russo

Energia rinnovabile, il contributo dei biocombustibili legnosi per diversificare e ridurre la dipendenza energetica dell’Italia

Corea del Sud, incendi lungo la costa orientale: 7mila persone evacuate

 

Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio