Sulla costa orientale dell’Islanda a Dalatangi, un luogo isolato che si trova sulla punta del fiordo di Mjóifjörður, c’è una stazione meteorologica che viene gestita da 2 donne. Mjóifjörður, il “fiordo stretto”, in passato stazione di pesca alla balena di prim’ordine, è oggi una località fuori mano, tagliata fuori perfino dalla rete di telefonia cellulare, che in inverno gode di poche ore di luce al giorno. La città più vicina Egilsstadir, si trova a circa 2 ore d’auto, collegata da una stradina che in certi momenti dell’anno diventa impraticabile. Marzibil Erlendsdottir e sua figlia Aðalheiður gestendo la stazione meteorologica, ogni 3 ore, senza mai potersi fermare, devono comunicare le misurazioni di temperatura, pressione, vento, all’ufficio meteorologico centrale islandese che poi le utilizza per preparare le previsioni del tempo.
Su Repubblica un’interessante intervista di Giuliano Aluffi, ci porta a conoscere più a fondo questa storia incredibile. “Ho sempre voluto fare l’agricoltore fin da bambina e quando mi sono sposata a 23 anni, ho iniziato ad avere i miei animali. Ho iniziato a mandare le previsioni del tempo quando avevo 16 anni; nel 1994 i miei genitori si sono trasferiti. Io avevo 34 anni e ho preso il comando della fattoria e della stazione meteorologica e quindi ho legato la mia vita ancora di più a questo posto. Ho continuato così anche dopo aver perso mio marito, a essere onesti, nella mia vita non ho mai sentito il desiderio di viaggiare molto e mi è sempre piaciuto l’isolamento di questo posto. Il periodo più lungo in cui siamo stati completamente tagliati fuori, senza che nessuna barca potesse raggiungerci o altro, è stato probabilmente intorno ai 50 giorni. Invece il periodo più lungo in cui la strada che arriva qui era chiusa, ma una barca poteva occasionalmente venire qui con delle provviste, è stato di circa 6 mesi. I miei report meteorologici devono essere inviati rigorosamente ogni 3 ore, giorno e notte. Per questo compito non c’è mai una vacanza”.
“Una volta, circa 20 fa, venne giù una quantità incredibile di neve, a un paio di chilometri dalla stazione, delle valanghe distrussero i pali della luce e per sei mesi, per avere l’elettricità in casa, abbiamo dovuto usare i generatori che sono nel faro. Qualche anno dopo una serra e il tetto di una stalla presero il volo per via del vento di nord-est. Quattro anni fa, invece, dopo forti piogge il fiume nella valle qui accanto ha spaccato la strada, e ci sono state molte frane dalle montagne che ci circondano. A volte, poi, l’oceano diventa un po’ pazzo: le onde raggiungono gli 8-10 metri d’altezza, offrendo uno spettacolo straordinario”.
“Ora d’inverno c’è più pioggia e meno neve rispetto ai decenni passati. La differenza nella quantità di neve durante l’inverno è piuttosto evidente rispetto a 25-30 anni fa. Poi non fa più così freddo e l’oceano è diventato un po’ più alto. Sono un po’ pessimista: non mi sembra che le grandi aziende e le grandi nazioni stiano facendo abbastanza. Gli esseri umani sono troppo avidi. La gente tende a non pensare al futuro: preferisce preoccuparsi del proprio comfort immediato. Noi segnaliamo il livello del mare, il vento e le irregolarità nelle onde e i pescatori, basandosi sui nostri report, decidono se andare a pescare o meno. Oggi nelle barche e nelle navi c’è molta più tecnologia di una volta, quindi ormai è raro che qualcuno si avventuri in mare senza aver controllato i suoi strumenti elettronici. Quando ero piccola, invece, la stazione meteo era davvero cruciale, perché le barche non avevano molti strumenti. Io mi occupo anche del faro che serve a guidare i pescatori al sicuro quando c’è qualche tempesta. Certo, probabilmente oggi non è più così utile come una volta. Ma dà ancora un certo senso di sicurezza a chi è in mare sapere che siamo qui, che stiamo osservando il tempo, e che se anche tutto il resto dovesse fallire, noi saremo lì ad accendere il faro per guidarli“.