Bioplastica, la soluzione potrebbe arrivare dal mare
Una ricercatrice del Sussex ha inventato una bioplastica che deriva dagli scarti del pesce e si smaltisce entro sei settimane
Una delle alternative alla plastica monouso può essere la bioplastica, e una giovane ricercatrice dell’Università del Sussex, Lucy Hughes, è riuscita a realizzare un materiale davvero innovativo che deriva dagli scarti del pesce e si smaltisce nel giro di quattro – sei settimane.
Con il suo progetto, Lucy Hughes si è aggiudicata il primo posto nella quindicesima edizione del James Dyson Award, un premio internazionale per il design che incoraggia i progettisti a elaborare nuove idee in risposta ai problemi che l’umanità deve affrontare. Tra questi, quello dell’inquinamento prodotto dalla plastica monouso è senz’altro uno dei più preoccupanti: secondo una ricerca, mentre nel 1950 la popolazione globale 2,5 miliardi produceva in tutto 1,5 milioni di tonnellate di plastica, nel 2016 oltre 7 miliardi di persone hanno prodotto più di 320 milioni di tonnellate di plastica. Una cifra enorme, se si pensa che equivale al peso di oltre 800 mila “Torri Eiffel”, che secondo gli scienziati è destinata a raddoppiare entro il 2034.
La bioplastica che arriva dal mare
L’idea innovativa della giovanissima Lucy Hughes è stata quella di utilizzare gli scarti del pesce, destinati alla discarica o all’inceneritore, unendoli a delle particolari alghe rosse.
Il risultato è Marina Tex, una bioplastica speciale che si presenta sotto forma di fogli flessibili e traslucidi, particolarmente resistente ma soprattutto biodegradabile. E il processo di produzione è decisamente efficiente: secondo la sua ideatrice, per produrre 1.400 sacchi di Marina Tex sarebbero sufficienti i rifiuti organici prodotti da un solo merluzzo bianco atlantico.
Con la vittoria del concorso, la ricercatrice si è aggiudicata un premio di 30mila sterline, che ha detto di essere intenzionata a investire in ulteriori ricerche.