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Il Mar Caspio rischia di scomparire per sempre. Forti segnali per un disastro ecologico annunciato

C’era un tempo in cui, dalla costa, il popolo kazako salpava nelle acque salmastre del Mar Caspio. Oggi, solo un decennio più tardi, il punto di partenza si affaccia su un terreno brullo e pietroso che si allunga fino all’orizzonte. L’acqua si è ritirata rapidamente dalle coste delle città affacciate sul Mar Caspio in Kazakistan.

A oltre 1.600 chilometri a sud, vicino a una città iraniana, il mare è soffocato dall’inquinamento.

Il Mar Caspio, la più grande massa d’acqua chiusa del mondo, ha una superficie del 25% più estesa dell’Italia. La sua costa, che si estende per oltre 6.500 chilometri, è condivisa tra cinque nazioni: Kazakistan, Iran, Azerbaigian, Russia e Turkmenistan. Questi paesi dipendono da esso per la pesca, l’agricoltura, il turismo e persino per l’acqua potabile, senza contare le risorse di petrolio e gas naturale di cui è ricco. Il Caspio contribuisce anche alla regolazione climatica della regione, apportando piogge e umidità in Asia centrale.

Tuttavia, questo enorme lago è in grave crisi. Dighe, eccessivo sfruttamento delle risorse, inquinamento e la crescente crisi climatica stanno accelerando il suo declino, portandolo, secondo alcuni esperti, oltre il punto di non ritorno. Mentre i cambiamenti climatici stanno alzando i livelli degli oceani, per mari e laghi chiusi come il Caspio la storia è diversa. Questi corpi d’acqua dipendono da un delicato equilibrio tra l’afflusso di acqua da fiumi e piogge e la perdita dovuta all’evaporazione. Con l’aumento delle temperature globali, questo equilibrio si sta alterando e il Caspio ne sta pagando il prezzo.

A pochi chilometri di distanza, il destino del Mar d’Aral rappresenta un triste presagio: un tempo tra i più grandi laghi del mondo, oggi è praticamente scomparso, vittima di interventi umani e della crisi climatica. Il Mar Caspio, invece, è da migliaia di anni sottoposto a variazioni naturali di livello, legate a cambiamenti di temperatura e alla dinamica delle calotte glaciali. Tuttavia, negli ultimi decenni, il declino si è fatto più veloce.

L’attività umana gioca un ruolo centrale. Il Caspio riceve acqua da 130 fiumi, ma circa l’80% dell’afflusso proviene solo dal Volga, il fiume più lungo d’Europa. Questo flusso è sempre più ridotto a causa delle dighe e dei bacini idrici costruiti lungo il fiume, soprattutto in Russia, che ha eretto circa 40 dighe e ne ha altre 18 in programma, come ha spiegato un esperto di studi sull’Asia centrale e il Caucaso. Tuttavia, il cambiamento climatico contribuisce in modo crescente, aumentando i tassi di evaporazione e provocando piogge sempre più irregolari.

Dal 1990, i livelli dell’acqua nel Caspio hanno iniziato a scendere, un fenomeno che si è intensificato dal 2005, con un calo di circa 1,5 metri, ha osservato un modellatore di sistemi terrestri presso un’università tedesca. Con il continuo riscaldamento globale, i livelli del Caspio sono destinati a scendere ulteriormente. Studi scientifici indicano un possibile calo tra gli 8 e i 30 metri entro la fine del secolo, a seconda della velocità con cui si riuscirà a ridurre l’inquinamento da combustibili fossili. Anche in scenari più ottimistici, le zone più settentrionali e poco profonde del Caspio, in particolare attorno al Kazakistan, rischiano di scomparire completamente.

Per i paesi del Caspio, questo scenario rappresenta una crisi drammatica. Le zone di pesca si ridurranno, il turismo calerà, e l’industria navale dovrà fare i conti con porti in acque sempre più basse, come ha evidenziato un accademico dell’Università di Teheran. Ci saranno anche implicazioni geopolitiche, con cinque paesi che potrebbero contendersi risorse sempre più scarse, generando nuove tensioni e possibili conflitti per il controllo di petrolio e gas, qualora il cambio della linea costiera portasse a nuove rivendicazioni.

La crisi è già devastante per la fauna unica del Caspio. Il mare ospita centinaia di specie, incluse alcune in via di estinzione come lo storione selvatico, fonte del 90% del caviale mondiale. L’isolamento millenario del Caspio ha permesso lo sviluppo di creature singolari, ma il progressivo ritiro dell’acqua sta riducendo i livelli di ossigeno nelle profondità, con il rischio di far scomparire specie sopravvissute per milioni di anni.
Anche le foche del Caspio, una specie marina endemica e in pericolo, stanno lottando per sopravvivere. I loro luoghi di riproduzione, nelle acque più basse a nord-est, si stanno riducendo e spostando, mentre devono anche fare i conti con inquinamento e pesca eccessiva. Una ricercatrice dell’Istituto di idrobiologia ed ecologia in Kazakistan ha riportato come, in un sito di riposo nel nord-est, il numero di foche sia passato da 25.000 nel 2009 a nessuna osservata nel 2020.

La risoluzione di questa crisi è complessa. Il Caspio è circondato da paesi con una storia di instabilità politica, ognuno dei quali vivrà il declino dell’acqua in modo diverso. Nessun paese può essere considerato il solo responsabile, ma, senza un’azione collettiva, il Caspio potrebbe seguire le sorti del disastro del Mar d’Aral.

La preoccupazione per il destino del Caspio cresce in un momento in cui l’attenzione sulla regione è massima. Il prossimo mese, i leader globali si riuniranno a Baku nella capitale costiera dell’Azerbaigian per la COP29, il summit annuale delle Nazioni Unite sul clima, per discutere azioni in un contesto caratterizzato dalla presenza di piattaforme petrolifere.
Intanto, in Kazakistan, un attivista cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla condizione del Caspio attraverso immagini spettacolari che condivide online. Se la crisi climatica e lo sfruttamento dell’acqua proseguiranno incontrollati, teme che il Caspio possa subire lo stesso tragico destino del Mar d’Aral. Anche in Iran, un fotografo continua a immortalare le coste caspiche, documentando non solo l’inquinamento e il ritiro delle acque, ma anche la bellezza che ancora persiste e il profondo legame che le persone hanno con questo mare.

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