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“È ora di ampliare la definizione di rifugiato per includere le migrazioni climatiche,” Prof. John Knox, esperto di diritto internazionale.
Nel dicembre 2018, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato il Global Compact per una migrazione sicura, ordinata e regolare, che riconosce le cause ambientali delle migrazioni. Sebbene non vincolante, rappresenta un passo politico significativo. A livello europeo, il Nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo del 2020 presenta lacune nella trattazione dei migranti climatici, necessitando di ulteriori sviluppi normativi. Nel gennaio 2020, un passo avanti è stato compiuto quando il Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha stabilito che gli Stati non possono rimpatriare individui in paesi dove il cambiamento climatico rappresenta una minaccia alla vita. Questo pronunciamento, sebbene non vincolante, potrebbe influenzare future interpretazioni legali, aprendo la strada a una protezione più robusta dei migranti climatici.
Affrontare la questione dei migranti climatici richiede un approccio multidimensionale. Alcuni esperti propongono di estendere la definizione di “rifugiato” per includere i migranti climatici, mentre altri suggeriscono accordi regionali per una protezione mirata. Investire in politiche di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, come progetti di sviluppo sostenibile e infrastrutture resilienti, è fondamentale per ridurre la necessità di migrazioni forzate. L’azione coordinata e globale è essenziale per tutelare i diritti di queste popolazioni vulnerabili.