Ghiacci e oceani, l’IPCC chiede di agire subito per affrontare l’inevitabile
Un'azione ritardata comporta costi e rischi crescenti. Servono «modifiche senza precedenti delle nostre abitudini in tutti gli ambiti della società»
L’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) ha pubblicato un Report speciale che evidenzia l’urgenza di dare priorità in maniera tempestiva ad azioni coordinate e ambiziose per affrontare cambiamenti persistenti e senza precedenti che riguardano oceani e la criosfera, ossia i ghiacci del Pianeta. L’emergenza è globale: oggi 670 milioni di persone nelle regioni di alta montagna e 680 milioni di persone nelle zone costiere dipendono direttamente da oceani e criosfera.
Perché preoccupano oceani e ghiacci?
L’oceano è più caldo, più acido e meno prolifico. La fusione dei ghiacciai e delle calotte polari stanno provocando innalzamento del livello del mare, ed eventi estremi sulle aree costiere stanno diventando più intensi. A causa delle emissioni di gas serra presenti e passate, il riscaldamento globale ha già raggiunto 1°C sopra i livelli pre-industriali.
Ghiacciai, neve, ghiaccio e permafrost stanno diminuendo e continueranno a diminuire. Si prevede che questo aumenterà i pericoli per le persone, in termini di frane, valanghe e alluvioni. Si prevede che i piccoli ghiacciai in Europa, in Africa orientale, nelle Ande tropicali, e in Indonesia entro il 2100, nello scenario con alte emissioni, subiranno una perdita dell’80% della massa ghiacciata. Lo stiamo vivendo da vicino proprio in questi giorni con il ghiacciaio Planpinceux sul massiccio del Monte Bianco.
Oltre ad influenzare negativamente attività ricreative e turistiche, l’arretramento dei ghiacciai in alta montagna contribuisce ad alterare la disponibilità e la qualità dell’acqua a valle, con conseguenze per molti settori quali agricoltura e idroelettrico.
L’innalzamento del livello del mare aumenterà la frequenza di eventi estremi legati ad esempio ad alte maree e a tempeste. In assenza di importanti investimenti in adattamento, il report evidenzia come le zone costiere saranno esposte a crescenti rischi di alluvione e alcune nazioni insulari potrebbero diventare inabitabili. Inoltre l’incremento di cicloni tropicali, venti e piogge inaspriscono gli eventi estremi legati al livello del mare e i pericoli per le aree costiere.
Ad oggi, l’oceano ha assorbito oltre il 90% del calore in eccesso nel sistema climatico. Le ondate di calore marine sono raddoppiate in frequenza dal 1982 e stanno aumentando di intensità. L’oceano ha assorbito tra il 20 e il 30% delle emissioni di biossido di carbonio indotte dall’uomo dagli anni ’80, causando l’acidificazione degli oceani.
Agire subito per affrontare l’inevitabile
Il Rapporto Speciale “Oceano e Criosfera in un clima che cambia“, approvato il 24 settembre 2019 dai 195 governi membri dell’IPCC, fornisce nuove prove sui benefici derivanti dal limitare il riscaldamento globale al più basso livello possibile – in linea con gli obiettivi che i governi si sono dati nell’Accordo di Parigi del 2015. Il rapporto fornisce le prove dei benefici ottenibili con la combinazione della conoscenza scientifica con il sapere locale e indigeno per sviluppare opzioni adeguate al fine di gestire i rischi dei cambiamenti climatici e migliorare la
resilienza.
«Il mare aperto, l’Artico, l’Antartide e le regioni d’alta montagna possono sembrare assai distanti per molte persone», ha detto Hoesung Lee, presidente dell’IPCC. «Ma noi dipendiamo da loro, siamo influenzati da loro in molti modi, diretti e indiretti, che riguardano meteo e clima, cibo e acqua, energia, attività commerciali, trasporti, tempo libero e turismo, salute e benessere, cultura e identità».
«Se noi riducessimo le emissioni nettamente, le conseguenze per le persone e la loro vita sarebbero ancora complesse, ma potenzialmente più gestibili per coloro che sono più vulnerabili,» ha affermato Lee. «Noi miglioreremmo la nostra capacità di resilienza e ci sarebbero maggiori benefici per lo sviluppo sostenibile».
«Saremo in grado di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali solo se mettiamo in atto modifiche senza precedenti delle nostre abitudini in tutti gli ambiti della società, quali l’energia, il territorio e gli ecosistemi, le città e le infrastrutture, nonché l’industria». Lo dichiara Debra Roberts, co-chair del Working Group II dell’IPCC, ricordando che «le ambiziose politiche climatiche e le riduzioni di emissioni necessarie per realizzare l’accordo di Parigi proteggeranno anche l’oceano e la criosfera e, infine sosterranno tutta la vita sulla Terra».